REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRANCESCO A.GENOVESE Presidente
Dott. UMBERTO L.C.G. SCOTTI Consigliere
Dott. CLOTILDE PARISE Consigliere-Rel.
Dott. LAURA TRICOMI Consigliere
Dott. FRANCESCO TERRUSI Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6642/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS) (OMISSIS) che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
(OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS) (OMISSIS) che la rappresenta e difende per procura speciale allegata al controricorso
-resistente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 8553/2021 depositata il 29/12/2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/04/2023 dal Consigliere dott.ssa CLOTILDE PARISE.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 186/2021, dichiarava la separazione giudiziale tra i coniugi (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) con addebito della separazione al primo, e disponeva a carico del medesimo il contributo di mantenimento per l’ex moglie dell’importo di € 2.000 mensili, oltre rivalutazione annuale con decorrenza dal 28-7-2015.
2. Con sentenza 8553/2021 pubblicata il 29-12-2021 e notificata il 30-12-2021 la Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello del (omissis) in parziale riforma della sentenza impugnata, ha determinato la decorrenza dell’obbligo in capo al marito di versamento dell’assegno di mantenimento alla coniuge dal mese di aprile 2016, rigettando nel resto l’appello principale del (omissis) e rigettando l’appello incidentale della (omissis) nonché compensando interamente le spese di lite del grado e confermando nel resto l’impugnata sentenza.
Per quel che ora interessa, la Corte di merito ha rigettato l’appello principale del marito in punto di addebito della separazione, ed ha affermato che:
“anche senza considerare la sentenza di condanna dell’appellante -per le violenze e i maltrattamenti domestici denunciati dalla coniuge nel 2014- intervenuta nelle more del presente giudizio di impugnazione, poiché impugnata dal (omissis) (omissis) quindi ancora sub iudice di merito, è sufficiente osservare che la condotta prevaricante e violenta del marito nei confronti della moglie è emersa in giudizio attraverso le deposizioni testimoniali (della sorella della (omissis) e della vicina di casa dei coniugi) espletate in primo grado; da tali deposizioni emerge, invero, una dinamica coniugale di prolungata e risalente sopraffazione fisica e psicologica attuata dal marito in danno della moglie, un contesto familiare in cui insulti, urla, liti, minacce e il passaggio a violenze fisiche erano frequenti se non la normalità; un quadro che fornisce credibilità ai fatti specifici tuttora al vaglio del giudizio penale, come risultanti dagli atti del procedimento penale prodotti dalla (omissis) in primo grado ampiamente riportati nella sentenza impugnata. Di fronte a tale coincidenza dei riscontri è irrilevante la censura mossa dall’appellante in merito all’insussistenza (al momento) di un accertamento penale definitivo; è altresì non verosimile la sua giustificazione dei segni sul corpo della (omissis) riferiti dai testi, con la patologia (artrite reumatoide) dalla quale la coniuge era da tempo affetta”.
La Corte d’appello ha altresì ritenuto spettante l’assegno di mantenimento alla coniuge e congruo l’importo determinato dal Tribunale (riformando solo la data di decorrenza), all’esito del raffronto dettagliato delle condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi, nonché dato atto che la moglie, per circa 32 anni di convivenza coniugale, si era dedicata esclusivamente alla famiglia.
3. Avverso questa sentenza (omissis) (omissis) (omissis) propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei confronti di (omissis) (omissis) che resiste con controricorso.
4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ..
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. Il ricorrente denuncia:
i) con il primo motivo la «Violazione dell’art. 112 p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.. Nullità della sentenza per omessa pronuncia in merito al primo motivo di appello che censurava la sentenza del Tribunale nel punto in cui ha rigettato la domanda di addebito formulata dal ricorrente», per essersi la Corte di merito pronunciata solo in ordine alla domanda di addebito formulata dalla moglie, omettendo di considerare quanto puntualmente assume di aver dedotto negli atti difensivi che trascrive nel ricorso, ed in particolare la circostanza che l’intollerabilità della convivenza risaliva a periodo ben anteriore al 2014, poiché dopo la nascita del secondo figlio (omissis) la moglie si era ingiustificatamente rifiutata di avere rapporti sessuali con il marito, svilito come uomo, aveva iniziato a dormire in una stanza diversa e tale condotta lesiva si era protratta per trenta anni, avendo inoltre la moglie rifiutato ogni contribuzione economica alle esigenze della famiglia, dissimulando per anni le sue reali condizioni economiche e la sua florida disponibilità finanziaria;
ii) con il secondo motivo la «Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per aver la Corte d’appello reso una motivazione del tutto disancorata dalle risultanze istruttorie di cui l’appellante aveva espressamente dedotto la decisività e fondato al contrario il proprio convincimento su elementi probatori non dedotti dalle parti e neanche rinvenibili in atti», per avere la Corte territoriale, senza considerare alcuno dei rilievi dell’appellante, ritenuto infondato l’appello sul punto, stante le “evidenze” che comproverebbero la condotta prevaricatrice e violenta tenuta dal medesimo a scapito della moglie, ritenendo inverosimile l’assunto che i lividi presenti sul corpo della (omissis) fossero correlati alla patologia della medesima (artrite reumatoide ed ematomi riconducibili alla somministrazione dei farmaci), da ciò derivando che quest’ultima sia stata vittima di violenze fisiche ad opera del marito, il quale aveva decisamente negato i fatti, essendo altresì errato il riferimento alle deposizioni assunte in primo grado perché mai nessuna “vicina di casa” era stata assunta come testimone nel processo civile; pertanto la Corte d’appello aveva ritenuto sussistente la “sopraffazione” del ricorrente sulla moglie, sia sul piano psicologico sia fisico, senza alcun concreto fondamento probatorio;
iii) con il terzo motivo la «Violazione dell’art. 156 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’Appello confermato il diritto della sig.ra (omissis) a percepire l’assegno di mantenimento in difetto dei presupposti di legge di cui è stato totalmente omesso ogni vaglio», per avere la Corte d’appello confermato la sentenza di primo grado incentrando la propria disamina sulla mera comparazione dei redditi riferibili ad entrambe le parti, senza operare alcuna indagine sulla sussistenza di adeguati redditi in capo alla moglie e sul tenore di vita dei coniugi, mai oggetto di una specifica allegazione, e tantomeno di dimostrazione, da parte della richiedente l’assegno di mantenimento;
iv) con il quarto motivo la «Violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 156 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per aver la Corte d’Appello attribuito al ricorrente la percezione di € 5250,00 al mese, invece solo dichiarati, anziché € 3.800,00 come risultante dalla documentazione prodotta e corrispondente ai redditi effettivi», così come risultava dai documenti depositati in primo grado e, in particolare, dal suo estratto di conto corrente presso (omissis) (cfr. all. 4 alla nota di deposito del 27/01/2020) e dai cedolini (omissis) depositati quale allegato n. 5 alle seconde memorie istruttorie ex art. 183, 6° co. c.p.c., pagina 17 e ss, che attestano come dal mese di maggio 2016, la pensione erogata (omissis) aveva subito la decurtazione di € 932,00 mensili, e tanto sarà fino al marzo 2024 come ivi indicato, avendo pertanto erroneamente la Corte di merito assimilato i redditi dichiarati a quelli effettivamente percepiti, così di fatto non considerando le reali sostanze del ricorrente ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento;
v) con il quinto motivo «Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., per non avere la Corte d’Appello tenuto conto dei redditi prodotti dalla Sig.ra (omissis) nella comparazione delle condizioni economiche delle parti», per avere la Corte territoriale del tutto omesso di considerare che alla (omissis) non sono soltanto riferibili diritti reali immobiliari, una polizza vita ed un conto titoli, come indicato in sentenza, ma anche cospicue entrate finanziarie, atteso che l’estratto del conto corrente (omissis) intestato alla moglie attestava plurimi versamenti di contanti e di assegni, sia bancari che circolari, in merito ai quali la medesima non aveva ritenuto di fornire chiarimenti e, inoltre, lo stesso estratto attestava la percezione di elevati redditi da capitale, tanto che ella aveva potuto versare, nel luglio 2017, ben € 80.000,00 ad integrazione di una polizza vita, come pure attestato dal suddetto estratto conto; l’errore è decisivo, nel caso di specie, perché se si fosse correttamente rilevato, sulla scorta delle risultanze processuali, che il coniuge beneficiario aveva incamerato nel periodo di riferimento adottato (2019), come pure l’anno precedente, somme di gran lunga superiori a quelle riferite alla parte onerata del versamento dell’assegno, non si sarebbe potuto pervenire al relativo riconoscimento;
vi) con il sesto motivo «Violazione dell’art. 132, IV comma, c.p.c. in relazione all’art. 360 4 c.p.c. – Nullità della sentenza per contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili per aver ritenuto equo l’assegno di mantenimento quantificato in €. 2.000,00 mensili “soprattutto” per il mancato godimento da parte della Sig.ra (omissis) dell’immobile alla medesima intestato, al contempo rigettando l’appello incidentale dalla medesima proposto per ottenere, tra l’altro, proprio il riconoscimento economico di tale circostanza», in particolare per avere la Corte d’appello ritenuto infondata l’impugnazione incidentale proposta dalla (omissis) però, del tutto contraddittoriamente, specificando nella sentenza impugnata che la somma di € 2.000,00 mensili, riconosciuta alla medesima dal Tribunale per il suo mantenimento, doveva ritenersi equa tenuto conto “… soprattutto, dell’attuale indisponibilità per la (omissis) dell’immobile di cui è intestataria, parte della casa familiare, rimasta in godimento al marito”, sicché da un lato era stato rigettato l’appello incidentale volto ad ottenere un quid pluris per compensare la perdita del godimento di un immobile, dall’altro quel mancato godimento era stato comunque ristorato; deduce che, stante l’insussistenza di un provvedimento di assegnazione, tanto in primo grado quanto in sede di gravame, della casa coniugale, nella quantificazione dell’assegno di mantenimento la Corte di merito non avrebbe potuto tenere conto del mancato godimento dell’immobile, esulandosi dall’ambito di applicazione della norma di cui all’art. 337-sexies, comma 1, c.c. che invece espressamente lo contempla, tanto più nel caso di specie in cui la relativa questione non sarebbe neanche stata devoluta al giudice del gravame.
6. In via pregiudiziale, il controricorso va dichiarato inammissibile per difetto di valida procura.
Secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio condivide (Cass. 6318/2023; Cass. 12850/2019), in caso di notifica di un atto giudiziario a mezzo PEC, la procura rilasciata su supporto analogico dalla parte al difensore, ai sensi dell’art. 16 undecies del d.l. n. 179 del 2012, deve essere da questi sottoscritta con firma autografa e, successivamente, trasformata in copia informatica di documento analogico, la cui conformità all’originale deve essere attestata dal difensore nella relata di notifica.
Come eccepito dal ricorrente nella memoria illustrativa, la procura alle liti della (omissis) risulta conferita su supporto cartaceo, è stata copiata per immagine su supporto informatico e trasmessa per via telematica contestualmente alla notifica del controricorso, ma senza alcuna asseverazione di conformità all’originale. Al riguardo nella memoria illustrativa il difensore della resistente ha replicato affermando l’infondatezza e scorrettezza dell’eccezione, “poiché la dichiarazione di conformità della procura alle liti di cui all’art. 3 bis l. 53/1994 risulta contenuta nella medesima relata di notifica – il cui file viene peraltro generato in automatico dal sistema di posta certificata “Quadra” – trasmessa alla controparte unitamente al controricorso”, ed invece, come già rilevato, non è dato rinvenire nella relata di notifica del controricorso depositato tramite PCT alcuna attestazione di conformità della procura nel senso precisato.
7. I primi due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione perché entrambi vertenti sulla questione dell’addebito della separazione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.
7.1. Non ricorre il vizio di omessa pronuncia perché l’accertamento in fatto effettuato dalla Corte territoriale, che riconduce esclusivamente alle condotte violente e prevaricatrici del marito la crisi coniugale, comporta implicitamente il rigetto della domanda di addebito proposta in allora dall’odierno ricorrente, incompatibile con quella
7.2. E’ inammissibile per difetto di specificità la censura sull’omesso esame del fatto secondo cui la condotta della moglie, asseritamente causativa della crisi coniugale, sarebbe ben anteriore al 2014, atteso che la Corte d’appello ha affermato che anche il marito collocava solo nel 2014 un mutamento delle condotte della moglie, prima amorevoli e il ricorrente non precisa, pur diffusamente riportando in ricorso l’atto di appello, quando e come ha chiesto di provare le circostanze concernenti l’asserito rifiuto della moglie di rapporti sessuali dal 1986 e l’inizio della crisi risalente a tale fatto, né compiutamente spiega perché in ogni caso il rapporto matrimoniale sia proseguito oltre per quasi trenta anni, a fronte della difforme ricostruzione del Tribunale e della Corte di merito sulla condotta amorevole e di cura della moglie anche nei suoi confronti fino al 2014, secondo quanto dal marito stesso dedotto (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
Sono inammissibili perché impropriamente dirette a sollecitare il riesame del merito e la rivalutazione delle prove anche le doglianze riferite ad elementi istruttori che si assumono obliterati o male interpretati (lividi comprovanti violenza – cfr. referto PS del maggio 2015 – che, peraltro secondo la Corte d’appello erano rinvenibili anche sul collo della (omissis) non solo sulle braccia; risultanze testimoniali asseritamente riportate in modo errato, senza che, peraltro, risulti precisato in ricorso il contenuto di quanto riferito dai testi assunti in sede civile avanti al Tribunale).
8. Il terzo motivo è fondato nei limiti che si vanno ad illustrare.
8.1. Secondo l’orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio, la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 civ., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge economicamente più debole, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale (Cass. 12196/2017; Cass. 17098/2019; Cass. 5605/2020 e Cass. 22616/2022).
8.2. Ciò posto, la censura coglie nel segno laddove denuncia che la Corte territoriale ha totalmente obliterato di considerare il tenore di vita goduto dalla moglie in costanza del lungo rapporto matrimoniale, che non è stato affatto ricostruito, mentre è a tale parametro che occorre imprescindibilmente riferirsi in tema di assegno separativo, a differenza di quanto, invece, si ritiene in tema di assegno divorzile, in base al più recente indirizzo innovativo delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. U. 18287/2018).
La Corte di merito non si è attenuta ai suesposti principi e, pur correttamente delimitando il periodo temporale di riferimento della debenza dell’assegno (da aprile 2016 sino alla data di emissione dei provvedimenti presidenziali nel giudizio divorzile), ha incentrato la valutazione solo ed esclusivamente sulle condizioni economico- patrimoniali dei coniugi.
9. Dall’accoglimento del terzo motivo consegue l’assorbimento degli altri, che vertono, sotto vari profili, sulla quantificazione dell’assegno.
10. In conclusione, vanno rigettati i motivi primo e secondo, va accolto il terzo nei termini precisati, dichiarati assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata nei limiti del motivo accolto e la causa va rinviata va rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
P.Q.M.
La Corte rigetta i motivi primo e secondo; accoglie il terzo motivo nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
Così deciso in Roma, il 19/04/2023.
Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2023.