Non commette il reato di molestia colui che fotografa l’auto del condomino parcheggiata fuori posto (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 4 maggio 2023, n. 18744).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere

Dott. POSCIA Giorgio – Rel. Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – Consigliere

Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) (OMISSIS) nato in (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del Tribunale di Pescara, in composizione monocratica, del 21/12/2021;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIORGIO POSCIA;

letta la requisitoria presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa GIUSEPPINA CASELLA, ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste;

lette le conclusioni del difensore avv. (OMISSIS) (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Pescara ha assolto (OMISSIS) (OMISSIS) dal reato ascrittogli per esclusione della punibilità, in considerazione della particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.

Egli era imputato del reato di cui all’art. 660 cod. pen. poiché, per biasimevole motivo, recava molestia e disturbo ai condomini (OMISSIS) (OMISSIS), offendendoli e fotografando la loro autovettura con i due figli minori all’interno. Fatto commesso in (OMISSIS) in data (OMISSIS) ad epoca antecedente.

Il Tribunale – sulla base dell’istruttoria dibattimentale espletata – ha ritenuto dimostrato l’episodio del (OMISSIS) (legato a precedenti questioni di carattere condominiale insorte tra l’imputato e le persone offese) ed ha escluso che il comportamento del (OMISSIS) fosse abituale; pertanto, tenuto conto delle modalità delle condotte e della assenza di precedenti penali, ha considerato esigua la lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice ed ha, quindi, applicato l’art.131-bis cod. pen. con la conseguente assoluzione dell’imputato.

2. Avverso la predetta sentenza (OMISSIS) (OMISSIS) per mezzo dell’avv. (OMISSIS) (OMISSIS), propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt.190, 194, 495 cod. proc. pen. e 24 Cost. rispetto alla disposta revoca ingiustificata dell’ammissione dei tre testi indicati dalla difesa e presenti alla udienza del 4 maggio 2021, nonostante il loro esame non potesse ritenersi superfluo.

2.2. Con il secondo lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. e), proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt.190 e 500 cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione omessa, illogica e di travisamento della prova rispetto alla accertata responsabilità dell’imputato in ordine al fatto contestatogli.

2.3. Infine deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, b), cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 660 cod. pen. poiché, quand’anche si dovessero ritenere provate le condotte addebitate al (OMISSIS) le stesse non potrebbero in ogni caso configurare il reato contestato per la mancanza del motivo biasimevole richiesto dalla norma incriminatrice ai fini della rilevanza penale del fatto e rispetto al quale il Tribunale non avrebbe argomentato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. II terzo motivo (da ritenersi assorbente) è fondato con il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

2. Anzitutto, deve confermarsi la impugnabilità delle sentenze con le quali è stata dichiarata la non punibilità del fatto stante la sua particolare tenuità ai sensi dell’art. 131-bis pen.

Osserva, infatti il Collegio che, laddove si tratti di sentenza dibattimentale che abbia affermato la particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod,. pen., la sicura annotazione nel certificato giudiziale di tale pronunzia (si veda, infatti, in tale senso quanto disposto dall’art. 3 del d.P.R. n. 313 del 2002, a seguito delle modifiche ad esso apportate dall’art. 4 del d.lgs n. 28 del 2015, in base al quale è prevista l’iscrizione nel casellario giudiziale, in aggiunta ai “provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l’imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, o disposto una misura cautelare”, anche di “quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale”), nonché la sua idoneità, secondo i testuali termini di cui all’art. 651-bis cod. proc. pen., a spiegare effetti preclusivi e definitivi, in ipotesi pregiudizievoli a carico del soggetto interessato, nei giudizi civili ed amministrativi nei quali è dedotta la risarcibilità del danno derivante dal fatto ritenuto non punibile ex art. 131-bis cod. pen., costituiscono elementi di indubbia valenza ai fini della affermazione della sussistenza di un interesse ad impugnare in capo al soggetto destinatario di una siffatta pronunzia.

Deve quindi affermarsi la possibilità di impugnare, mediante ricorso per cassazione, una sentenza come quella in epigrafe.

3. Ciò posto, va ricordato che la contravvenzione di molestie o disturbo alle persone di cui all’art. 660 pen. può configurarsi quale reato abituale, in forza di una condotta reiterata, ma essere realizzato anche per mezzo di una sola azione.

Come è noto, infatti, il reato di molestia di cui all’art. 660 cod. pen. non è necessariamente abituale, per cui può essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia, purché ispirata da biasimevole motivo o avente il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri. (Fattispecie nella quale è stato escluso che integrasse la contravvenzione una sola telefonata, effettuata in orari normali, al fine, non di molestare, ma di ingiuriare e minacciare la persona offesa)” – conformi Sez. 6 n. 43439 del 23/11/2010, Rv. 248982 e Sez. 1 n. 19631 del 12/06/2018, Rv. 276309.

3.1. Inoltre, per integrare la fattispecie criminosa nella ipotesi di un’unica azione tale condotta deve necessariamente essere particolarmente sintomatica dei requisiti previsti dalla norma incriminatrice; infatti, l’atto per essere molesto deve non soltanto risultare sgradito a chi lo riceve, ma dev’essere anche ispirato da biasimevole, ossia riprovevole, motivo, in alternativa, l’atto per essere molesto deve rivestire il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri (Sez. 1 6064 del 06/12/2017, Rv. 272397).

Orbene, nel caso in esame, l’abitualità della condotta deve essere esclusa considerato che la sentenza impugnata si riferisce unicamente all’episodio verificatosi il giorno 27 luglio 2019; inoltre, è stato lo stesso Tribunale ad escludere espressamente che il comportamento tenuto dall’odierno ricorrente fosse abituale.

3.2. Né in tale comportamento sono ravvisabili gli estremi del reato ascritto. Sulla base dei predetti principi va, invero, escluso il biasimevole motivo a sostegno del comportamento dell’imputato, il quale aveva scattato le foto dell’autovettura delle persone offese perché essa era ferma in area vietata, per segnalare il comportamento scorretto all’amministratore del condominio (come, sulla base di quanto emerso dalla istruttoria dibattimentale, aveva già fatto in altre occasioni e come erano soliti fare diversi condomini in ragione della problematica situazione, sussistente all’interno del condominio, relativa alle aree di sosta e all’occupazione, da parte dei veicoli, di aree in cui la sosta era invece interdetta). Inoltre, le parole e gli epiteti che il (OMISSIS) aveva profferito nei confronti delle persona offese non rivestono i tipici elementi della condotta molesta.

4. In conclusione, nel caso in esame non sussistono gli elementi costitutivi del reato contestato e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

Così deciso il 10 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria oggi, Roma, lì 4 maggio 2023.

SENTENZA – originale -.