Nessuna responsabilità per la banca che non chiede un doppio documento di identità per il pagamento di un assegno circolare (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 24 giugno 2022, n. 20477).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Rel. Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25549-2020 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Viale (OMISSIS) 175, presso lo studio dell’avvocato Dora (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Costantino (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato Maurizio (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2045/2020 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 29/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/04/2022 dal Presidente Relatore Dott. MAURO DI MARZIO.

RILEVATO CHE

1. ― Poste Italiane S.p.A. ricorre per due mezzi, nei confronti di Unipolsai Assicurazioni S.p.A., contro la sentenza del 29 giugno 2020, con cui il Tribunale di Torino, provvedendo in totale riforma della sentenza resa tra le parti dal Giudice di pace di Torino, ha condannato l’odierna ricorrente al pagamento, in favore della controparte, della somma di € 1.420,00, con accessori e spese.

2. ― Unipolsai Assicurazioni S.p.A. resiste con controricorso.

CONSIDERATO CHE

3. ― Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1227 c.c. e 83 del d.p.r. numero 156 del 1973, decreto ministeriale 26 febbraio 2007, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, censurando la sentenza impugnata per aver escluso la concorsuale responsabilità di Unipolsai Assicurazioni S.p.A., per aver spedito per posta ordinaria un assegno di traenza poi riscosso da soggetto non legittimato.

Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 43 del regio decreto numero 1736 del 1933 riferimento agli articoli 1218, 1176 e 1992 c.c., nonché della legge numero 445 del 2000, Circolare ABI, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che Poste Italiane S.p.A. non avesse osservato il necessario parametro di diligenza nell’effettuare il pagamento dell’assegno a soggetto non legittimato.

RITENUTO CHE

4. ― Il ricorso va accolto nei termini che seguono.

4.1. ― Il primo mezzo è manifestamente fondato in applicazione del principio secondo cui: «La spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d’intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l’affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore» (Cass., Sez. Un., 26 maggio 2020, n. 9769).

Il giudice di merito ha dunque errato ad escludere il concorso di colpa del mittente.

4.2. ― È manifestamente fondato anche il secondo mezzo.

Il Tribunale ha addebitato a Poste Italiane S.p.A.:

i) che la copia della patente impiegata dal sedicente beneficiario dell’assegno ai fini della sua riscossione fosse «assolutamente non intelligibile perché completamente grigia»;

ii) che detto sedicente beneficiario avesse provveduto ad aprire un libretto di risparmio postale solo per poter provvedere al versamento dell’assegno, comportamento tipico di fattispecie fraudolente, il che avrebbero dovuto indurre l’impiegato di sportello ad insospettirsi, tanto più che la persona, residente a Bologna, non aveva «negoziato l’assegno della Banca ove era titolare di un conto o di un libretto (sul presupposto di fatto che tutti sono ormai titolari di rapporti bancari), ma aveva preferito aprire un libretto di risparmio presso Poste, solo per versare l’esiguo importo portato dall’assegno»;

iii) che, in tale contesto, l’impiegato postale non avesse richiesto un secondo documento con l’esibizione del codice fiscale al fine di verificare se esso corrispondesse ad un soggetto effettivamente esistenti.

È dunque palese che il giudice di merito si è discostato dalla giurisprudenza di questa corte in ordine al parametro di diligenza che il banchiere deve osservare in materia, secondo il principio che segue:

«In materia di pagamento di un assegno di traenza non trasferibile in favore di soggetto non legittimato, al fine di valutare la sussistenza della responsabilità colposa della banca negoziatrice nell’identificazione del presentatore del titolo, la diligenza professionale richiesta deve essere individuata ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., che è norma “elastica”, da riempire di contenuto in considerazione dei principi dell’ordinamento, come espressi dalla giurisprudenza di legittimità, e dagli “standards” valutativi esistenti nella realtà sociale che, concorrendo con detti principi, compongono il diritto vivente; non rientra in tali parametri la raccomandazione, contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, che segnala l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perché a tale prescrizione non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva, e tale regola prudenziale di condotta non si rinviene negli standard valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale» (Cass. 19 dicembre 2019, n. 34107).

5. ― La sentenza impugnata è cassata e la causa rinviata al Tribunale di Torino in persona di diverso magistrato, che si atterrà ai principi dianzi indicati e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese al Tribunale di Torino in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.