Muore mentre si trovava a bordo di un veicolo militare. Causa del sinistro la eccessiva velocità in cui venne sospinto il mezzo in ora notturna, che ne provocò lo sbandamento, l’urto contro un muro ed il ribaltamento. Il Ministero ne è responsabile.

(Corte di Cassazione civile, sez. VI, sentenza 4 maggio 2016, n. 8897)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25067-2014 proposto da:

M.A., M.G., C.A.M., in proprio e nella qualità di erede di M.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SEBINO 11, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE CAIANIELLO, rappresentati e difesi dall’avvocato UMBERTO CORVINO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –

e contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del suo procuratore, – società soggetta alla Direzione e Coordinamento di Assicurazioni Generali spa, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 32, presso lo studio dell’avvocato MATTEO MUNGARI, rappresentata e difesa dall’avvocato RENATO MAGALDI giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –

e contro

A.R., E.P.;
– intimati –

avverso la sentenza n. 739/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del 3/02/2014, depositata il 19/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/01/2016 dal Consigliere Renato Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato Renato Magaldi difensore della controricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

1.1. Il (OMISSIS) M.A., all’epoca dei fatti l’aviere scelto, perse la vita in un sinistro stradale.

Il sinistro avvenne allorchè la vittima, insieme ad altri militari, si trovava a bordo di un veicolo militare all’interno (OMISSIS).

Secondo quanto accertato in fatto dal giudice di merito, causa del sinistro fu la eccessiva velocità in cui venne sospinto il mezzo in ora notturna, che ne provocò lo sbandamento, l’urto contro un muro ed il ribaltamento.

2. Nel 2000 i prossimi congiunti di MO.An. (convennero dinanzi, al Tribunale di Napoli il ministero della difesa, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni rispettivamente patiti in conseguenza della morte del proprio prossimo congiunto.

Il Tribunale di Napoli con sentenza 5 giugno 2006 n. 6454 ritenne che la responsabilità del sinistro andasse ascritta a tre diversi soggetti: sia al conducente, per avere tenuto una condotta di guida imprudente; sia al suo diretto superiore, ovvero lo stesso MO.AN. (per avere consentito che un pesante mezzo militare fosse condotto da un militare di leva inesperto e privo della necessaria abilitazione; sia al ministero della difesa, il quale era tenuto a rispondere dei fatti illeciti commessi dai propri sottoposti e dipendenti.

La corte d’appello di Napoli, con la sentenza qui impugnata, confermò la statuizione del giudice di primo grado.

3. Tale sentenza viene ora impugnata per cassazione da M. A., M.G. e C.A.M..

4. Con una prima censura i ricorrenti lamentano l’erroneità della sentenza d’appello, nella parte in cui ha ritenuto sussistente un concorso di colpa di Mo.An. nella produzione dell’evento dannoso.

Sostengono, in estrema sintesi, che il ministero della difesa, in quanto proprietario del mezzo, doveva essere ritenuto l’unico responsabile dell’accaduto, ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 3.

Soggiungono che, affermando invece una colpa solo concorrente del ministero, la corte d’appello avrebbe confuso “l’elemento soggettivo della colpa con quello oggettivo del nesso di causalità”.

4.1. Il motivo è manifestamente infondato.

4.2. La core d’appello ha ritenuto Mo.An. corresponsabile della propria stessa morte, per non avere impedito – pur potendo e dovendo farlo, in virtù dell’autorità che gli veniva dal grado – che una persona giovane e inesperta ei ponesse alla guida del mezzo sul quale egli stesso era trasportato.

Trattasi di affermazione torretta in iure: per un verso, infatti, il militare che consenta od imponga condotte pericolose ad un sottoposto devia, per ciò solo, dal modello di diligenza di cui all’art. 1176 c.c., ed è dunque in colpa,. per altro verso colui che non impedisca al sottoposto una condotta dannosa ne è concausa, ai sensi dell’art. 40 c.p..

5. Con una seconda censura i ricorrenti si dolgono del fatto che il ministero sia stato condannato a risarcire il danno da essi patito nella sola misura di un terzo. Sostengono che il ministero doveva essere condannato al risarcimento del danno in misura integrale, o quanto meno nella misura di due tetti.

Espongono, al riguardo, che la Corte d’appello aveva attribuito la responsabilità della morte di MO.An. a tre soggetti in misura paritaria: alla stessa vittima, a A.R. (conducente del mezzo), che era un militare; ed al ministero.

Tuttavia, dovendo il ministero rispondere ex art. 28 cost.

dell’operato dei militari, nei confronti dei danneggiati l’amministrazione era tenuta per l’intero. Ovvero, anche ad escludere la quota di responsabilità attribuita alla vittima, ciascuno degli altri corresponsabili era tenuto per l’intero nei confronti degli attori, ex art. 2055 c.c..

5.1. Il motivo è parzialmente fondato.

Va escluso che il ministero possa rispondere per l’intero nei confronti degli odierni attori, posto che in nessun caso essi potrebbero essere risarciti per la quota di danno causata dalla stessa vittima (Sez. 3, Sentenza n. 23426 del 04/11/2014, Rv.633334).

Tuttavia, una volta decurtato il risarcimento della percentuale di colpa attribuita alla stessa vittima, restava il fatto che tanto il conducente quanto l’amministrazione della difesa dovevano ritenersi corresponsabili, ai sensi dell’art. 2055 c.c., nei confronti degli odierni ricorrenti.

Essi pertanto, in quanto corresponsabili, erano tenuti in solido all’adempimento dell’obbligazione risarcitoria, sicchè la loro condanna al pagamento della sola quota di danno da nascono di loro concausata ha costituito una violazione del suddetto art. 2055 c.c..

6. Si propone pertanto il rigetto del primo motivo di ricorso, l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla corte d’appello di Napoli in diversa composizione”.

La sola controricorrente Generali Italia s.p.a. (olim, INA Assitalia s.p.a.) ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha insistito per il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione.

L’accoglimento del terzo motivo di ricorso, tuttavia, non rende necessaria la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, in quanto la causa può essere decisa nel merito senza necessità di ulteriore istruzione.

2. Il Tribunale ha infatti stimato il danno patito dai genitori della vittima ( MO.An.) nella somma di Euro 192.500 pro capite; e quello patito dai fratelli della vittima nella somma di Euro 102.500 pro capite.

2.1. Tale statuizione è passata in giudicato.

2.2. Il Tribunale ha quindi determinato il debito del Ministero nei confronti degli odierni ricorrenti in misura pari ad 1/3 degli importi appena indicati, sul presupposto che il Ministero avesse concorso nella misura di un terzo alla produzione dell’evento di danno.

Tale statuizione, come detto, fu erronea in iure, in quanto il Ministero nella sua veste di corresponsabile era tenuto al pagamento dell’intero, ex art. 2055 c.c., detratta unicamente la quota di danno ascrivibile alla vittima stessa, stabilita dal Tribunale in misura di un terzo, con valutazione per quanto detto passata in giudicato.

3. Ne consegue che il debito del Ministero va dunque rideterminato nella somma di Euro 128.333,33 per ciascuno dei genitori della vittima, e di Euro 68.333,33 per ciascuno dei fratelli della vittima.

4. Non è contestato che M.G., padre della vittima, sia deceduto nelle more del giudizio suo credito risarcitorio (Euro 128.333,33) deve dunque ritenersi trasmesso ex lege a moglie e figli, ex art. 581 c.c., nella misura di un terzo ciascuno, pari ad Euro 42.777,78.

5. Ne consegue che, in riforma della sentenza di primo grado, e decidendo nel merito l’appello a suo tempo proposto dagli odierni ricorrenti, il Ministero della Difesa va condannato al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti dei due terzi dell’importo del danno stimato dal Tribunale, più un terzo del credito spettante al defunto M.G., e quindi:

– in favore di C.M.A., della somma di Euro 171.111,11;

– in favore di M.A., della somma di Euro 111.111,11;

– in favore di M.G., della somma di Euro 111.111,11.

6. Gli accessori su tali crediti (interessi) restano immutati rispetto a quanto statuito dal Tribunale, non essendovi stata impugnazione sul punto.

7. Nei rapporti tra C.M.A., M.A. e M.G. da un lato, e il Ministero della Difesa dall’altro, le spese del grado di appello e del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.

8. Nei rapporti tra il Ministero della Difesa e la Generali Italia le spese vanno invece compensate ex art. 92 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis. Infatti il ricorso non ha investito la questione della sussistenza e della validità della copertura assicurativa, nè questa poteva essere ridiscussa per effetto dell’accoglimento del ricorso con la conseguenza che la scelta della Generali Italia di costituirsi e difendersi in questa sede non appariva obbligata.

P.Q.M.

la Corte di cassazione, visto l’art. 384 c.p.c.:

(a) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie per quanto di ragione l’appello proposto da C. M.A., M.G. e M.A., e per l’effetto:

(a1) condanna il Ministero della Difesa al pagamento in favore di C.M.A. della somma di Euro 71.111,11, oltre accessori come stabiliti dal Tribunale;

(a2) condanna il Ministero della Difesa al pagamento in favore di M.A. della somma di Euro 111.111,11, oltre accessori come stabiliti dal Tribunale;

(a3) condanna il Ministero della Difesa al pagamento – in favore di M.G. della somma di Euro 111.111,11, oltre accessori come stabiliti dal Tribunale;

(b) condanna il Ministero della Difesa alla rifusione in favore di C.M.A., M.A. e M.G., in solido, delle spese del grado di appello, che si liquidano nella somma di Euro 13888, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie;

(c) condanna il Ministero della Difesa alla rifusione in favore di C.M.A. M.G., M.A. e M.G., in solido, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 10.260 spese, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(d) compensa integralmente le spese del presente grado di giudizio tra i ricorrenti e il Ministero della Difesa da un lato, e la Generali Italia s.p.a. dall’altro.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile della Corte di cassazione, il 21 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2016