Natura giuridica della sospensione della licenza di un esercizio, ex art. 100 T.u.l.p.s. (TAR del Lazio, sezione prima ter, sentenza 29 giugno 2011, n. 05399).

In premessa;
La misura della sospensione della licenza di un esercizio ha prevalente natura di misura cautelare, con finalità di prevenzione, rispondendo alla ratio di produrre un effetto dissuasivo su soggetti ritenuti pericolosi, i quali, da un lato, sono privati di un luogo di abituale aggregazione e, dall’altro, sono avvertiti della circostanza che la loro presenza in detto luogo è oggetto di attenzione da parte delle autorità preposte, indipendentemente dalla responsabilità dell’esercente.
Ai sensi dell’art. 100 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773;
“il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica ed il buon costume o per la sicurezza dei cittadini”.
È evidente come la sospensione della licenza di un esercizio, prevista dalla norma in esame, abbia la finalità non già di sanzionare la soggettiva condotta del gestore del pubblico esercizio per il verificarsi di condizioni potenzialmente pericolose per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, bensì di impedire – attraverso la temporanea chiusura del locale – il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale e, nel contempo, di prevenire il reiterarsi di siffatte situazioni, rendendo consapevoli quei soggetti (o chi si è in ogni caso reso protagonista di comportamenti criminosi e/o intollerabili) della circostanza che la loro presenza è stata rilevata dall’autorità, in modo da indurre il definitivo allontanamento degli stessi, od il modificarsi della loro condotta.
In altri termini, la misura della sospensione della licenza di un esercizio ha prevalente natura di misura cautelare, con finalità di prevenzione, rispondendo alla ratio di produrre un effetto dissuasivo su soggetti ritenuti pericolosi, i quali da un lato sono privati di un luogo di abituale aggregazione e, dall’altro, sono avvertiti della circostanza che la loro presenza in detto luogo è oggetto di attenzione da parte delle autorità preposte, indipendentemente dalla responsabilità dell’esercente.
Al riguardo, l’autorità amministrativa titolare del potere di provvedere, ossia il Questore, gode di una discrezionalità oggettivamente ampia nel valutare i fatti di potenziale pericolo per la sicurezza dei cittadini e l’ordine pubblico, con la conseguenza che l’apprezzamento di merito che conduce all’adozione della misura in esame sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvi i casi di macroscopica irrazionalità o disomogeneità.
In ragione di quanto già detto, sotto il profilo motivazionale diviene sufficiente la mera rappresentazione della sussistenza dei presupposti che, a giudizio dell’organo preposto alla tutela dell’ordine pubblico, configurino la situazione di pericolo da prevenire ed evitare.
Sentenza
sul ricorso numero di registro generale 9302 del 2010, proposto da***
contro*** per l’annullamento, previa sospensione,
– del provvedimento di sospensione delle licenze di esercizio pubblico ex art. 100 R.D. 18/06/1931 n. 773 T.U.L.P.S. emesso dal Questore della Provincia di Roma in data 26 agosto 2010 Div. III Cat. 11A, notificato in data 27 agosto 2010;
– del decreto del Prefetto di Roma del 7 settembre 2010 (prot. n. 162775/Area I ter O.S.P.), notificato in data 17/09/2010 di reiezione del ricorso gerarchico;
– di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno, Questura di Roma e U.T.G. – Prefettura di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 aprile 2011 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:Fatto
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 14 ottobre 2010 e depositato il successivo 2 novembre 2010, le ricorrenti CDS s.a.s. e McClaud s.r.l. impugnano il provvedimento in data 26 agosto 2010, con il quale il Questore della Provincia di Roma ha disposto la sospensione delle licenze relative agli esercizi pubblici del Pub denominato “Tarbert”, sito in Frascati, via Balilla n. 1, e del chiosco bar sito nell’adiacente Piazzale della Vittoria “per la durata di giorni 15 (quindici)”, nonché il decreto di reiezione del ricorso gerarchico in seguito adottato dal Prefetto di Roma.
In particolare, le ricorrenti – titolari di concessioni di “occupazione del suolo pubblico” in piazzale della Vittoria e in viale Balilla, in Frascati, “mediante l’installazione di tavoli e sedie”, per svolgere l’attività di somministrazione di alimenti e bevande rispettivamente nel chiosco installato in Piazzale della Vittoria durante il periodo estivo e nel locale commerciale Pub “Tarbert”, che beneficia anche di un’attigua area esterna di mq. 56 – espongono quanto segue:
– in data 27 agosto 2010, alla sig.ra Antonietta Marziale, amministratrice della CDS s.a.s., titolare di una soltanto delle licenze oggetto del provvedimento impugnato per l’esercizio di pubblico chiosco denominato “Tarbet”, veniva notificato il provvedimento di cui sopra;
– tale provvedimento veniva adottato su richiesta della Compagnia Carabinieri di Frascati, formulata in base alla conclusione “che il Pub denominato Tarbet, nonché il chiosco attiguo, di proprietà e gestiti da due distinte società che fanno capo entrambe alla signora Marziale Antonietta, siano abituale ritrovo di persone pregiudicate che presso quei locali svolgono attività illecita di consumazione e vendita di sostanze stupefacenti, costituendo un pericolo per l’ordine pubblico …… e comunque per la sicurezza dei cittadini”;
– l’esposta conclusione traeva origine da accertamenti, rivelatori, tra l’altro, della presenza di noti pregiudicati, positivi allo SDI per spaccio di sostanze stupefacenti, presso i tavolini del pub Tarbert ma anche in aree adiacenti;
– in data 30 agosto 2010 presentavano immediato ricorso gerarchico al Prefetto di Roma per l’annullamento del provvedimento di sospensione perché “viziato … per eccesso di potere per carenza di motivazione in ordine all’iter logico seguito nella ponderazione dei fatti e dell’interesse pubblico tutelato, per difetto di istruttoria e falsa applicazione del principio di proporzionalità”;
– tale ricorso veniva respinto dalla citata autorità con decreto in data 7 settembre 2010. In particolare, il provvedimento adottato veniva considerato “legittimo in quanto l’Amministrazione ha agito, nell’ambito delle attribuzioni ad essa conferite dalla legge, sulla base della specifica competenza istituzionale e del potere discrezionale attribuiti all’Autorità di pubblica sicurezza, al fine di tutelare beni primari, quali la sicurezza e l’incolumità dei cittadini…”.
Avverso i provvedimenti sopra indicati le ricorrenti insorgono, deducendo i seguenti motivi di diritto:
I. VIOLAZIONE DELL’ART. 1000 DEL TULPS: ECCESSO DI POTERE PER ERRATA PONDERAZIONE DELLA RILEVANZA DEI FATTI POSTI A FONDAMENTO DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE SOTTO IL PROFILO DEL NESSO CAUSALE TRA ESSI E GLI ESERCIZI SOSPESI.
Nel caso che ci occupa, “non emergono …, nell’attività di accertamento degli episodi che hanno dato causa al provvedimento impugnato, elementi sufficienti per ritenere soddisfatta innanzitutto la condizione primaria dei presupposti di legge del provvedimento: cioè che nei locali e, in particolare, nelle aree di suolo pubblico occupate per l’esercizio di somministrazione delle bevande ed alimenti delle odierne ricorrenti, si sia dato luogo ad attività illecite”.
La presenza nel piazzale antistante il chiosco di “persone segnalate alla Prefettura quali assuntori di sostanze stupefacenti” e il “ritrovamento di sostanze stupefacenti presso il piazzale degli esercizi pubblici” non vale, infatti, a determinare – tenuto conto anche della vastità dell’area del Piazzale della Vittoria – “un nesso causale” tra i locali interessati dal provvedimento e i già indicati persone e ritrovamento. Anche l’arresto per detenzione ai fini di spaccio è, in verità, avvenuto nelle scale che insistono nel lato completamente opposto alle aree occupate per l’esercizio dei locali predetti e poste a 100 metri dal chiosco.
Ciò detto, il primo, il secondo ed il quarto degli episodi elencati sono irrilevanti e fuorvianti. In definitiva, è carente un preciso, non occasionale e non equivoco nesso causale tra gli accadimenti ritenuti rilevanti e l’esercizio la cui licenza viene sospesa.
II. VIOLAZIONE DELL’ART. 100 DEL TULPS: ECCESSO DI POTERE PER ERRONEA QUALIFICAZIONE DEI LOCALI QUALI “ABITUALE RITROVO DI PERSONE PREGIUDICATE E PERICOLOSE”.
In particolare, il provvedimento impugnato è viziato da difetto di generalizzazione e di approssimazione, stante l’insufficienza degli episodi riportati a determinare – almeno per l’attività della società CDS – una situazione di “quotidianità” dei comportamenti.
III. VIOLAZIONE DELL’ART. 100 DEL TULPS; ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA’ E CONTRADDITTORIETA’ DELLA MOTIVAZIONE.
Nel provvedimento si fa menzione dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini “senza però concretamente precisare per quale ragione nel caso di specie vi sarebbe stato un pericolo di lesione dei predetti valori”. Non è stato adeguatamente ponderato il rapporto tra l’interesse pubblico e l’interesse privato.
IV. VIOLAZIONE DELL’ART. 100 DEL TULPS: ECCESSO DI POTERE PER EVIDENTE DISPARITA’ DI TRATTAMENTO, atteso che l’Amministrazione – una volta maturata la convinzione che Piazzale della Vittoria e via Balilla fossero divenuti luoghi di aggregazione di giovani e persone pregiudicate per attività illecite – non ha adottato provvedimenti di sospensione per tutti gli esercizi di somministrazione di bevande ed alimenti che si trovano nell’area.
V. VIOLAZIONE DELL’ART. 100 DEL TULPS: SVIAMENTO DI POTERE. Il provvedimento adottato – la cui natura legale è quella di provvedimento cautelare con finalità dissuasive – non ha sicuramente risolto il problema, sicché ha assunto la coloritura di provvedimento punitivo delle ricorrenti.
VI. VIOLAZIONE DELL’ART. 7 DELLA L. 7 AGOSTO 1990, N. 241: ECCESSO DI POTERE.
Con atto depositato in data 8 novembre 2010 si sono costituiti il Ministero dell’Interno, la Questura di Roma e la Prefettura di Roma, i quali – nel prosieguo e precisamente in data 10 novembre 2010 – hanno depositato una memoria, così sostenendo la legittimità del provvedimento impugnato: – i fatti accertati hanno rivelato che “sebbene … il locale non sia direttamente coinvolto nello smercio di sostanze stupefacenti, è indubbio che lo stesso funga da polo di attrazione e che la chiusura dell’attività miri …. a dissuadere i soggetti indesiderati alla frequentazione”; – la “comunicazione prevista dall’art. 8 L. 241/90 … è stata omessa per l’urgenza derivante da motivi di ordine e sicurezza pubblica, trattandosi di provvedimento di tipo cautelare”.
Il successivo 15 novembre 2010 l’Amministrazione ha prodotto documenti.
All’udienza pubblica del 21 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio ritiene di poter soprassedere su profili di inammissibilità – desumibili dall’eventuale difetto di legittimazione attiva delle società che hanno proposto il gravame – in quanto il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
1.1. Come esposto nella narrativa che precede, le società ricorrenti lamentano l’illegittimità del provvedimento con il quale, in data 26 agosto 2010, il Questore della Provincia di Roma ha sospeso per 15 gg. le licenze relative all’esercizio pubblico di “Pub denominato Tarbert” ed all’esercizio di un chiosco bar, entrambi siti in Frascati, rispettivamente in via Balilla 1 e nell’adiacente Piazzale della Vittoria, e del decreto con il quale, in data 7 settembre 2010, il Prefetto di Roma ha rigettato il ricorso gerarchico proposto avverso il precedente provvedimento.
A tale fine, denunciano i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.
Le censure formulate sono infondate per le ragioni di seguito indicate.
1.2.Con i primi due motivi di impugnativa le ricorrenti sostanzialmente lamentano l’erroneità dei presupposti sui quali poggiano i provvedimenti impugnati, in quanto sostengono che i fatti accertati sono inidonei a rivelare un effettivo nesso causale tra gli episodi contestati e l’“esercizio delle licenze sospese” e che, dunque, l’attività degli esercizi pubblici interessati dai provvedimenti non costituiscono “un serio motivo di pregiudizio per l’ordine pubblico e per la sicurezza dei cittadini” né un “abituale ritrovo di persone pregiudicate e pericolose”.
Con il terzo motivo, denunciano, altresì, “eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà della motivazione”.
Tali motivi sono infondati.
1.3. In proposito, appare opportuno ricordare che, ai sensi dell’art. 100 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (più semplicemente: TULPS), “il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica ed il buon costume o per la sicurezza dei cittadini”.
Come ripetutamente affermato in giurisprudenza ed anche ricordato nel ricorso, è, pertanto, evidente che la sospensione della licenza di un esercizio prevista dal già citato art. 100 del TULPS ha la finalità non di sanzionare la soggettiva condotta del gestore del pubblico esercizio per il verificarsi di condizioni potenzialmente pericolose per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, bensì quella di impedire – attraverso la temporanea chiusura del locale – il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale e, nel contempo, di prevenire il reiterarsi di siffatte situazioni, rendendo consapevoli quei soggetti (o chi si è in ogni caso reso protagonista di comportamenti criminosi e/o intollerabili) della circostanza che la loro presenza è stata rilevata dall’autorità, in modo da indurre il definitivo allontanamento degli stessi, od il modificarsi della loro condotta.
In altri termini, la misura della sospensione della licenza di un esercizio ha prevalente natura di misura cautelare, con finalità di prevenzione, rispondendo alla ratio di produrre un effetto dissuasivo su soggetti ritenuti pericolosi, i quali da un lato sono privati di un luogo di abituale aggregazione e dall’altro sono avvertiti della circostanza che la loro presenza in detto luogo è oggetto di attenzione da parte delle autorità preposte, indipendentemente dalla responsabilità dell’esercente (cfr., tra le altre, TAR Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 23 marzo 2011, n. 203; TAR Campania, Napoli, Sez. III, 8 giugno 2010, n. 13047; TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 16 maggio 2006, n. 2325).
Al riguardo, l’autorità amministrativa titolare del potere di provvedere, ossia il Questore, gode di una discrezionalità oggettivamente ampia nel valutare i fatti di potenziale pericolo per la sicurezza dei cittadini e l’ordine pubblico, con la conseguenza che l’apprezzamento di merito che conduce all’adozione della misura in esame sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvi i casi di macroscopica irrazionalità o disomogeneità.
In ragione di quanto già detto, sotto il profilo motivazionale diviene sufficiente la mera rappresentazione della sussistenza dei presupposti che, a giudizio dell’organo preposto alla tutela dell’ordine pubblico, configurino la situazione di pericolo da prevenire ed evitare (cfr., tra le altre, TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 5 febbraio 2010, n. 278).
1.4. Per quanto riguarda il caso in esame, va osservato che:
– il Questore ha decretato la sospensione delle licenze in quanto – dopo aver premesso che l’attività di chiosco bar costituisce “servizio supplementare del pub” Tarbert “e che, per tale motivo, le medesime attività risultino inscindibili ed insistenti nel medesimo contesto” – ha “ritenuto che …. l’attività dell’esercizio pubblico in questione” costituisce “serio motivo di pregiudizio per l’ordine pubblico e per la sicurezza dei cittadini”.
– la citata autorità ha così aderito ad una specifica richiesta della Compagnia Carabinieri di Frascati, formulata con nota prot. n. 66/59 del 24 agosto 2010, la quale – “sulla base di dati in possesso” – rappresentava “gli esercizi pubblici” come “abituale ritrovo di persone pregiudicate e di giovani incensurati, che presso quei locali svolgono attività illecita di consumazione e spaccio di sostanze stupefacenti”;
– in particolare, la Compagnia Carabinieri di Frascati segnalava – in sintesi, che: – in numerose occasioni, “nel piazzale antistante il chiosco con attiguo il Pub Tarbert, venivano identificate 15 persone” poi segnalate “quali assuntori di sostante stupefacenti”; – nel medesimo piazzale “veniva rinvenuto in terra un contenitore di rullino fotografico in plastica con all’interno 9,0 grammi di hashish”; – almeno in due diverse occasioni, tra loro temporalmente ravvicinate (14 agosto 2010 e 22 agosto 2010), presso i tavolini dell’esercizio pubblico “Tarbert” venivano identificati noti pregiudicati, positivi allo SDI per spaccio di sostanze stupefacenti; – in un’ulteriore occasione, un noto pregiudicato veniva, poi, notato “presso il muretto adiacente ai tavoli del pub”.
Ciò detto, il Collegio ritiene che, nonostante gli sforzi delle ricorrenti diretti a contestare la sussistenza di un nesso causale tra gli episodi di cui sopra e l’esercizio delle licenze sospese, i provvedimenti impugnati si poggino su circostanze concrete, le quali si profilano inequivocabilmente idonee a dimostrare – anche in ragione della ristrettezza dell’arco temporale nel corso del quale sono state rilevate – che gli esercizi interessati dalla sospensione costituiscono un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica.
In altre parole, i fatti rappresentati nei provvedimenti impugnati – da considerare ovviamente nel loro complesso – sono sufficienti a dare conto – ove posti a raffronto con il parametro di legittimità costituito dalla norma di legge di cui è stata data applicazione – della correttezza dell’operato dell’Amministrazione.
In particolare, tali fatti attestano che il provvedimento di sospensione delle licenze impugnato non si discosta dal suo modello legale, concretizzando adeguatamente – anche sotto il profilo motivazionale – il presupposto che – ai sensi di legge – ne giustifica l’adozione.
In definitiva, va rilevato che:
– la sospensione disposta dal Questore risponde pienamente alla finalità di attuare una misura di prevenzione in relazione alla possibilità di pericoli che possano minacciare i beni tutelati dalla legislazione di pubblica sicurezza, dovendosi ritenere riscontrata la fattispecie normativa relativa all’essere i locali dalla stessa interessati “abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose” o , comunque, alla circostanza che gli stessi costituiscano un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini;
– in aderenza a quanto già detto, anche il decreto del Prefetto di reiezione del ricorso gerarchico proposto avverso la sospensione di cui sopra è correttamente adottato.
2. Le ricorrenti denunciano ancora – con il quarto dei motivi formulati – “eccesso di potere per evidente disparità di trattamento”.
Anche tale censura è priva di giuridico pregio, tenuto conto che.
– non sussistono elementi concreti per riscontrare l’identità totale o la totale assimilabilità delle situazioni poste a raffronto;
– il vizio di disparità di trattamento non è, comunque, utilmente invocabile nel caso in cui la doglianza formulata – prescindendo dalla piena regolarità della situazione posta alla base del provvedimento assunto dall’Amministrazione – si incentri sul raffronto con situazioni relative a soggetti differenti al solo fine di evidenziare che, in ordine a quest’ultime, non sono stati adottati provvedimenti del tutto identici.
In definitiva, va ribadito – in linea con l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza – che doglianze di tal genere sono idonee ad evidenziare esclusivamente una maggiore o minore sollecitudine dell’Amministrazione nell’esercizio dei propri poteri e, dunque, configurano al più un’abusiva omissione nei confronti di determinati soggetti – in quanto non destinatari della misura di cui all’art. 100 TULPS, pur in presenza dei presupposti di legge – ma non possono inficiare misure già adottate.
3. In ragione di quanto già osservato, anche la censura concernente lo sviamento di potere non può trovare positivo riscontro.
Come già in precedenza esposto, il provvedimento di sospensione impugnato risponde, infatti, al modello legale di cui all’art. 100 del T.U.L.P.S..
Nel contempo, si ribadisce che nulla comprova che ricorrano le condizioni per riscontrare un’ipotesi di disparità di trattamento.
Ciò detto, non sussistono ragioni per affermare che il potere di sospensione di cui all’art. 100 in esame non sia stato correttamente esercitato.
4. In ultimo, le ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 7 della legge n. 241.
Tale motivo è – al pari dei precedenti – infondato.
A parte il rilievo che il provvedimento di sospensione impugnato risulta motivato in ordine alla sussistenza di “ragioni di particolare celerità nell’emanazione del presente atto, derivanti dall’esigenza di salvaguardare l’ordine e la sicurezza pubblica”, è sufficiente, infatti, notare che la misura in argomento, avente – come già osservato – natura cautelare, è di per sé assistita da ragioni di urgenza, atte ad esonerare l’Amministrazione dalla comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 19 agosto 2009, n. 4986; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 19 marzo 2010, n. 1523; TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 16 ,aggio 2006, n. 2325, già cit.).
5. In conclusione, il ricorso va respinto.
In ragione delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 9302/2010, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.