Nessuna libertà vigilata nei confronti di un soggetto affetto da malattia psichiatrica, ricoverato in struttura sanitaria (Corte di Cassazione, Sezione Feriale, Sentenza 13 agosto 2021, n. 31664).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente –

Dott. TALERICO Palma – Consigliere –

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere –

Dott. SESSA Renata – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) DOMENICO nato a (OMISSIS) il 04/07/19xx;

avverso la sentenza del 17/06/2021 del TRIB. LIBERTA’ di CALTANISSETTA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;

sentite le conclusioni del PG, Dott. LUIGI GIORDANO

Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) Domenico, a mezzo del difensore, ricorre per cassazione per l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale del riesame di Caltanissetta in data 17/6/2021, con cui è stato confermato il provvedimento del GIP del Tribunale di Gela in forza del quale è stata al ricorrente applicata la misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata, con la prescrizione di ricoverarsi presso una comunità terapeutica assistita e con divieto di allontanarsene senza l’autorizzazione del giudice, in ordine ai delitti di danneggiamento aggravato (tre episodi) e di minaccia aggravata.

1.1. Al riguardo, il ricorrente deduce, con un unico motivo, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 192, 206, 215, 222, 228 cod. pen., 312 cod. proc. pen. e 13 Cost. (sentenza n. 367/2005, 253/2003 Corte cost.).

Lamenta, in particolare, come le prescrizioni imposte dal Gip in ordine all’esecuzione della libertà vigilata, in specie quella di non allontanarsi dal luogo di cura senza l’autorizzazione del giudice, ne avessero mutato l’ontologica natura da misura non detentiva a detentiva.

Erroneo, ai fini della legittimità delle prescrizioni imposte, doveva poi ritenersi il richiamo operato dal provvedimento impugnato al principio di diritto affermato da questa Corte nella sentenza n. 50383/2019: dalle motivazioni della decisione si ricava, invece, come le limitazioni della libertà personale che si accompagnano all’esecuzione della libertà vigilata debbono essere circoscritte quanto basta alla realizzazione del programma terapeutico e non assumere un carattere “ultroneo”, altrimenti determinandosi una permanenza “ingiustificata” all’interno della struttura a disposizione del soggetto controllato, con trasformazione della libertà vigilata in una misura detentiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso è fondato.

2.1. E’ consolidato il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, nell’ipotesi di applicazione provvisoria della misura di sicurezza della libertà vigilata, il giudice può imporre la prescrizione della residenza temporanea in una comunità terapeutica, a condizione che la natura e le modalità di esecuzione della stessa non snaturino il carattere non detentivo della misura di sicurezza in atto (Sez. 5, n. 28575 del 14/9/2020, non mass.; Sez. 1, n. 33904 del 22/05/2015, Rv. 264604, che ha precisato che la prescrizione di un programma terapeutico residenziale non è assimilabile “ex se” ad un ricovero obbligatorio, con sostanziale applicazione di una misura a carattere detentivo); in tal caso, tuttavia, il giudice 2 non può imporre, stante il principio di legalità, prescrizioni che ne snaturino il carattere non detentivo (Sez. 1, n. 35224 del 9/10/2020, Rv. 280197; Sez. 2, n. 49497 del 11/11/2014, Rv. 260999).

2.2. Nel caso in esame l’ordinanza impugnata ha affermato la legittimità delle prescrizioni imposte dal Gip in quanto “esclusivamente funzionali all’esecuzione del programma terapeutico, non comportando alcun sacrificio aggiuntivo alla libertà di movimento”, in assenza di qualsiasi indicazione del relativo programma al quale il ricorrente sarebbe sottoposto in conseguenza dell’applicazione della misura.

Si tratta di un profilo di particolare rilievo in quanto la possibilità di applicare provvisoriamente la libertà vigilata nei confronti di un soggetto affetto da malattia psichiatrica, prescrivendone il ricovero in una struttura sanitaria con divieto di allontanamento, esige che le limitazioni siano strettamente funzionali all’esecuzione del programma di cura, così evitandosi uno snaturamento non consentito della misura che, altrimenti, comporterebbe un sacrificio aggiuntivo rispetto a quello che inerisce qualsiasi percorso di cura (in tal senso si è espresso, peraltro, anche lo stesso orientamento citato dall’ordinanza impugnata).

L’affermazione, dunque, che si tratterebbe di prescrizioni “esclusivamente funzionali all’esecuzione del programma terapeutico” risulta, pertanto, assertiva, in quanto priva dell’indicazione della necessaria base fattuale di riferimento che renda tali prescrizioni del tutto continenti, nelle modalità e durata, con le esigenze di cura, al fine di non snaturare il carattere non detentivo della misura di sicurezza.

L’avere, invece, genericamente imposto al ricorrente di ricoverarsi presso una comunità di recupero con divieto di allontanarsene senza l’autorizzazione del giudice, si traduce in un’imposizione senza alcun limite, innanzitutto temporale e comunque finalistico, così implicando una sostanziale trasfigurazione della libertà vigilata in una misura detentiva (Sez. 1, n. 50383 del 12/11/2019, Rv. 277338; Sez. 5, n. 28575 del 14/9/2020, non mass.).

3. Sulla scorta dei principi di diritto affermati, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Caltanissetta per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Caltanissetta.

Così deciso il 10/8/2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.