Non è licenziabile il prestatore che comunichi l’impossibilità di raggiungere il luogo di lavoro (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 2 agosto 2023, n. 23503).

L A    C O R T E    S U P R E M A    D I    C A S S A Z I O N E

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI             – Presidente –

Dott. ROBERTO RIVERSO                                  – Rel. Consigliere –

Dott. FRANCESCOPAOLO PANARIELLO          – Consigliere –

Dott. GUGLIELMO CINQUE                               – Consigliere –

Dott. FRANCESCO GIUSEPPE LUIGI CASO      – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 16049-2022 proposto da:

(omissis) (omissis) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in  (omissis);

ricorrente

contro

(omissis) (omissis), domiciliato in (omissis);

controricorrente

avverso la sentenza n. 496/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/04/2022 R.G.N.  1733/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/07/2023 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO.

FATTO E DIRITTO

La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza in atti, in riforma della sentenza di primo grado, accogliendo il gravame proposto da (omissis) (omissis) annullava il licenziamento intimatogli da (omissis) (omissis) S.p.A. e condannava l’appellata alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, al pagamento di una indennità pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, oltre al pagamento delle spese di lite.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la (omissis) (omissis) S.p.A. con due motivi di ricorso a cui ha resistito (omissis) (omissis) con controricorso.

Le parti hanno depositato memoria.

Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 2119 c.c. in quanto la Corte appello è incorsa nella violazione delle codificate regole di ermeneusi non avendo valutato ed interpretato la contestazione disciplinare nella sua interezza, ed avendo tralasciato il senso che risulta dal complesso dell’atto.

2.- Il secondo motivo deduce omesso esame, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., circa i seguenti fatti decisivi che sono stati oggetto discussione tra le parti: le giustificazioni rassegnate dal lavoratore in data 22.11.18 e 3.12.2018; la denuncia contro ignoti sporta dal lavoratore in data 1.12.2018; la circostanza che il lavoratore fosse ancora in possesso del proprio badge e che lo stesso funzionasse ritualmente.

3.- I motivi possono essere decisi unitariamente per connessione e vanno dichiarati inammissibili, sia perché le censure esposte in ricorso mirano in realtà a contrapporsi all’accertamento di merito, pretendendo di imporre una propria interpretazione sul contenuto della contestazione rivolta al lavoratore a preferenza di quella correttamente individuata dai giudici di merito, sia perché non tengono conto del contenuto complessivo della decisione con cui la Corte ha pure in realtà escluso in fatto qualsiasi ipotesi truffaldina.

4.- In primis, la Corte d’appello ha richiamato il contenuto testuale della contestazione elevata al lavoratore a cui era stato addebitato il seguente fatto: “in data (omissis) ha avvisato a mezzo sms  su  whatsapp il referente del cantiere, ing. (omissis) (omissis) un’ora prima circa dell’inizio del suo turno – 16,00 -20,14 – di aver avuto un guasto all’autovettura che le impediva di raggiungere il luogo di lavoro. Tuttavia dalla verifica dei cartellini del mese di ottobre 2018 è emerso che Lei nella medesima giornata ha timbrato l’ingresso al lavoro alle l6:05”.

Quindi la Corte ha affermato che, alla luce del tenore testuale della contestazione, al lavoratore non sarebbe mai stata addebitata alcuna condotta truffaldina in quanto la società avrebbe ritenuto disciplinarmente rilevante solo l’aver telefonato al referente per comunicare l’assenza e poi l’aver timbrato l’ingresso all’auto.

5.- Alcuna regola di interpretazione degli atti negoziali ha violato in proposito la Corte di merito allorché, alla luce della contestazione, per come risulta dal contenuto testuale sopra riportato, ha correttamente escluso che fosse stato mai contestato al lavoratore sia di essersi avvalso della compartecipazione di un terzo che avrebbe timbrato in sua vece il badge (terzo che non è stato mai in alcun modo evocato nella contestazione dove si dice invece “Lei ha timbrato”) sia di aver messo in atto in prima persona una condotta truffaldina (posto che non vi è cenno di artifizi né di raggiri).

6.- Inoltre la Corte di appello ha pure escluso nel merito l’esistenza di qualsiasi condotta di tale natura.

Ha ricordato in proposito che il ricorrente avesse accettato la regolazione sul piano contrattuale dello stesso episodio come permesso non retribuito, giusta l’imputazione decisa dalla datrice di lavoro a seguito dell’avvio al lavoro del lavoratore; ha accertato pure che in base agli atti (attraverso gli “stringenti controlli” effettuati sugli ingressi presso (omissis) aereonautica nel periodo dei fatti per cui è causa; stante “il controllo specifico dell’identificazione personale dei soggetti che accedono da parte di personale militare” il ricorrente nella giornata in questione e nel momento indicato non si fosse recato nel cantiere, né che altri nel momento della timbratura si fossero recati in azienda in sostituzione del ricorrente.

7.- Come già osservato, il tentativo della ricorrente di introdurre nella contestazione l’ipotesi della compartecipazione di un terzo risulta inammissibile sia perché tende a contrapporsi alla corretta valutazione circa la identificazione del contenuto della contestazione operata dal giudice di merito; sia perché si tratta di un’ipotesi che lo stesso giudice di merito ha escluso come verosimile a lume di logica, oltre che alla stregua di tutti i fatti accertati in giudizio.

Essa ha in particolare osservato come fosse “del tutto escluso che il ricorrente abbia avuto accesso in (omissis) il 31/10/2018 dopo aver comunicato (omissis) il guasto alla propria macchina e quindi di non poter andare al lavoro; non c’è alcuna prova di alcun tipo, anzi vi è la prova positiva che egli non fosse presente nelle rilevazioni effettuate (omissis). Null’altro è oggetto di contestazione.

D’altro canto, è del tutto irrazionale una diversa ricostruzione dei fatti anche a voler, solo per mero esercizio, accedere alla diversa tesi sposata dal primo giudice.

Infatti, se anche fosse stato vero che il ricorrente avesse delegato un collega a registrare la presenza al suo posto davvero non si comprende perché non avrebbe potuto avvisarlo, così come ha fatto con l’ing (omissis) nel momento in cui gli si era rotta l’auto.

Tutte le circostanze acquisite al giudizio escludono una circostanza del genere si sia verificata e non solo che ve ne sia prova.

Osserva il collegio come non sia compatibile l’intento di truffare il datore di lavoro facendosi registrare da terzi una presenza fasulla, con il fatto che sia stato lo stesso lavoratore a comunicare al datore di lavoro la sua assenza.”

8.- Pertanto, alla stregua delle premesse svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

9.- Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella misura in dispositivo liquidata, con distrazione al difensore antistatario, secondo la sua richiesta; con raddoppio del contributo unificato, ove spettante, nella ricorrenza  dei  presupposti  processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M .

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, con distrazione al difensore della controricorrente antistatario.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso nella Adunanza camerale del 4.7.2023.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.