Maresciallo comandante di Stazione imputato sia per il reato di concussione sia per l’omessa segnalazione all’A.G. di manodopera clandestina (T.A.R. Marche – Ancona, Sezione I, Sentenza 2 luglio 2019, n. 448).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

con l’intervento dei magistrati:

Gianluca Morri, Presidente FF

Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore

Simona De Mattia, Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 146 del 2019, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Marta Mangeli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Comando Interregionale Carabinieri “-OMISSIS-“, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Ancona, piazza Cavour, 29;

per l’annullamento

previa sospensione

– del decreto -OMISSIS- del 14 gennaio 2019, con cui il direttore generale pro tempore di -OMISSIS- ha disposto nei confronti del ricorrente la sospensione disciplinare dall’impiego per mesi 12 ai sensi dell’art. 1357, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 66 del 2010 (c.d. C.O.M.);

– del provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo in data 5 marzo 2010 n. -OMISSIS- disposto dal Ministero della Difesa ai sensi dell’art. 20 della L. n. 599 del 1954;

– del provvedimento cautelare di sospensione dal servizio disposta con DM -OMISSIS- del 2014 dal Ministero della Difesa in data 15 ottobre 2014 ai sensi dell’art. 922 lett. B del COM e art. 4 c. 1 della L. n. 97 del 2001;

– del provvedimento del Comando Interregionale Carabinieri “-OMISSIS-” del 7 aprile 2015 n. -OMISSIS- di protocollo con il quale il Comandante Interregionale all’epoca in carica avviava un’inchiesta formale nei confronti del -OMISSIS-, gli contestava un addebito disciplinare e contestualmente chiedeva alla Direzione Generale del Personale Militare l’adozione del provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa dal servizio connessa a procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 917 primo comma del C.O.M., comunicando che il procedimento disciplinare avviato, nella stessa data di adozione del provvedimento sospensivo di cui sopra, era da intendersi sospeso ai sensi del combinato disposto dell’art. 919 terzo comma lett. B e dell’art. 1393 del C.O.M.;

– del provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa dal servizio, DM -OMISSIS-, adottato dal Ministero della Difesa il 06.05.2015 ai sensi del combinato disposto degli artt. 919 comma 3 lett. B del COM e 917 comma 1 del citato COM, atto successivo e connesso all’avvio del procedimento disciplinare avviato in data 7 aprile 2015 da parte del Comando Interregionale;

– dell’atto di avvio dell’inchiesta formale del 10 agosto 2018, -OMISSIS- di protocollo, ad opera dell’Ufficiale Inquirente e della contestuale contestazione degli addebiti ivi contenuta;

– di tutti gli atti dell’inchiesta formale ancorchè non conosciuti compresa la non nota proposta del Comando Interregionale “-OMISSIS-” di definire la posizione del Sottufficiale con l’adozione della sanzione della sospensione disciplinare dall’impiego per mesi 12 e la non nota relazione finale dell’Ufficiale Inquirente;

– di tutti i successivi connessi e presupposti atti, ancorché non cogniti comunque lesivi della posizione giuridica del ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e del Comando Interregionale Carabinieri “-OMISSIS-“;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2019 il Dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente, Maresciallo Maggiore dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso il Reparto Comando della Legione CC -OMISSIS-, impugna il decreto -OMISSIS- del 14 gennaio 2019, con cui il direttore generale pro tempore della Direzione Generale per il Personale Militare (-OMISSIS-) ha disposto nei suoi confronti la sospensione disciplinare dall’impiego per mesi 12 ai sensi dell’art. 1357, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 66 del 2010 (c.d. C.O.M.), nonché gli altri provvedimenti indicati in epigrafe.

Tutti i prefati provvedimento originano da una vicenda penale in cui il ricorrente è stato coinvolto per fatti risalenti al 2007, periodo nel quale il maresciallo -OMISSIS- era comandante della Stazione CC di -OMISSIS-. Nel giudizio penale l’odierno ricorrente era imputato sia per il reato di cui agli artt. 110 e 317 c.p. (concussione) sia per il reato di cui all’art. 361, comma 2, c.p. (omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale, per non avere segnalato all’A.G. l’impiego di manodopera irregolare da parte di alcuni imprenditori di origine -OMISSIS- che operavano nel circondario di -OMISSIS-).

In relazione allo stato di avanzamento delle indagini e del processo penale, il maresciallo -OMISSIS- è stato:

– dapprima (2010) sospeso precauzionalmente dall’impiego a titolo facoltativo, ai sensi dell’art. 20 della L. n. 599 del 1954, poiché all’epoca risultava sottoposto a procedimento penale per i reati di concorso in concussione e omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale;

– successivamente (2014) sospeso dal servizio ai sensi dell’art. 922, lett. b), C.O.M. e art. 4, comma 1, della L. n. 97 del 2001 perché il Tribunale -OMISSIS- con sentenza del -OMISSIS- riteneva il ricorrente colpevole dei reati ascritti condannandolo alla pena di anni 4 e mesi di reclusione nonché all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni;

– in seguito (2015) sospeso precauzionalmente dal servizio a titolo facoltativo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 919, comma 3, let. b), e 917, comma 1, C.O.M., previa contestazione degli addebiti da parte del comandante pro tempore del Comando Interregionale CC “-OMISSIS-“;

– da ultimo (2019), sospeso disciplinarmente dall’impiego per mesi 12 ai sensi dell’art. 1357, comma 1, lett. a), C.O.M.

Va precisato che, con sentenza n. -OMISSIS- (depositata in data -OMISSIS- e passata in giudicato, limitatamente alla posizione del ricorrente, il -OMISSIS-), la Corte di Appello -OMISSIS- ha assolto il maresciallo -OMISSIS- in relazione al reato di concussione, mentre l’altro reato per cui egli era imputato è stato dichiarato estinto per prescrizione.

2. Il ricorrente impugna gli atti e provvedimenti indicati in epigrafe per i seguenti motivi:

a) violazione di legge ovvero violazione dell’art. 1392, comma 4, C.O.M. in relazione all’art. 1393, comma 1, parte terza. Violazione dei termini perentori del procedimento sanzionatorio stabiliti dall’art. 1392, comma 4, C.O.M. Provvedimento amministrativo nullo per carenza di potere in capo all’Autorità emanante. Difetto assoluto di attribuzione. Estinzione del potere sanzionatorio in capo all’amministrazione per inerzia: Provvedimento Nullo. Violazione dell’art. 1378, let. h), del C.O.M. in combinato disposto con l’art. 1376 del C.O.M. nonché della Guida Tecnica del Ministero della Difesa, Procedure disciplinari, anno 2014-2016. Difetto assoluto di attribuzione. Violazione del principio del ne bis in idem;

b) violazione dell’art. 1392, comma 2, C.O.M. Violazione dell’art. 917 C.O.M. in combinato disposto con l’art. 919, comma 3, lett. a) e b). Mancata contestazione di addebiti nel termine di 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari (art. 1392, comma 2, C.O.M. e art. 1040, comma 1, let. d), n. 19 del D.P.R. n. 90 del 2010). Violazione della Guida tecnica del Ministero della Difesa “Procedimenti disciplinari” ed. 2014/2016. Omessa motivazione in punto di adozione del provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento disciplinare (artt. 917 e 919 C.O.M.). Illegittimità derivata;

c) violazione dell’obbligo motivazionale ex artt. 3 e ss. della L. n. 241 del 1990. Motivazione insufficiente, carente, fondata su falsi presupposti. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e difetto di istruttoria. Travisamento del fatto. Ingiustizia manifesta. Provvedimento abnorme. Violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. Violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa. Incompatibilità dell’inquirente rispetto all’inquisito.

In sintesi, il maresciallo -OMISSIS- deduce i seguenti profili di illegittimità del complessivo operato dell’amministrazione:

– superamento del termine per la definizione del procedimento, con conseguente estinzione del potere disciplinare;

– incompetenza del comandante del Comando Interregionale “-OMISSIS-” ad avviare il procedimento disciplinare e a contestare gli addebiti;

– violazione del divieto di ne bis in idem;

– sviamento di potere, in relazione alla tempistica di avvio del procedimento disciplinare rispetto al momento in cui ha preso avvio il giudizio penale;

– omessa valutazione della condotta in concreto ascritta al ricorrente dal giudice penale e violazione del principio di proporzionalità;

– incompatibilità dell’ufficiale inquirente.

3. Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Difesa, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e il Comando Interregionale Carabinieri “-OMISSIS-“, chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio dell’8 maggio 2019, inizialmente fissata per la trattazione collegiale della domanda cautelare, il Collegio aveva dato avviso alle parti della possibilità di definire il giudizio già in questa sede, sussistendo i presupposti di cui all’art. 60 cod. proc. amm.

Il difensore del ricorrente aveva chiesto un termine per poter contro dedurre rispetto alle difese svolte dalle amministrazioni resistenti.

La trattazione della causa è stata dunque differita alla camera di consiglio del 12 giugno 2019, all’esito della quale il Collegio ha rinnovato l’avviso circa la possibilità di immediata definizione del giudizio, non riscontrando questa volta opposizioni o riserve di sorta.

4. Come si è visto dall’esposizione dei motivi di ricorso, nel presente giudizio vengono in rilievo sia profili di ordine formale-procedurale, sia profili di ordine sostanziale.

5. Iniziando da questi ultimi, il Collegio ritiene sufficiente evidenziare che:

– come è noto, l’art. 129, comma 2, c.p.p. stabilisce che “Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta”;

– con specifico riguardo alla causa estintiva della prescrizione, la giurisprudenza è consolidata nel senso che, proprio ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p., la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non equivale ad assoluzione. Da ciò deriva che, in caso di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, i medesimi fatti per cui ha proceduto il giudice penale ben possono essere valutati dalla pubblica amministrazione a diversi fini (oltre alla materia disciplinare, si pensi alle informative antimafia oppure all’esclusione da procedure ad evidenza pubblica di concorrenti che siano stati imputati per frode in forniture pubbliche e che abbiano evitato la condanna solo grazie alla prescrizione);

– del resto, ai sensi dell’art. 157 c.p., l’imputato ha sempre la possibilità di rinunciare espressamente alla prescrizione, laddove ritenga di poter essere assolto nel merito;

– nel caso di specie, oltre a quanto sin qui detto in termini generali, rileva il fatto che la sentenza della Corte d’Appello -OMISSIS- n. -OMISSIS- reca considerazioni niente affatto neutre rispetto alla posizione del ricorrente (limitatamente, è ovvio, al reato di omessa denuncia). Infatti, a pagina 39 la Corte d’Appello, pronunciandosi proprio ex art. 129, comma 2, c.p.p., evidenzia che dagli atti del giudizio non emergono elementi tali da giustificare una pronuncia assolutoria nel merito, risultando, riguardo al ricorrente, “…inequivoche le conversazioni telefoniche richiamate alla pg. 152 della sentenza, attestanti la piena conoscenza da parte del M.llo -OMISSIS-, inattivo rispetto ai suoi doveri di denuncia, della presenza di stranieri clandestini impiegati in un’impresa -OMISSIS- (di cui parla al ……invitandolo a contattare il titolare per “mandarli via”)…”.

Alle pagine 69 e ss., poi, la Corte, occupandosi del reato di cui all’art. 319-quater c.p., così si esprime sulla posizione del ricorrente “….Si premette che questa Corte ritiene di discostarsi dalle valutazioni svolte dal Tribunale solo con riferimento alla posizione del -OMISSIS-, per il quale, a parere di questo Giudice, gli elementi raccolti nel corso del dibattimento non sono sufficienti per poter addivenire ad un sicuro giudizio di penale responsabilità in ordine alla specifica condotta compendiata nel capo di imputazione, pur dovendosi amaramente constatare, sulla scorta comunque delle acquisite risultanze processuali, che il -OMISSIS-, all’epoca dei fatti comandante della Stazione CC di -OMISSIS-, ricadente in un territorio ad alta concentrazione di imprese di confezioni gestite da cittadini -OMISSIS-, tra i quali in particolare ….., non era rimasto estraneo al sistema di diffusa illegalità, connotato dai malati rapporti tra alcuni Carabinieri della zona, che assicuravano una sorta di “protezione” alle imprese -OMISSIS-, di cui molte riconducibili proprio al ….., e il ….. stesso e il …., che della quasi totalità di queste imprese era il contabile, in relazione al frequente impiego di cittadini -OMISSIS- irregolari, in cambio di favori di vario tipo.

Ne è prova la telefonata progr. 2160 del 12.10.2007 – già innanzi richiamata nel capitolo relativo ai reati prescritti e a quello di cui al capo T) in particolare – nella quale il …..e il M.llo -OMISSIS- parlano di una impresa -OMISSIS- di un certo -OMISSIS-, cui il primo era il commercialista: il M.llo rappresenta al ….. che nella ditta sono impiegati ben cinque clandestini, che lui personalmente aveva già invitato il titolare a trovare una soluzione….”.

Non si ritiene di dover aggiungere altro circa i fatti che il giudice penale, con sentenza passata in giudicato, ha ritenuto accertati con riguardo alla posizione del ricorrente. Tali fatti giustificavano quindi l’apertura del procedimento disciplinare e consentono anche di ritenere congrua la sanzione inflitta al maresciallo -OMISSIS-.

6. Peraltro, parte ricorrente annette molta più rilevanza ai profili formali-procedurali, rispetto ai quali si possono svolgere le seguenti considerazioni.

6.1. La difesa del maresciallo -OMISSIS- ha operato (una forse voluta) confusione fra i vari istituti giuridici – previsti sia dalla ormai risalente L. n. 554 del 1999, sia dalla L. n. 97 del 2001, sia, infine, dal C.O.M. – di cui le amministrazioni resistenti hanno fatto applicazione nel caso di specie.

A questo proposito, va premesso che, nel corso della discussione orale, il Collegio aveva rilevato ex officio la possibilità tardività del ricorso nella parte in cui sono impugnati provvedimenti (certamente lesivi per gli interessi del ricorrente) risalenti al 2010, al 2014 e al 2015. Il difensore del maresciallo -OMISSIS- ha chiarito che tali provvedimenti sono stati impugnati solo nella misura in cui gli stessi costituiscono il presupposto legale dell’ultimo atto.

Il Collegio prende atto di tale chiarimento, per cui in questa sede non si esaminerà la legittimità in sé dei provvedimenti del 2010, del 2014 e del 2015.

6.2. Ciò detto, e tornando in medias res, il Tribunale ritiene infondate le censure relative all’asserita consumazione del potere disciplinare, atteso che ognuno dei provvedimenti indicati in epigrafe richiama una o più disposizioni di legge specifiche e riguarda un determinato segmento della complessiva vicenda che ha coinvolto il ricorrente. Ed in effetti:

– il provvedimento del 2010 era pienamente giustificato (tanto da non essere all’epoca impugnato) dalla pendenza del procedimento penale, in cui il maresciallo -OMISSIS- era imputato per un reato da cui poteva derivare la perdita del grado (art. 20, comma 1, L. n. 599 del 1954);

– il provvedimento del 2014 era ugualmente giustificato dal fatto che, in data -OMISSIS-, era stata pubblicata la sentenza penale di primo grado, recante la condanna del ricorrente per entrambi i reati contestatigli (art. 4, comma 1, L. n. 97 del 2001 e 922 C.O.M.). Nella specie, peraltro, si tratta di una ipotesi di sospensione obbligatoria dal servizio.

6.3. Con riguardo ai provvedimenti del 2015 il discorso è più complesso e merita un approfondimento specifico.

Va in primis ricordato che, con sentenza n. 145 del 2002, la Corte Costituzionale, occupandosi dell’art. 4, comma 2, della citata L. n. 97 del 2001 ha dichiarato incostituzionale la norma (nella parte in cui stabiliva che la sospensione dal servizio in conseguenza di condanna penale non definitiva è caducata, oltre che in caso di successiva assoluzione dell’imputato, dopo il decorso di un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato), e riconfermando altresì, come già aveva fatto con la sentenza n. 206 del 1999, che la durata massima della sospensione dal servizio del dipendente pubblico imputato o condannato in sede penale è pari a cinque anni.

L’art. 919 C.O.M. al comma 1 stabilisce che “La sospensione precauzionale non può avere una durata superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione precauzionale è revocata di diritto”, mentre al comma 3 prevede che “Scaduto il quinquennio di cui al comma 1, se è ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l’amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti:

a) sospende l’imputato dall’impiego ai sensi dell’articolo 917;

b) sospende il procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 1393″.

A fronte del chiaro dato normativo davvero non si comprendono le censure svolte in ricorso (ed in particolare va stigmatizzata l’affermazione, contenuta a pagina 19 del ricorso introduttivo, secondo cui l’amministrazione si sarebbe avvalsa di un escamotage per prolungare arbitrariamente il periodo massimo di sospensione dal servizio del ricorrente), anche con riguardo alla dedotta incompetenza del comandante del Comando Interregionale “-OMISSIS-“.

In sostanza, come emerge dal preambolo del decreto di -OMISSIS- dell’8 maggio 2015, è accaduto che:

– in data 5 marzo 2015 è decorso il termine massimo di efficacia della sospensione dal servizio (per cui il ricorrente avrebbe dovuto essere reintegrato nelle sue mansioni);

– essendo pendente il giudizio penale di appello ed avendo ritenuto (con valutazione che in generale è ampiamente discrezionale e che, come detto, nella specie è da ritenere comunque corretta, stante il particolare disvalore dei reati contestati al maresciallo -OMISSIS-) che i fatti ascritti al ricorrente fossero di eccezionale gravità, l’amministrazione ha provveduto agli adempimenti di cui all’art. 919, comma 3;

– in questo senso, dunque, la contestazione degli addebiti operata dal comandante interregionale in data 7 aprile 2015 non era finalizzata, come invece è in generale, all’applicazione della sanzione disciplinare (visto che lo stesso art. 919, comma 3, ribadisce che il procedimento disciplinare va sospeso in pendenza del processo penale, ai sensi del successivo art. 1393 C.O.M.), bensì a consentire la proroga della sospensione dal servizio. Ne consegue che non vi è l’asserito difetto di competenza del comandante interregionale.

Ma poi, se davvero il provvedimento del 2015 fosse così palesemente illegittimo, non si comprende perché il maresciallo -OMISSIS- non lo abbia impugnato a suo tempo.

6.4. Si deve ora passare a trattare dell’altro profilo legato agli effetti discendenti dai provvedimenti del 2015, ossia quello relativo all’asserita “consumazione” del potere disciplinare.

Da quanto detto al paragrafo precedente discende l’infondatezza delle censure in commento, atteso che:

– è certamente vero che il procedimento disciplinare è unico, ma è anche vero che, come detto, la contestazione degli addebiti del 2015 aveva una valenza peculiare e che, a differenza di quanto opina il ricorrente, con tale atto non si era dato avvio all’inchiesta formale. La disposizione di cui all’art. 919, comma 3, risponde all’esigenza, comune a tutti i procedimenti finalizzati all’adozione di provvedimenti sanzionatori aventi natura cautelare, di consentire all’interessato di conoscere le ragioni per le quali l’amministrazione datrice di lavoro intende applicare la misura cautelare. In questo senso, il legislatore ha ritenuto di denominare l’atto in parola come “contestazione di addebiti”, ma avrebbe anche potuto chiamarlo “comunicazione di avvio del procedimento” o in altro modo;

– in ogni caso, come del resto riconosce lo stesso ricorrente a pag. 16 del mezzo introduttivo (laddove afferma che “….Al più il -OMISSIS- avrebbe dovuto ordinare il riavvio del procedimento disciplinare interrotto e la modifica dell’originario addebito….”), a seguito della definizione del processo penale occorreva l’adozione di un atto che desse nuovo impulso al procedimento disciplinare, e ciò anche in ragione del fatto che doveva essere designato l’ufficiale inquirente e dovevano altresì essere riqualificati, alla luce della sentenza della Corte di Appello, gli addebiti che lo stesso ufficiale inquirente avrebbe dovuto muovere al maresciallo -OMISSIS-;

– non si condivide dunque l’assunto di parte ricorrente teso a negare che l’atto del comandante interregionale “-OMISSIS-” del 18 luglio 2018 costituisca a tutti gli effetti un atto del procedimento disciplinare, e in quanto tale idoneo ad interrompere il termine di novanta giorni di cui all’art. 1392, comma 4, C.O.M.;

– in effetti, ai sensi dell’art. 1376 C.O.M. il procedimento disciplinare finalizzato all’irrogazione di una sanzione di stato inizia con l’inchiesta formale, che comporta la contestazione degli addebiti. Nella specie tale ordinaria sequenza procedimentale si è incrociata con la procedura di cui al citato art. 919 C.O.M., per cui, ma ai soli fini della proroga della sospensione dal servizio, l’amministrazione ha dovuto procedere ad una prima contestazione di addebiti che però non era quella di cui all’art. 1376. L’amministrazione, tuttavia, ha correttamente ritenuto che il procedimento disciplinare fosse unitario, preoccupandosi di non far decorrere in nessuna fase il termine di cui all’art. 1392, comma 4, C.O.M.

Ed infatti:

– il procedimento disciplinare, avviato il 7 aprile 2015, è stato sospeso il 6 maggio 2015, per cui al momento della sospensione erano trascorsi 29 giorni;

– l’amministrazione ha acquisito copia integrale della sentenza della Corte di Appello -OMISSIS- il 28 maggio 2018. Da questo momento iniziava nuovamente a decorrere il termine di cui all’art. 1392, comma 4, nel quale dovevano però essere computati anche i 29 giorni già decorsi nel 2015;

– il comandante pro tempore del Comando Interregionale “-OMISSIS-” ha disposto l’avvio dell’inchiesta formale il 18 luglio 2018, ossia dopo 51 giorni dalla conoscenza integrale della sentenza. In questo momento erano dunque trascorsi complessivamente 80 giorni dal momento dell’avvio del procedimento;

– l’ufficiale inquirente ha poi proceduto alla contestazione degli addebiti il 10 agosto 2018, ossia dopo 23 giorni dal momento in cui è stata ordinata l’inchiesta formale.

– al riguardo va aggiunto che, ovviamente, l’ufficiale inquirente non avrebbe potuto compiere alcun atto di procedura prima di essere formalmente designato dal comandante interregionale e di aver ricevuto l’ordine di svolgere l’inchiesta.

Del tutto infondato è pertanto anche il motivo con cui si deduce la violazione del divieto del ne bis in idem, e ciò in quanto il procedimento disciplinare è sempre lo stesso, solo che, a seguito della riforma della sentenza di primo grado da parte della Corte d’Appello, è stato necessario riformulare gli addebiti elevati al ricorrente nel 2015 e procedere all’avvio dell’inchiesta formale.

6.5. Quanto al decorso del tempo dall’epoca dei fatti, va rilevato che, ai sensi dell’art. 1393 C.O.M., laddove sia pendente il procedimento penale l’amministrazione non può avviare il procedimento disciplinare e, se lo ha già fatto, questo va sospeso.

Pertanto, in perfetta aderenza al compendio normativo richiamato nei precedenti paragrafi, inizialmente (ossia nel 2010 e nel 2014) l’amministrazione si è limitata a sospendere il ricorrente dal servizio in attesa della conclusione della vicenda penale, mentre, una volta decorso il termine massimo di sospensione dal servizio (il che avrebbe implicato l’obbligo di reintegrare il ricorrente nelle sue mansioni), volendo avvalersi della facoltà concessale dall’art. 919, comma 3, C.O.M., ha dovuto necessariamente procedere alla contestazione degli addebiti.

Non rileva pertanto la circostanza che il procedimento disciplinare è stato avviato solo dopo cinque anni dall’avvio del processo penale e per gli stessi fatti.

Quanto invece alle argomentazioni esposte alle pagg. 22 e ss. del ricorso si osserva che:

– come si è già detto, l’amministrazione non era tenuta a contestare gli addebiti fino a che la sentenza penale non fosse passata in giudicato, e ciò proprio in base al disposto dell’art. 1393 C.O.M. Al riguardo va di nuovo ribadito che la contestazione degli addebiti del 7 aprile 2015 aveva una valenza peculiare e dunque essa non rileva ai fini della delibazione della presente censura;

– infatti, la vicenda del maresciallo -OMISSIS- rientra nel campo di applicazione dell’art. 1392, comma 1, C.O.M., trattandosi di procedimento di stato a seguito di giudizio penale, mentre in ricorso viene erroneamente richiamata la disposizione di cui all’art. 1392, comma 2 (procedimento disciplinare di stato a seguito di infrazione disciplinare). La tesi del ricorrente sarebbe stata da condividere solo se l’amministrazione si fosse avvalsa della facoltà di cui all’art. 1393, comma 1 (nella versione risultante dalla novella del 2017), ossia della possibilità di proseguire il procedimento disciplinare anche in pendenza del processo penale (sul punto si veda la recente sentenza di questo T.A.R. n. 212/2019), ma poiché ciò non è accaduto il procedimento disciplinare dapprima non è nemmeno iniziato e successivamente è rimasto “congelato” dal 6 maggio 2015 al 28 maggio 2018;

– ne consegue, dunque, che non sono stati violati i termini di cui al combinato disposto fra l’art. 1392, comma 2, C.O.M. e l’art. 1040, let. d), n. 19, del D.P.R. n. 90 del 2010. Infatti, una volta riavviato, il procedimento disciplinare si è concluso nei termini di legge.

6.6. Ultima censura di natura formale-procedurale è quella con cui si assume l’incompatibilità del magg. -OMISSIS- a ricoprire il ruolo di ufficiale inquirente.

L’incompatibilità viene fatta discendere dalle seguenti circostanze:

– il maggiore -OMISSIS-, all’epoca dello svolgimento dell’inchiesta formale inerente il procedimento disciplinare in oggetto, era in servizio presso il Comando Provinciale CC di -OMISSIS-, retto dal colonnello -OMISSIS-;

– tale circostanza è significativa se si considera che le indagini relative all’odierno ricorrente, nell’arco temporale ricompreso tra il 2007 e il 2009, furono condotte dal Reparto Operativo del Comando Provinciale CC -OMISSIS-, al cui vertice vi era all’epoca proprio il tenente colonnello -OMISSIS- (il quale, nella fase delle indagini preliminari, era il responsabile dell’attività investigativa operativa in tutto il territorio ricadente nella Provincia -OMISSIS- e dunque quale Comandante del Reparto Operativo ha condotto e supervisionato le indagini stesse, che poi hanno condotto al deferimento del maresciallo -OMISSIS- innanzi all’A.G);

– chiarito il ruolo dell’attuale Comandante Provinciale CC di -OMISSIS- nell’ambito delle indagini riguardanti il maresciallo -OMISSIS-, non è stata opportuna la scelta dell’amministrazione di affidare l’inchiesta formale, il compimento degli atti dell’inchiesta e la redazione della relazione finale ad un ufficiale inquirente che dipendeva sulla catena gerarchica dal colonnello -OMISSIS-;

– l’incompatibilità risiede nel fatto che, appartenendo l’ufficiale inquirente al Comando Provinciale di -OMISSIS-, nonostante egli sia a capo del Reparto Operativo, è comunque alle dipendenze del colonnello -OMISSIS-, per cui non si può escludere in astratto il rischio di una parzialità di giudizio, rischio che si sarebbe potuto agevolmente evitare se l’amministrazione avesse affidato l’inchiesta ad un ufficiale inquirente sganciato dalle suddette dinamiche d’ufficio.

Il Collegio non ritiene di condividere tali doglianze, in quanto:

– in primo luogo, il C.O.M. non indica quali sono le fattispecie di incompatibilità a ricoprire il ruolo di ufficiale inquirente, tanto è vero che nel ricorso non si indica quale sia la norma che nella specie sarebbe stata violata dall’amministrazione;

– se ne dovrebbe quindi dedurre che, al limite, si applicano le medesime fattispecie che l’art. 1380 C.O.M. detta per le commissioni di disciplina ed in particolare, con riguardo al caso di specie, quelle di cui al comma 3, lett. g), h), i) e l);

– ma, come è agevole constatare, la posizione del maggiore -OMISSIS- non rientra in nessuno dei casi previsti dalla norma;

– da un punto di vista empirico, poi, il concreto andamento del procedimento ha confermato che nessun particolare motivo di avversione personale il maggiore -OMISSIS- nutriva nei confronti del ricorrente, tanto è vero che lo stesso maresciallo -OMISSIS-, nel contestare l’entità della sanzione, evidenzia come nella relazione finale l’ufficiale inquirente abbia testualmente asserito che non vi sono riscontri oggettivi della condotta integrante il reato di omessa denuncia (pag. 3 della memoria difensiva depositata il 7 maggio 2019).

7. In conclusione, il ricorso va respinto.

La complessità delle questioni giuridiche trattate giustifica la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità del ricorrente e delle altre persone menzionate nella sentenza e negli atti del giudizio.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2019.