Militare falsifica quattro certificati medici nella data e nel numero dei giorni di malattia, per ottenere indebitamente un numero di giorni di congedo retribuiti superiori al dovuto, commettendo anche gli specifici reati previsti dagli artt. 47 n. 2 e 148 n. 2 Codice Penale Militare di Pace.

(Corte di Cassazione Penale, Sezione II, sentenza 14 luglio 2016, n. 29835)

…, omissis …

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

B.O., nato a ………, avverso la sentenza del 06/05/2015 della Corte di Appello di Lecce;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;

udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Massimo Galli, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore, avv. Antonella Torna, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento;

Ritenuto in fatto

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Brindisi che aveva condannato l’imputato per i reati di truffa, falsità materiale e mancata presentazione al corpo militare di appartenenza senza giustificato motivo.

La Corte riteneva provato, anche attraverso le ammissioni del B., che quest’ultimo avesse falsificato quattro certificati medici nella data e nel numero dei giorni di malattia, per ottenere indebitamente un numero di giorni di congedo retribuiti superiori al dovuto, commettendo anche gli specifici reati previsti dagli artt. 47 n. 2 e 148 n. 2 Codice Penale Militare di Pace.

2. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con unico articolato motivo, manifesta illogicità della motivazione per non avere la Corte ritenuto la falsità grossolana della contraffazione dei quattro certificati medici corretti dall’imputato in alcune parti.

In secondo luogo, la Corte avrebbe dovuto rilevare l’incapacità di intendere e di volere del ricorrente al momento in cui aveva commesso i fatti, essendo questi affetto da uno stato ansioso-depressivo con disturbi da somatizzazione e con turbe comportamentali derivanti da problematiche familiari, così come aveva attestato il consulente tecnico di parte.

Infine, il ricorrente lamenta che la Corte di Appello non avrebbe valutato gli elementi offerti dalla difesa a giustificazione di una riduzione della pena inflitta.

Si dà atto che è stata depositata una memoria a chiarimento di alcuni passaggi del ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.

1.Quanto al primo argomento, la Corte di Appello, citando copiosa giurisprudenza di legittimità, ha stabilito, con insindacabile giudizio di merito immune da censure logico-giuridiche rilevabili in questa sede, che la falsificazione dei certificati medici, ammessa dall’imputato, non poteva dirsi grossolana, dal momento che era avvenuta effettuando delle correzioni a penna su un documento compilato a sua volta a penna dal vero autore; sicché per scoprire che si trattava di un falso, sarebbe occorsa una particolare cura, potendo riconnettersi quelle correzioni alla mano dello stesso redattore del documento.

L’assunto difensivo volto a valorizzare la ripetitività del comportamento in un breve lasso temporale, presupporrebbe la prova, non addotta, che i certificati medici fossero stati controllati dalla stessa persona fisica e nello stesso identico momento.

Inoltre, sembra opportuno rilevare che la falsificazione operata dall’imputato aveva raggiunto lo scopo di realizzare il reato di truffa di cui al capo A) cui era 2 finalizzata; ad evidente dimostrazione che la falsificazione non era così grossolana da determinare un reato impossibile.

2. In ordine al secondo argomento, la Corte di Appello ha espressamente superato la questione della incapacità di intendere e di volere dell’imputato al momento dei fatti, ritenendo, conformemente alle risultanze di causa, che egli era affetto da una sindrome ansioso-depressiva, di natura transitoria e senza alterazioni patologiche, come tale non in grado di interferire, neanche parzialmente, sulla capacità di intendere e di volere al momento in cui l’imputato aveva commesso i fatti, superando ogni contrario giudizio e non ritenendo necessario un accertamento peritale.

Tale motivazione risulta insindacabile in questa sede, anche perché, trattandosi di un disturbo della personalità, non si apprezza il nesso eziologico con la specifica condotta criminosa commessa, che costituisce fattore decisivo per attribuire a tal genere di disturbi un carattere tale (di “infermità”) da poter incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere.

E’ noto, infatti, che ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, i “disturbi della personalità” possono rientrare nel concetto di “infermità”, purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere, escludendola o scemandola grandemente e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale (Sez. U, n. 9163 del 2005, Raso; Sez. 1, n. 52951 del 25/06/2014, Guidi, Rv. 261339).

3. Quanto all’ultima censura inerente il trattamento sanzionatorio, deve rilevarsi che la Corte ha ritenuto la pena inflitta in primo grado e pari ad anno uno di reclusione (compreso l’aumento per continuazione) come “congrua”, tenuto conto della concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.

3.1. Tale motivazione risulta sufficiente, dal momento che è stata inflitta per il reato base di truffa una pena di poco superiore al minimo edittale di mesi sei di reclusione. Infatti, il collegio condivide la giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod.pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, RV.265283; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464).

4. Siffatti argomenti superano le censure difensive volte a valorizzare elementi non presi in esame dalla Corte.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 08.06.2016.

Depositato in cancelleria il 14 luglio 2016.