Omessa denuncia di reato da parte del Pubblico Ufficiale (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 12 maggio 2020, n. 14709).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Rel. Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

IONTA CIRO nato a NAPOLI il 09/01/1957;

MARTIGNETTI GIAN LUCA nato a AVELLINO il 16/08/1974;

avverso la sentenza del 16/12/2018 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Pierluigi DI STEFANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa Elisabetta CESQUI che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per il reato di cui all’art. 361 in quanto estinto per prescrizione con rideterminazione della pena in anni 2 e mesi 3 ed in subordine rinvio per riduzione della pena per Ionta Ciro; e chiedendo il rigetto del ricorso per Martignetti Gianluca.

Uditi l’avvocato LUIGI LEO per IONTA e l’avvocato CAPONE per MARTIGNETTI che si riportano ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 novembre 2018 la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Lucca del 10 luglio 2014 che dichiarava Ionta Ciro, comandante della Stazione dei Carabinieri di Camaiore, e Martignetti Gianluca, Brigadiere in servizio presso la stessa Stazione, colpevoli del delitto di favoreggiamento personale nei confronti del responsabile dell’ omicidio volontario di Romanini Stefano nonché Ionta colpevole anche del reato di omessa denuncia.

L’omicidio di Romanini Stefano avveniva in Camaiore l’8 febbraio 2011.

Nel corso delle successive indagini, secondo l’accusa, Ionta e Martinelli omettevano di riferire circostanze rilevanti ai fini delle indagini sia alla polizia giudiziaria che al pubblico ministero. In particolare, non era stato riferito che Romanini Roberto, cugino della vittima, aveva segnalato l’anno precedente che la vittima era sottoposta ad usura e che aveva subito un attentato con colpi di arma da fuoco contro la propria autovettura.

Tali condotte erano ritenute sia essere finalizzate ad aiutare gli autori dell’omicidio ad eludere le investigazioni che integrare l’omissione di denuncia obbligatoria.

L’omissione di denuncia era riferita anche a non essere stata formalizzata la denunzia orale ricevuta da Romanini Roberto che aveva dichiarato di avere subito una truffa di rilevante gravità, quindi procedibile a querela, da parte di Romanini Stefano.

1.1 La Corte di Appello nel rigettare le impugnazioni confermava innanzitutto la utilizzabilità delle intercettazioni pur disposte nel diverso procedimento per l’omicidio, ritenendo non operante il divieto di utilizzazione di cui all’art. 270 cod. proc. pen. trattandosi di un caso in cui «la notitia criminis è scaturita dallo stesso filone investigativo del processo per omicidio» e che vi è «una strettissima connessione obiettiva, probatoria e finalistica tra i reati formalmente iscritti con numeri diversi, i quali sono senza alcun dubbio emersi dalle stesse indagini».

Nel merito, riteneva adeguatamente dimostrata la condotta degli imputati ritenendo in particolare rilevanti le dichiarazioni di Romanini Roberto, imputato in procedimento connesso, «ritenute ragionevoli e credibili, in quanto sono state sottoposte al vaglio stabilito dall’art. 192, comme 3, cod. proc. pen. e sono risultate riscontrate da elementi obiettivi esterni e individualizzanti».

Entrambi gli imputati propongono ricorso contro tale decisione.

2. Ionta deduce:

– violazione degli artt. 606, lett. d), e 238, comma 1, cod. proc. pen. perché il collegamento tra procedimento in corso e quello innanzi alla Corte di Assise di Lucca relativo all’omicidio di Romanini Stefano imponeva l’acquisizione del relativo fascicolo.

– violazione degli artt. 606, lett. b), cod. proc. pen. e 361 cod. pen. in quanto «il reato di omessa denunzia è insussistente per carenza di elementi minimi indispensabili a qualificare notizia reato dubbie e sospette confidenze» – Violazione degli artt. 606, lett. b), cod. proc. pen. e 378 cod. pen.

– violazione dell’art. 606, lett. c), cod. proc. pen. e inutilizzabilità delle intercettazioni. – Violazione degli articoli 606, lett. b), cod. proc. pen. e 131 bis cod. pen.

– violazione degli artt. 606, lett. B, cod. proc. pen. e 62 bis cod. pen.

3. Martignetti Gianluca deduce:

– violazione dell’art. 270 cod. proc. pen.

– inutilizzabilità delle intercettazioni disposte in altro procedimento.

– violazione di legge nella valutazione della prova.

Ritiene inutilizzabili quali prova i fogli di carta provenienti da una agenda ritenuta redatta da Romanini Stefano in assenza di una perizia grafologica.

Ritiene, inoltre, erronea la valutazione delle intercettazioni – Chiede il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la rideterminazione della pena -.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono fondati.

1. Va premesso che per il reato di cui al capo b) si è realizzata la prescrizione al 10 agosto 2019, data indicata espressamente nella sentenza, considerati anche i periodi di sospensione.

Tale causa di estinzione va dichiarata con immediatezza e preclude la decisione nel merito sui motivi relativi alla sussistenza o meno di tale reato in quanto l’eventuale accoglimento dei motivi come formulati renderebbe necessario l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio, come noto non compatibile con l’obbligo di dichiarazione immediata delle cause di estinzione del reato ex art. 129 cod. proc. pen.

2. Quanto al capo a), sono fondati innanzitutto i motivi relativi alla utilizzabilità delle intercettazioni.

Va premesso che la decisione adottata in fase cautelare, con la dichiarazione di inutilizzabilità delle intercettazioni, non vincola affatto il giudice del merito e, sotto questo profilo, i motivi sono infondati. Risultano, invece, fondati i motivi per la parte in cui si contesta la utilizzabilità delle intercettazioni, questione non risolta dalla motivazione della sentenza impugnata.

Dal testo della sentenza, peraltro, tali intercettazioni risultano fondamentali al fine di ricostruire la condotta dei due imputati.

2.1 La Corte di Appello dà atto che si è in presenza di intercettazioni non disposte per i reati per cui si procede in questa sede; poi, però, si limita ad affermare apoditticamente la sussistenza della identità del procedimento che, ai sensi dell’ art. 270 cod. proc. pen., consente la estensione della utilizzazione delle intercettazioni sulla scorta di affermazioni generiche.

La sentenza difatti si limita ad affermare che vi è una notizia di reato derivante dallo stesso “filone investigativo”, espressione che non è in alcun modo in grado di distinguere se ricorra uno dei vari casi di connessione ex art. 12 cod. proc. pen., una ipotesi di connessione probatoria o se vi sia una totale assenza di collegamento con i reati per i quali fu autorizzato l’ascolto.

Si impone quindi l’annullamento, dovendo il giudice di rinvio attenersi alla regola di cui all’art. 270 cod. proc. pen. attualmente vigente, che consente l’utilizzazione delle intercettazioni disposte in un diverso procedimento, fuori dai casi di reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, solo quando ricorrano le ipotesi di connessione ex art. 12 cod. proc. pen.

3. Quanto alle altre questioni, rileva innanzitutto il tema della utilizzazione delle dichiarazioni di Romanini Roberto, posto nell’ambito del primo motivo del ricorso di Ionta.

Nel testo della sentenza si legge chiaramente che era un dato acquisito agli atti che costui era processato quale responsabile dell’omicidio di Romanini Stefano (senza verificarne l’esito).

Nel dato contesto, è mancata la doverosa valutazione della sua attendibilità nel riferire circostanze a carico degli imputati, nonostante tali circostanze fossero evidentemente collegate alla vicenda dell’omicidio e di un primo attentato contro la medesima vittima; era quindi ragionevole ipotizzare un interesse a riferire circostanze non veritiere in tutto od in parte per la incidenza sull’accertamento della propria responsabilità.

Tale valutazione di attendibilità non poteva allora essere risolta, soprattutto a fronte della impugnazione sulla affidabilità della ricostruzione probatoria, con la mera affermazione della ragionevolezza e credibilità delle dichiarazioni stesse, del tutto avulsa da alcuna valutazione del caso concreto.

3.1 È fondato anche il motivo in ordine alla configurabilità del reato di favoreggiamento personale.È pacifico che il reato è contestato con riferimento alla condotta successiva all’omicidio, poiché l’aiuto alla elusione delle indagini riguardava soltanto tale vicenda.

Va rammentato che il reato di favoreggiamento consiste in una condotta che ha l’obiettivo carattere di favorire colui che sia sottoposto ad investigazioni con esclusione, quindi, delle condotte che siano mirate esclusivamente al conseguimento di interessi propri (si veda, più ampiamente, in Sez. 6, n. 15923 del 05/03/2013, Di Mauro, Rv. 2547070).

Dalla motivazione è invece evidente che la Corte di Appello si è limita a prendere atto che gli imputati non fornivano le informazioni in loro possesso utili per lo svolgimento delle indagini senza considerare se si trattasse di una condotta mirata a favorire la elusione delle indagini.

A tale obiettiva carenza nella descrizione della realizzazione della condotta tipica, descrizione tanto più necessaria in un reato a forma libera, si aggiunge anche lo stesso contenuto della sentenza che, in altre parti, fa intendere come l’obiettivo della condotta dei ricorrenti fosse essenzialmente quello di evitare dì autoaccusarsi del reato di cui al capo b), caso nel quale non sarebbe integrato il reato in contestazione.

4. Va quindi disposto annullamento con rinvio dovendo procedersi a nuova valutazione sulla utilizzabilità delle intercettazioni e delle dichiarazioni di Romanini e, se del caso, alla valutazione della sussistenza del reato di favoreggiamento, secondo le regole indicate.

Laddove dovesse essere ritenuta sussistere tale ipotesi, in considerazione dei fatti esposti nella sentenza impugnata, il giudice di rinvio valuterà anche l’eventuale ricorrenza della ipotesi di cui all’art. 384 cod. pen., quanto all’esigenza di evitare un’autoincriminazione per il reato di cui all’art. 361 cod. pen.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza in relazione al reato di cui al capo b) perché estinto per prescrizione.

Annulla altresì la medesima sentenza in relazione al capo a) e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.