Merce con marchio contraffatto detenuto per la vendita e all’evidenza acquisita fuori dai canali ordinari e legittimi di circolazione (Corte di Cassazione, Sezione VII Penale, Sentenza 29 novembre 2021, n. 44026).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SETTIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MESSINI D’AGOSTINO Piero – Presidente –

Dott. BRUNO Mariarosaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere –

Dott. MONACO Marco Maria – Rel. Consigliere –

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) LUIGI nato a NAPOLI il 11/07/19xx;

avverso la sentenza del 15/12/2020 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO;

dato avviso alle parti;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MARCO MARIA MONACO.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE d’APPELLO di CAMPOBASSO, con sentenza in data 15/12/2020, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di ISERNIA il 25/6/2019, ha ridotto e rideterminato la pena e ha confermato nel resto la condanna nei confronti di (OMISSIS) LUIGI per i reati di cui agli artt. 474, 648 cod. pen. e 171 ter L. 633/1941

1. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi:

– il vizio di motivazione quanto alla dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 474 cod. pen. in quanto il falso sarebbe grossolano;

– il vizio di motivazione con riferimento al reato di ricettazione in quanto la condotta di ricezione di prodotti con marchi contraffatti sarebbe un antefatto non punibile contenuto nell’art. 474 cod. pen.

– il vizio di motivazione in relazione all’art. 171 ter L. 633/1941 con riferimento all’omesso adempimento da parte dello Stato italiano di quanto disposto dall’art. 181 bis L. 248/2000 e dal del regolamento di esecuzione.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. Nei primi due motivi la difesa deduce il vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza dei reati di cui agli artt. 474 cod. pen. in quanto la contraffazione sarebbe grossolana, non vi sarebbe prova della ricettazione e la condotta di ricezione sarebbe di fatto assorbita dalla fattispecie di cui all’art. 474 cod. pen.

Le doglianze sono manifestamente infondate.

Gli argomenti evidenziati, infatti, sono generici in quanto il ricorrente non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello che ripropone legittimamente le considerazioni del primo giudice valorizzando l’accertata, e mai convincentemente giustificata, disponibilità della merce con marchio contraffatto indicata nel capo di imputazione, detenuta per la vendita e all’evidenza acquisita fuori dai canali ordinari e legittimi di circolazione.

La Corte di appello si è così correttamente conformata – quanto alla qualificazione giuridica dei fatti accertati – al consolidato orientamento di questa Corte di legittimità (da ultimo, Sez. 5, n. 5260 dell’11/12/2013, Faje, Rv. 258722) per il quale integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio.

Si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno; non ricorre quindi l’ipotesi del reato impossibile anche qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno.

Quanto alla configurabilità della ricettazione, poi, va ribadito quanto chiarito da Sez. U, n. 23427 del 09/05/2001, Ndaye, Rv. 218771 e Sez. 2, n. 12452 del 04/03/2008, Rv. 239745 secondo le quali il delitto di ricettazione e quello di commercio di prodotti con segni falsi possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore.

2.2. Nel terzo motivo la difesa deduce il vizio di motivazione in relazione all’art. 171 ter L. 633/1941 in quanto la fattispecie incriminatrice non sarebbe configurabile poiché non vi sarebbe prova in atti dell’avvenuta comunicazione alla Commissione Europea del contrassegno da apporre ai supporti.

La doglianza, dedotta in questa sede per la prima volta, è manifestamente infondata in quanto risulta inconferente.

Al ricorrente, infatti, non è contestata la condotta di cui alla lettera d) della norma ma la condotta di cui alla lettera c) che si riferisce alla detenzione per la vendita e all’avere posto in commercio dei prodotti contraffatti.

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 29/10/2021.

Depositato in Cancelleria il giorno 29 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.