REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZO Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Rel. Consigliere –
Dott. CRICUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 468-2022 proposto da:
(OMISSIS) LUCIANO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) n. 95, rappresentato e difeso da se medesimo;
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
-resistente-
avverso la sentenza n. 753/2021 del TRIBUNALE di PISA, depositata il 20/05/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/09/2022 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE GRASSO.
ritenuto che la vicenda qui al vaglio è stata riassunta dal relatore nei termini seguenti:
– il Tribunale di Pisa rigettò l’appello proposto da Luciano (OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado che ne aveva disatteso l’opposizione averso l’ordinanza con la quale il Prefetto di Pisa gli aveva ingiunto il pagamento della somma di euro 572,00 per aver violato l’art. 126bis cod. della str., avendo omesso di comunicare i dati personali del conducente del veicolo, che aveva superato I limiti di velocità;
– avverso quest’ultima sentenza Luciano (OMISSIS) propone ricorso sulla base di due motivi;
osserva
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 126bis, co. 2 e 180, co. 8, cod. della str., dolendosi del fatto che una interpretazione costituzionalmente orientata avrebbe dovuto riconoscere all’opponente la facoltà di rendere una dichiarazione negativa.
La doglianza non supera lo scrutinio d’ammissibilità in quanto non si confronta con la ratio decidendi.
Il Giudice d’appello ha affermato che il sanzionato aveva omesso di rendere qualunque dichiarazione, se del caso negativa, in ordine alle generalità del conducente, richiamando sul punto la sentenza della Corte costituzionale n. 165/2008, la quale nel rigettare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 126bis citato precisò occorrere “distinguere il comportamento di chi si disinteressi della richiesta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, non ottemperando, così, in alcun modo all’invito rivoltogli (contegno per ciò solo meritevole di sanzione) e la condotta di chi abbia fornito una dichiarazione di contenuto negativo, sulla base di giustificazioni, la idoneità delle quali ad escludere la presunzione relativa di responsabilità a carico del dichiarante dovrà essere vagliata dal giudice comune, di volta in volta, anche alla luce delle caratteristiche delle singole fattispecie concrete sottoposte al suo giudizio”. Né con la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 9555, 18/4/2018).
Né miglior sorte può assegnarsi all’asserto del ricorrente secondo il quale, il modulo comunicatogli non prevedeva uno specifico “campo” per far luogo alla dichiarazione negativa, avendo essendo il (OMISSIS), peraltro avvocato, venuto meno al dovere di lealmente collaborare con la p.a., anche se del caso spiegando le ragioni per le quali non era in condizione di ricordare chi fosse alla guida, senza che il mancato riscontro di uno specifico “campo” potesse costituire ostacolo insormontabile.
La riproposta eccezione d’incostituzionalità, di cui al secondo motivo, risulta manifestamente infondata alla luce delle decisioni della Corte costituzionale che hanno affermato in una occasione la infondatezza (sentenza n. 165/2008) e in altre la manifesta infondatezza della questione, sotto plurimi profili -fra i quali quelli enucleati dal ricorrente- (ordinanze nn. 434/2007, 306/2009 e 210/2011).
Di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, cod. proc. civ., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis cod. proc. civ. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.
Il Collegio condivide la riportata proposta.
Non v’è luogo a statuizione sulle spese essendo rimasta la controparte intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2022.
Depositato in Cancelleria, addì 4 novembre 2022.