REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
Sergio Beltrani – Presidente –
Luigi Agostinacchio – Consigliere –
Marco Maria Alma – Consigliere –
Mariapaola Borio – Relatore –
Lucia Aielli – Consigliere –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx, rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) (OMISSIS) di fiducia;
avverso la sentenza del 26/02/2024 della Corte di appello di Napoli, prima sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Mariapaola Borio;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Simonetta Ciccarelli, ha chiesto il rigetto del ricorso;
preso atto che l’avv. (OMISSIS) (OMISSIS) difensore fiduciario del ricorrente, non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 16/01/2017, all’esito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Napoli Nord dichiarava (OMISSIS) (OMISSIS) responsabile del delitto di evasione commesso in data 25 dicembre 2016 e, esclusa la recidiva infraquinquennale, riconosciute attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione.
Per quanto qui rileva, il Tribunale escludeva la causa di non punibilità di cui all’art. 131 -bis cod. pen. ed al riguardo osservava che il fatto non poteva ritenersi di “particolare tenuità” atteso che l’allontanamento dal domicilio custodiale non era rimasto circoscritto al tempo necessario per recuperare il giocattolo fatto cadere dalla figlia nel cortile comune del palazzo ove abitava, ma si era protratto ulteriormente senza alcuna ragione essendo stato l’imputato colto fuori dal cancello ed in compagnia di altre persone, situazione interrotta solo dall’arrivo delle forze dell’ordine preposte ai controlli.
Tale sentenza era confermata con pronuncia della Corte di appello di Napoli 23/04/2021 la quale, a sua volta, escludeva la causa di non punibilità di cui sopra in considerazione dei precedenti penali dell’imputato che – seppure non idonei a qualificare la condotta in termini di abitualità – erano tuttavia indicativi di una proclività al reato tale da escludere l’esiguità del pericolo cagionato dalla condotta di reato.
Sul punto la statuizione del giudice di secondo grado era annullata con rinvio con sentenza emessa in data 22/11/2022 dalla sesta sezione di questa Corte la quale evidenziava che il giudice di merito aveva escluso la particolare tenuità del fatto sotto il profilo della esiguità del pericolo fondandosi soltanto sulla presenza di precedenti penali ritenuti preclusivi del beneficio, quando invece i parametri di valutazione fissati dall’art. 131-bis, comma primo, cod. pen. hanno natura e struttura oggettiva ed operino su un piano diverso da quelli relativi alla personalità del reo.
2. Con sentenza del 26/02/2024 la Corte di appello di Napoli, in sede di giudizio di rinvio, confermava la pronuncia di primo grado, così escludendo la ricorrenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
3. Avverso tale pronunzia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia articolando un unico motivo con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 627, comma 3, codice di rito e vizio di motivazione.
La Corte di appello non si è uniformata al principio di diritto dettato dai giudici di legittimità con la sentenza di annullamento con rinvio, limitandosi ad evocare semplicemente la violazione degli obblighi connessi alla misura domiciliare e, dunque, escludendo la causa di non punibilità sulla base della sola astratta valutazione del titolo del reato contestato.
In particolare, i giudici di secondo grado non hanno valutato le modalità della condotta, chiaramente evocative della intenzione di fare immediato rientro nell’abitazione come desumibile dal fatto che l’imputato era colto il giorno di Natale in pantofole ed in abiti “da casa” sulla soglia del cancello pedonale dello stabile con in braccio la figlia di pochi anni, né hanno considerato che il fatto è stato del tutto occasionale in quanto l’unico commesso in un periodo di oltre un anno di sottoposizione agli arresti domiciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, proposto per un motivo manifestamente infondato, va dichiarato inammissibile.
2. La Corte di appello si è perfettamente uniformata al principio di diritto affermato nella sentenza di annullamento con rinvio secondo cui per la valutazione della esiguità del danno o del pericolo – ai fini del riconoscimento della la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis pen. occorre tenere conto non dei precedenti penali (che rilevano sotto il diverso profilo della abitualità di comportamento), bensì delle modalità della condotta verificando se, in relazione ad esse, la fattispecie concreta sia di minima offensività.
In ossequio a tale indicazione, la sentenza impugnata (pag. 3 e 4) si è infatti puntualmente soffermata proprio sulla analisi degli aspetti oggettivi della condotta di evasione come accertata, spiegando con motivazione esaustiva ed esente da manifeste illogicità che il fatto non poteva considerarsi, nelle sue connotazioni concrete, di minima offensività.
In particolare, ha evidenziato che l’imputato, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, in aperta violazione della imposta prescrizione accessoria del divieto di comunicare con persone diverse dalle conviventi, era stato sorpreso dall’organo preposto alla vigilanza lungo la strada pubblica, all’esterno del cancello dello stabile ove era posta la sua abitazione, mentre era intento a colloquiare con due persone di cui una pregiudicata per ricettazione e falso; ancorché l’evasione fosse consistita nell’allontanarsi di poco dal domicilio, tali dati fattuali non consentivano di ritenere particolarmente esigua l’offesa, considerato che la misura cautelare domiciliare c.d ristretta era stata applicata in relazione al reato di tentata estorsione aggravata in danno di persone vittime di usura ravvisando anche il pericolo di inquinamento probatorio e cioè l’esigenza di impedire che l’imputato, come già avvenuto in precedenza, potesse esercitare pressioni sulle persone offese.
3. Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cast. 13 giugno 2000 n. 186), al versamento della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che l’impugnazione è stata esperita per ragioni manifestamente infondate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024.
Il Consigliere estensore Il Presidente
Mariapaola Borio Sergio Beltrame
Depositato in Cancelleria, oggi 24 febbraio 2025.
Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Claudia Pianelli