Nulla la multa fatta con apparecchio autovelox non omologato ma solo approvato (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 18 aprile 2024, n. 10505).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.miSigg.ri Magistrati:

Lorenzo ORILlA     – Presidente –

Mario BERTUZZI   – Consigliere –

Aldo CARRATO      – Consigliere – Rel. –

Vincenzo PICARO – Consigliere –

Cristina AMATO    – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 19833/2022) proposto da:

COMUNE DI TREVISO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta su foglio materialmente allegato al ricorso, dagli Avv.ti (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) (quest’ultimo poi rinunciante) e con indicazione del suo domicilio digitale all’indirizzo pec: (omissis);

– ricorrente

contro

Avv. (omissis) (omissis) rappresentato e difeso da sé stesso ai sensi dell’art. 86 c.p.c. e con indicazione del domicilio digitale all’indirizzo pec: (omissis);

– controricorrente

  Avverso la sentenza del Tribunale civile di Treviso n. 2046/2021 (pubblicata il 2 dicembre 2021);

  udito la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 febbraio 2024 dal Consigliere relatore dr. Aldo Carrato;

  lette le memorie di entrambe le parti.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso in appello, il Comune di Treviso impugnava la sentenza n. 648/2021 del locale Giudice di Pace, con la quale era stata accolta l’opposizione di (omissis) (omissis) avverso il verbale di accertamento della Polizia locale di Treviso in ordine alla violazione dell’art. 142, comma 8, c.d.s., per aver superato, con il suo veicolo, il limite di velocità (viaggiando a 97 km orari) su una strada tangenziale in cui era prescritto il limite di 90 Km orari, con  accertamento eseguito a mezzo apparecchiatura RED & SPEED-EVO-L2 (matr. 179) installata in postazione fissa, di proprietà dell’Amministrazione comunale di Treviso.

II Tribunale di Treviso rigettava l’appello con sentenza n. 2046/2021 (pubblicata il 2 dicembre 2021), confermando la legittimità della pronuncia di primo grado, con la quale era stato annullato il verbale opposto, poiché l’accertamento dell’indicata infrazione era avvenuto con la citata apparecchiatura elettronica senza che fosse stata preventivamente omologata ai sensi di legge, non risultando rilevanza allo scopo la mera approvazione preventiva di tale mezzo di rilevazione, siccome non equipollente all’omologazione ministeriale, posto che quest’ultima autorizza la riproduzione in serie del prototipo di un apparecchio testato in laboratorio, mentre la semplice approvazione è riconducibile ad un procedimento di tipo semplificato che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o previste da particolari previsioni del regolamento.

2. Contro la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato un unico complesso motivo, il Comune di Treviso.

Ha resistito con controricorso l’intimato (omissis) (omissis).

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il proposto motivo, il ricorrente Comune di Treviso ha denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 142, comma 6, 45, comma 6, e 201, comma 1-ter, c.d.s. 1992, nonché degli artt. 345, comma 2, e 192, commi 2, 3 e 4, del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo c.d.s. (d.P.R. n. 495/1992), oltre che dell’art. 4, comma 3, d.l. n. 121/2002 e del D.M. n.  282 del 13.06.2017 (art. 1 e relativo allegato, capo 1). Ha, inoltre, dedotto la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1, comma 1, e 140, comma 1, del c.d.s., c.d. “ponente ii principio di sicurezza della circolazione’

II ricorrente ha – nel suo complesso – inteso confutare la sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto equivalenti i procedimenti di approvazione e di omologazione al fine di considerare legittimo l’accertamento della violazione di cui all’art. 142 c.d.s. sul superamento dei limiti di velocità eseguito – nel caso di specie – con apparecchio autovelox (del tipo di quello indicato in narrativa) non omologato ma assoggettato a regolare approvazione, assumendo che tale distinzione non trova riscontri nel coacervo normativo innanzi richiamato.

A tal proposito l’Ente territoriale sostiene che il disposto dell’art. 142, comma 6, c.d.s., pur discorrendo della necessità che lo strumento di misurazione elettronico della velocita debba essere “debitamente omologato”, non specifica in cosa consista tale operazione, dovendo, perciò, desumersene il contenuto sulla scorta del coordinamento sistematico di altre disposizioni normative di riferimento, e, specificamente, di quelle di cui all’art 45, comma 6, e 201, comma 1-ter, c.d.s., oltre che di quella prevista dall’art. 4, comma 3, d.I. n. 121/2002, le quali prescrivono indifferentemente l’approvazione o l’omologazione.

Tale risultato interpretativo – secondo l’ottica ermeneutica del ricorrente sarebbe avvalorato anche dal testo dell’art. 192, comma 2, del d.P.R. n. 495/1992, il quale prevede che il prototipo di mezzi tecnici per l’accertamento ed il rilevamento automatico delle violazioni viene omologato qualora se ne verifichi la rispondenza alle prescrizioni stabilite nello stesso testo normativo, mentre in assenza di prescrizioni il prototipo viene approvato seguendo – per quanto possibile – il procedimento dettato per l’omologazione.

Ad analoga conclusione – ad avviso del Comune ricorrente – dovrebbe giungersi anche considerando quanto sancito nel parere del Ministero dei Trasporti del 22 marzo 2007, nella nota del 31 maggio 2017 dello stesso Ministero e nella circolare n. 8176/2020 del Ministero delle infrastrutture e trasporti (alla stregua dei quali i termini “approvazione” e di “omologazione” andrebbero qualificati come sinonimi o equivalenti).

2. II motivo è infondato.

Premesso che è pacifico che l’apparecchio autovelox utilizzato per l’accertamento a carico del (omissis) non era omologato, la questione diritto sottoposta all’attenzione del Collegio consiste nello stabilire se possa ritenersi, sul piano giuridico, equipollente all’omologazione la sola preventiva approvazione dell’apparecchio (procedimento al quale, invece, lo stesso strumento elettronico era stato – altrettanto incontestatamente sottoposto nel caso in discorso).

Per affrontare adeguatamente la specifica tematica che viene in rilievo in questa sede è necessario porre, imprescindibilmente, riferimento alle norme legislative di ordine primario (prevalenti su quelle secondarie e di carattere regolamentare-amministrativo), e, sulla base delle stesse, partire da due argomentazioni indiscutibili:

– la prima è che, letteralmente, l’art. 142, comma 6, d.s. parla solo di “apparecchiature debitamente omologate”, le cui risultanze – si sottolinea sono considerate “fonti di prova” per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità (la stessa espressione – sempre in funzione della valutazione della legittimità dell’accertamento – si rinviene, peraltro, nell’art. 25, comma 1, a) della legge n. 120/2010, con la quale ne è stato previsto l’inserimento nel comma 1 dello stesso art. 142 c.d.s., con riguardo ai tratti autostradali);

– la seconda è che il complementare ed esplicativo art. 192 del regolamento di esecuzione e di esecuzione del c.d.s. (d.P.R. n. 495/1992) il quale disciplina i “controlli ed omologazioni” (in attuazione della norma programmatica di cui all’art. 45, comma 6, d.s.) – contempla distinte attività e funzioni dei procedimenti di approvazione e di omologazioni (donde la differenza dei conseguenti effetti agli stessi riconducibili).

Infatti, il suo secondo comma stabilisce che:

L’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del Ministero dei lavori pubblici accerta, anche mediante prove, e avvalendosi, quando ritenuto necessario, del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici la rispondenza e la efficacia dell’oggetto di cui si richiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole (…).

Già da questa disposizione si evince che il procedimento di approvazione costituisce un passaggio propedeutico (ma comunque dotato di una propria autonomia) al fine di procedere all’omologazione (costituente, perciò, frutto di un’attività distinta e consequenziale) dell’apparecchio di rilevazione elettronica della velocità.

II terzo comma dello stesso articolo sancisce che:

Quando trattasi di richiesta relativa ad elementi per i quali ii presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni, il Ministero dei lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2.

II comma settimo del medesimo articolo prevede, poi, che:

Su ogni elemento conforme al prototipo omologato o approvato deve essere riportato il numero e la data del decreto ministeriale di omologazione o di approvazione ed ii nome del fabbricante.

É, quindi, condivisibile la motivazione della sentenza impugnata che ha operato la distinzione tra i due procedimenti di approvazione e omologazione del prototipo, siccome aventi caratteristiche, natura e finalità diverse, poiché l’omologazione ministeriale autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, con attribuzione della competenza al Ministero per lo sviluppo economico, nel mentre l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento.

L’omologazione, quindi, consiste in una procedura che – pur essendo amministrativa  (come  l’approvazione) ha anche natura necessariamente tecnica e tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato, requisito, questo, che costituisce l’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento stesso, a cui pone riguardo la norma generale di cui al comma 6 dell’art. 142 c.d.s. (funzionalità che, peraltro, a fronte di contestazione del contravventore, deve essere comprovata dalla P.A. dalla quale dipende l’organo accertatore, secondo l’ormai univoca giurisprudenza di questa Corte: cfr., da ultimo, cass. n. 14597/2021).

Oltretutto, anche recentemente, è stato precisato che in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio di misurazione della velocita, il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate, puntualizzandosi – si badi – che detta prova non può essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità né la prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità e sulla stessa  affidabilità  dello strumento di rilevazione elettronica e ricavabile dal verbale di accertamento (cfr. cass. n. 3335/2024).

Naturalmente non possono avere un’influenza sul piano interpretativo – a fronte di una chiara ermeneusi basata sulle fonti normative primarie – le circolari ministeriali evocato dal ricorrente, le quali sembrerebbero avallare una possibile equipollenza tra omologazione ed approvazione, basata, però, su un approccio che, per l’appunto, non trova supporto nelle suddette fonti primarie e che, in quanto tali, non possono derogate da fonti secondarie o da circolari di carattere amministrativo.

Alla stregua di queste ultime l’art. 142, comma 6, c.d.s. andrebbe “letto in connessione con l’art. 45, comma 6, dello stesso c.d.s., ove si pone riferimento esplicito ai mezzi tecnici atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni, per i quali è prevista la procedura dell’approvazione ovvero dell’omologazione, secondo le modalità indicate dall’art. 192 del regolamento di esecuzione e attuazione”.

Senonché, è evidente che il citato art. 45, comma 6, c.d.s. – per quanto già posto in risalto in precedenza – non opera alcuna equiparazione tra approvazione e omologazione.

Al contrario, esso distingue nettamente i due termini, da ritenersi perciò differenti sul piano formale e sostanziale, giacche intende riferirsi a tutti i “mezzi tecnici atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni”, taluni dei quali destinati ad essere necessariamente omologati (quali, per l’appunto, i dispositivi demandati specificamente al controllo della velocità, stante l’inequivocabile precetto 142, comma 6, c.d.s., laddove l’utilizzo dell’espressione “debitamente omologati” impone necessariamente la preventiva sottoposizione del mezzo di rilevamento elettronico a tale procedura e che, solo se assolta, e idonea a costituire “fonte di prova” per il riscontro del superamento dei prescritti limiti di velocita: in claris non fit interpretatio) e altri per i quali è sufficiente la semplice approvazione (perciò, certamente non bastevole, da sola, per far considerare legittimo l’accertamento della velocità veicolare a mezzo autovelox).

3. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, al quesito va data risposta negativa e pertanto il ricorso deve essere respinto.

In virtù della novità della questione (sottoposta, in modo diretto ed approfondito, per la prima volta all’esame di questa Corte), obiettivamente controvertibile (anche per quanto emergente dalla non univoca giurisprudenza di merito formatasi al riguardo, per come dà atto anche la sentenza qui impugnata) e di rilevante impatto pratico nella materia generale della circolazione stradale, si ritiene che sussistano le condizioni per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio.

Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’ente ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di  contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Cosi deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, in data 29 febbraio 2024.

II Presidente

Lorenzo Orilia

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.