REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
ALESSANDRO LUIGI SCARANO Presidente
CRISTIANO VALLE Consigliere
STEFANIA TASSONE Consigliere – Rel.
GIUSEPPE CRICENTI Consigliere
MARILENA GORGONI Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2489/2021 R.G. proposto da:
POSTE ITALIANE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, viale (omissis), n. 190, presso l’avvocato (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (omissis) (omissis), giusta procura speciale a margine del ricorso.
-ricorrente-
contro
(omissis) Avv. (omissis), in proprio, domiciliato ex lege in Roma, piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione.
-controricorrente-
avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza n. 983/2020 depositata il 10/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal Consigliere dr.ssa STEFANIA TASSONE.
SVOLGIMENTODEL PROCESSO
1. Il signor (omissis) (omissis), recatosi all’ufficio postale per ritirare sette avvisi di ricevimento di sette atti giudiziari, si vedeva chiedere l’importo di euro 31,02 a titolo di costo delle sette raccomandate CAD che l’ufficiale giudiziario aveva emesso, essendovi tenuto ex lege.
Il (omissis) rifiutava il pagamento, non ritirando i sette avvisi di ricevimento, in relazione ai quali chiedeva ed otteneva dal Giudice di Pace di Acri decreto ingiuntivo di consegna.
Avverso tale decreto ingiuntivo proponeva opposizione la società Poste Italiane s.p.a.
2. Con sentenza del 21 marzo 2017 il Giudice di Pace di Acri accoglieva l’opposizione, affermando la carenza di legittimazione passiva della società Poste Italiane s.p.a.
3. Avverso tale sentenza l’avvocato (omissis) proponeva appello. Con sentenza n. 983/2020 del 9 giugno 2020 il Tribunale di Cosenza accoglieva il gravame, rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo opposto.
4. Avverso tale sentenza la società Poste Italiane s.p.a. propone ora ricorso per cassazione, affidate a due motivi. Resiste con controricorso il (omissis).
5. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1, cod. proc. civ.
Il controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVIDELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione di norme di legge (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) con riferimento all’art. 1 della legge 20.11.1982, n. 890)”.
Lamenta che erroneamente il giudice di appello non ha considerato che in caso di notifica di atto giudiziario l’ufficiale postale è un mero ausiliario dell’ufficiale giudiziario, sicché il rapporto si instaura unicamente tra l’avvocato richiedente la notifica e l’Ufficio UNEP, che effettua il servizio di notifica e, ove non effettui la notifica a mani, può ricorrere alla notifica a mezzo posta. Si duole che erroneamente il giudice di appello non abbia pertanto affermato il suo difetto di legittimazione passiva.
2. Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’agente postale è un ausiliario dell’ufficiale giudiziario (v. Cass., 18/2/2015, n. 3263) , e pertanto, “in tema di notificazioni a mezzo posta, il relativo servizio si basa su di un mandato ex lege tra colui che richiede la notificazione e l’ufficiale giudiziario che la esegue, eventualmente avvalendosi, quale ausiliario, dell’agente postale, nell’ambito di un distinto rapporto obbligatorio, al quale il notificante rimane estraneo.
Ne consegue che, in caso di ritardo nella consegna dell’avviso di ricevimento relativo alla notifica di atti giudiziari effettuati a mezzo posta, nei confronti del richiedente la notifica risponde, ai sensi dell’art. 1228 cod. c iv ., esclusivamente l’ufficiale giudiziario, non anche l’agente postale del quale costui si avvalga” (così Cass., 12/02/2018, n. 3292; Cass., 24/11/2021, n. 36505).
Tale principio è stato esplicitamente confermato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 477/2002; Corte Cost., n. 28/2004), che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4, comma 3, legge n. 890 del 1982 (notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona -per il notificante- alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario, anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, ha appunto affermato che gli effetti della notificazione a mezzo posta devono essere ricollegati -per quanto riguarda il notificante- al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari – quale appunto l’agente postale – sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo.
3.1. Dunque, per quanto attiene al rapporto obbligatorio, questo si instaura tra il richiedente la notificazione e l’ufficiale giudiziario, mentre l’agente postale è un semplice ausiliario cui può (anzi deve, in caso di notificazione da eseguirsi fuori del Comune ove ha sede l’ufficio) far ricorso l’ufficiale giudiziario incaricato della notificazione.
La legge n. 890 del 1982 prevede infatti che l’ufficiale giudiziario possa avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti; che debba procurarsi buste ed avvisi di ricevimento per effettuare le notificazioni a mezzo posta; che debba presentare all’ufficio postale la copia dell’atto da notificare e debba conservare la ricevuta di spedizione.
Risulta pertanto evidente che tra l’ufficiale giudiziario e l’agente postale intercorre un rapporto obbligatorio, sulla cui base l’agente postale, in qualità di ausiliario, adempie al suo incarico, ed è all’ufficiale giudiziario che l’agente postale deve rispondere.
L’art. 6 L. n. 890 del 1982 conferma l’indicata ricostruzione, in quanto prevede che il pagamento della indennità per lo smarrimento dei pieghi “è effettuato all’ufficiale giudiziario”, il quale ne corrisponde l’importo “alla parte che ha richiesto la notificazione dell’atto, facendosene rilasciare ricevuta”.
Nei confronti dei terzi (tra i quali è compreso, ovviamente, il richiedente la notificazione), in caso di ritardo nella spedizione o nel recapito dell’atto notificato a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 1228 cod. civ. risponde pertanto solo l’ufficiale giudiziario che dell’agente postale si è avvalso quale ausiliario.
In sostanza, la chiara dizione contenuta nelle norme di cui alla legge n. 890/1982 consente di dare questa spiegazione: il servizio di notificazione si basa su di un mandato ex lege tra l’avvocato che richiede la notificazione e l’Ufficio notifiche che presta il servizio.
4. Orbene, là dove ha affermato “va riconosciuta la legittimazione passiva di Poste Italiane, quale soggetto tento alla consegna degli avvisi di ricevimento e che ha avanzato la richiesta di pagamento al difensore”, la corte territoriale non ha fatto buon governo dei suindicati principi.
5. Dell’impugnata sentenza, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo [con il quale la ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione di norme di legge (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) con riferimento all’art. 2, comma 4-bis, del d.l. 14.3.2005, n. 35 convertito in legge 14.05.2005, n. 80)”, lamentando che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto che una missiva, a carattere esplicativo, inviata dall’avvocato (omissis) all’ufficio postale avesse valenza sostitutiva dell’assenza del timbro “atti esenti” sul plico], s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio al Tribunale di Cosenza, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione dei suindicati disattesi principi.
6. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo.
Cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Cosenza in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Suprema Corte di cassazione, il giorno 19 marzo 2024
Il Presidente
Alessandro Luigi Scarano
Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2024.