L A C O R T E S U P R E M A D I C A S S A Z I O N E
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADRIANA DORONZO – Presidente –
Dott. ROBERTO RIVERSO – Rel. Consigliere –
Dott. CARLA PONTERIO – Consigliere –
Dott. FRANCESCOPAOLO PANARIELLO – Consigliere –
Dott. GUGLIELMO CINQUE – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 10303-2020 proposto da:
(omissis) (omissis) elettivamente domiciliato in (omissis) presso lo studio degli avvocati (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis), che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
(omissis) (omissis) (omissis) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (omissis);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 356/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 21/01/2020 R.G.N. 2385/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2023 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa PAOLA FILIPPI ha depositato conclusioni scritte.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Napoli con la sentenza in atti ha rigettato il reclamo principale e quello incidentale ed ha confermato l’impugnata sentenza con cui il tribunale di Napoli aveva dichiarato risolto il rapporto di lavoro di (omissis) (omissis) con la (omissis) (omissis) (omissis) Srl con effetto dalla data del licenziamento del 5/12/2017 ed aveva condannato la società al pagamento di una indennità risarcitoria nella misura di 24 mensilità della retribuzione globale di fatto, con compensazione delle spese di giudizio.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione (omissis) (omissis) con due motivi di ricorso ai quali ha resistito (omissis) (omissis) (omissis) Srl.
Le parti ed il pubblico ministero hanno depositato memorie.
Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, art. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Col primo motivo e stata dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art.132, 2 comma n. 4 ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c.: nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria, in particolare perché la Corte d’appello, da una parte, ha affermato che il fatto contestato al ricorrente era consistito nell’essersi appropriato di alcuni prodotti alimentari (pacchi di pasta) e, dall’altra parte, ha sostenuto che il lavoratore aveva ammesso di aver prelevato i quattro pacchi di pasta – senza appropriarsene – avendoli portati nella cucina dell’albergo nello svolgimento delle sue mansioni di dispensiere.
2.- Col secondo motivo viene dedotta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’articolo 18 legge n. 300/70, degli artt. 2106, 2119 e 2697 c.c. in quanto la Corte d’appello non ha verificato e valutato l’irrilevanza disciplinare, la non imputabilità al ricorrente e la insussistenza dell’elemento soggettivo della condotta contestata.
Si contesta che la Corte d’appello abbia ritenuto che la condotta posta in essere dallo (omissis) fosse connotata da antigiuridicità alla luce dell’ordine di servizio emesso dalla società in data 16/12/2016 per disciplinare la gestione dei prodotti alimentari residuati dalle manifestazioni tenute nell’hotel.
3.- I due motivi di ricorso, da esaminare unitariamente per la connessione delle censure, sono fondati.
4.- Va messo in luce, in primo luogo, che la Corte d’appello ha affermato che “il fatto contestato allo (omissis) sia consistito nell’essersi appropriato di prodotti alimentari (quattro pacchi di pasta) lasciati dalla (omissis) s.r.l. cliente della società datrice di lavoro che il giorno 27/11/2017 aveva organizzato una manifestazione nei locali dell’hotel (omissis).
In secondo luogo va considerato che la Corte di appello ha ritenuto fondata la condotta contestata perché “lo (omissis) in sede di audizione per rendere le sue giustificazioni, ha ammesso di aver prelevato, sbagliando, alcuni prodotti, precisando di non essersene appropriato, in quanto li aveva portati in cucina.
Risulta così evidente, sulla scorta di tali inconciliabili affermazioni, la contraddizione logica in cui e caduta la sentenza impugnata tale da realizzare un contrasto irriducibile della motivazione che integra la denunciata violazione, ex art. 132, 2 c. n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
Il ricorrente ha invero ammesso di aver prelevato gli stessi beni per portarli in cucina, specificando di non essersene appropriato. La Corte d’appello ha invece affermato che la prova dell’appropriazione contestata, dal punto di vista materiale, fosse stata fornita proprio dalla riferita ammissione dello (omissis) effettuata sia in sede di giustificazione degli addebiti sia in sede di libero interrogatorio (v. pag. 6 sentenza).
In realtà, come già detto e come risulta dalla sentenza, il lavoratore non ha mai affermato di essersi appropriato dei pacchi di pasta ma soltanto di averli portati in cucina, aggiungendo che in cucina si trovava il pasticcere (omissis) (“lui vide che mettevo la pasta sulle mensole e gli chiesi di avvisare i cuochi”).
E’ chiaro quindi il contrasto logico in cui cade l’impugnata sentenza, non potendosi certo affermare né che il fatto materiale potesse ritenersi provato dall’ammissione dello (omissis) e che – come sostenuto invece dal controricorrente – esso possa essere individuato semplicemente in “una materiale apprensione della pasta” senza alcun fatto appropriativo.
È vero al contrario che il fatto contestato individuato nella sentenza fosse proprio l’appropriazione della pasta, per accertare la quale era necessario individuare la destinazione impressa alla cosa, dato che la condotta contestata non poteva realizzarsi se la stessa cosa e sempre rimasta nella sfera della disponibilità di fatto e giuridica del datore.
Se, invece, come la stessa Corte d’appello ha precisato, dando conto delle dichiarazioni rese dal lavoratore sia in sede di giustificazione degli addebiti sia in sede di interrogatorio libero dinanzi al giudice, la pasta era stata riposta in cucina senza mai uscire dalla disponibilità del datore di lavoro, e evidente che non si sia verificata nessuna appropriazione, sicché risulta insussistente lo stesso fatto contestato.
Nemmeno e vero che si parli soltanto di “materiale apprensione,, e che questa sia sufficiente – come unico segmento fattuale ai fini di ritenere sussistente il fatto ovvero l’elemento oggettivo della contestazione di addebito, secondo quanto sostiene infondatamente il controricorrente.
A voler attribuire rilievo al solo troncone di fatto materiale, di aver appreso senza appropriazione quattro pacchi di pasta dal corridoio, la stessa condotta contestata rimarrebbe priva di rilevanza disciplinare perché si tratterebbe di una condotta neutra, incompleta, che non integra alcun genere di violazione.
Tant’é che lo stesso controricorrente aggiunge che lo (omissis) ha materialmente appreso i beni in questione per propri fini privati, conseguendoli nella propria disponibilità e allo stesso tempo sottraendoli al legittimo proprietario. Ma tutto questo non e stato accertato ed e in contrasto con quanto accertato nella impugnata sentenza, ne può dirsi accertato sulla base della richiamata ammissione del lavoratore ricorrente.
Del resto, se si potesse dare rilievo ad un segmento della condotta, come pretende la difesa della controricorrente, tutti i lavoratori sarebbero suscettibili di una contestazione disciplinare allorché movimentano una qualsiasi cosa di pertinenza aziendale.
Ne può dirsi che il fatto “sussista,, sotto il profilo dell’inosservanza dell’ordine di servizio del 16/12/2016, non solo perché si e fuori dall’ambito della contestazione disciplinare, ma anche per le considerazioni che la stessa Corte fa con riguardo al luogo ed allo stato in cui si trovavano i generi alimentari dopo la manifestazione del 27/11/2017, ovvero accatastati in un corridoio, e non invece nell’apposito deposito e inventariati (v. pag. 7 e 8 della sentenza), sicché vi era stata già a monte un’inosservanza dell’ordine di servizio, non imputata al ricorrente e tale da ingenerare il dubbio sulla destinazione finale della merce.
5.- Proprio con riguardo a questo aspetto, il ricorso si profila fondato anche laddove, col secondo motivo, deduce il mancato accertamento dell’elemento soggettivo della condotta, altro requisito essenziale per la sussistenza del “fatto contestato,, ai fini della tutela ex art. 18, 4 comma della l. 300/70, novellata dalla legge n. 92/2012 di cui si discorre.
La Corte ha sostenuto infatti che alla base del fatto, dal punto di vista della valutazione dell’elemento intenzionale, esistesse piuttosto un errore incolpevole, laddove ha affermato “che la particolare sistemazione dei prodotti di proprietà (omissis) srl ammassati in un corridoio senza un preciso ordine, senza un cartello che ne chiarisse la destinazione, ben può aver ingenerato nello (omissis) la convinzione che si trattasse di omaggi dello sponsor come lui stesso ha affermato considerato anche il valore irrisorio degli stessi,,.
Pertanto, poiché l’errore che cade sul fatto esclude quanto meno il dolo, nemmeno poteva ritenersi sussistente l’elemento soggettivo della condotta di appropriazione e quindi, di nuovo, il fatto contestato; in quanto tale elemento soggettivo postula la coscienza e volontà di appropriarsi di un bene altrui.
La Corte d’appello ha bensì valorizzato, anche a questo proposito, la dichiarazione resa dallo stesso (omissis) ma ne ha tratto implicazioni non coerenti sul piano dell’elemento soggettivo e della tutela applicabile ex art. 18 cit., laddove ha concluso che “il fatto che i prodotti residuati dalla manifestazione del 27/11/2017 non fossero stati conservati in appositi depositi, come previsto dall’ordine di servizio del 16/12/2016 se da un canto non elide l’illiceità della condotta considerato che tali beni non erano stati abbandonati vicino ai cassonetti dell’immondizia dall’altro canto esclude l’intenzionalità della condotta,,.
6.- In definitiva, sulla scorta di quanto si afferma nella stessa impugnata – circa le reali circostanze in cui si é svolto il fatto di cui alla contestazione – al lavoratore non poteva essere addossata alcuna condotta appropriativa, né dal punto di vista materiale, né dal punto soggettivo.
Sicché é evidente che altra dovesse essere la tutela da accordare al lavoratore ai sensi della disciplina dell’art.18, 4 comma nel testo novellato dalla legge n. 92/2012.
7.- Alla luce di quanto fin qui osservato il ricorso deve essere accolto. La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà procedere alla prosecuzione della causa e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
8.- Non sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002 da atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1-bis del citato d.P.R., se dovuto.
Ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. l96/2003 e succ. mod., in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 8 novembre 2023.
Il Presidente
Dott. Adriana Doronzo
Depositato in cancelleria il 21 dicembre 2023.