Con la depenalizzazione delle violazioni delle norme anti-Covid, la condanna va annullata (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 1 marzo 2021, n. 7988).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente –

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere –

Dott. MENICHETTI Carla – Rel. Consigliere –

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS) FABRIZIO nato a (OMISSIS) il 27/10/1976;

(OMISSIS) MARA nata a (OMISSIS) il 02/01/1974;

avverso la sentenza del 25/03/2020 del TRIBUNALE di BERGAMO;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Carla MENICHETTI;

lette/sentite le conclusioni del PG.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in data 25 marzo 2020, il Tribunale di Bergamo applicava a (omissis) Fabrizio e (omissis) Mara la pena concordata tra le parti in relazione ai reati di cui agli artt. 81 cpv., 110, 61 n. 5, 624-bis, 650, 497 c.p. e 4 I. n. 110/1975.

2. Hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati.

Il difensore di (omissis) Fabrizio lamenta con un unico motivo, erronea applicazione della legge penale, per mancata assoluzione dalla contravvenzione di cui all’art. 650 c.p., richiamata dall’art. 4, comma 2, d.p.c.m. 8 marzo 2020, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Osserva che il Tribunale di Bergamo è pervenuto alla declaratoria di responsabilità dell’imputato anche con riferimento al reato di cui all’art. 650 c.p., in applicazione di quanto disposto dal d.p.c.m. richiamato (secondo cui “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, come previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6”), senza considerare che a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020, in applicazione del combinato disposto dai commi 1 e 8 dell’art. 4, la condotta attribuita al ricorrente è divenuta illecito amministrativo, anche con riguardo alle condotte antecedenti l’entrata in vigore del decreto medesimo, ossia il 26 marzo 2020.

La difesa di (omissis) Mara deduce invece erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 61 n. 5 c.p., mancata esclusione dell’aggravante della minorata difesa ed erronea qualificazione giuridica del fatto ex art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

3. Il Procuratore Generale in sede, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del (omissis) Fabrizio è fondato.

2. La disposizione dell’art. 3, comma 4, del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 – che qualificava “reato” punibile ai sensi dell’art. 650 c.p. il mancato rispetto delle misure di contenimento emanate per fronteggiare lo stato di emergenza dovuto alla diffusione del Covid-19 – è stata sostituita dall’art. 4, comma 1, del d.l. 25 marzo 2020, n. 19, in vigore dal giorno successivo e convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, che ha depenalizzato, trasformandola in illecito amministrativo, la condotta di mancato rispetto delle citate misure di contenimento.

Poiché nella sentenza impugnata non è dato comprendere la porzione di pena applicata dal Tribunale per tale condotta e comunque non vi è possibilità di modificare il patto intervenuto tra le parti, la sentenza medesima deve essere annullata senza rinvio e gli atti restituiti al Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso.

3. Quanto al ricorso della (omissis) Mara, se ne deve rilevare la originaria inammissibilità.

Giova infatti ricordare che in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza, è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato.

Deve trattarsi cioè di un caso in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendosi in particolare escludere l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (Sez. 7, ord. n. 39600 del 10/09/2015, Rv. 264766 e ord. n. 3108 del 08/01/2018, Rv. 272252; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Rv. 279842).

Tuttavia, il motivo di ricorso del (omissis) riverbera i suoi effetti anche sulla posizione della coimputata.

Ciò per due considerazioni.

La prima riguarda l’interpretazione data dalla Corte di legittimità all’art.609, comma 2, c.p.p., secondo cui “L’inammissibilità del ricorso per cassazione, per qualunque causa essa sia ritenuta, non impedisce la possibilità di dichiarare la depenalizzazione del reato nel frattempo intervenuta” (Sez. 2, n. 48552 del 10/09/2018, Rv. 274241), così da superare, nel caso di specie, la disparità di trattamento che altrimenti si attuerebbe tra i due coimputati.

La seconda attiene al principio generale di cui all’art. 587 c.p.p., intitolato alla estensione dell’impugnazione, secondo cui, ai fini della operatività di tale istituto “deve considerarsi non ricorrente anche il coimputato presente nel giudizio di cognizione che non abbia impugnato il punto della decisione annullata dalla Suprema Corte in accoglimento di motivi non esclusivamente personali proposti da altro imputato” (Sez. 2, n. 4159 del 12/11/2019, Rv. 278226).

4. Ne deriva l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di entrambi gli imputati e la restituzione degli atti al Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso.

Così deciso il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1° marzo 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.