Ostia: quel strano vizietto del Generale …

Luigi Pelazza raccoglie la testimonianza di un finanziere che accusa un suo superiore: “Si è autoassegnato da tre anni un’auto blu e due autisti, senza averne diritto”.

Luigi Pelazza incontra quel generale della Finanza di Ostia che prima nega tutto, poi sale sull’auto blu e se ne va …

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Fonte: https://tinyurl.com/tn6g435

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Codice penale:

Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione

Art. 314.
Peculato.

Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi. (1)

Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.

(1) Comma così modificato dall’art. 1, comma 75, lett. c), L. 6 novembre 2012, n. 190 e, successivamente, dall’art. 1, comma 1, lett. d), L. 27 maggio 2015, n. 69.

In materia di giurisprudenza:

Secondo quanto disposto dall’art. 314, co. 2 c.p., si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.

Il peculato d’uso, previsto dall’art. 314, co. 2, c.p., non costituisce un’attenuante del reato di peculato previsto dal comma 1 dello stesso articolo, ma un’autonoma figura delittuosa.

Il reato di peculato d’uso non richiede, per la sua realizzazione, una fuoriuscita della cosa dalla sfera di disponibilità e controllo del proprietario, essendo, al contrario, sufficiente che l’agente si comporti nei confronti della cosa medesima, in modo oggettivamente e soggettivamente provvisorio, uti dominus, realizzando finalità estranee agli interessi del proprietario quali, in particolare, quelle consistenti nel perseguimento di utilità economico patrimoniale proprie dello stesso soggetto agente (Cass. Pen., sez. VI, sentenza 14 febbraio 2000).

L’uso temporaneo del bene pubblico per finalità, reali o supposte, non corrispondenti a quelle istituzionali non sempre è destinato ad integrare la fattispecie del peculato d’uso. Non certamente nei casi in cui un siffatto temporaneo uso, rivelatosi episodico ed occasionale, non risulti caratterizzarsi, quanto a consistenza (distanze percorse) e durata dell’uso, in fatti di effettiva “appropriazione” delle autovetture di servizio, suscettibili di recare un concreto e significativo danno economico all’ente pubblico (in termini di carburante utilizzato e di energia lavorativa degli autisti addetti alla guida) ovvero di pregiudicarne l’ordinaria attività funzionale (Cass. Pen., sez. VI, sentenza 27 ottobre 2010).

Non sussiste il reato di peculato se l’uso privato del bene di servizio è modesto. Così, si è ritenuto che non risponda penalmente il dipendente pubblico che utilizzi in maniera moderata il telefonino assegnatogli per ragioni d’ufficio. Tecnicamente, infatti, mancherebbero in tal caso atti appropriativi di valore economico sufficiente per configurare il delitto di cui all’art. 314 c.p. (Cass. Pen., sez. VI, sentenza 19 ottobre 2010, n. 41709).

Secondo un primo orientamento, la fattispecie di peculato d’uso potrebbe configurarsi solo in relazione a cose di specie e non al denaro, menzionato in modo alternativo solo nel co. 1 dell’art. 314 c.p., e presuppone il possesso momentaneo della “cosa” mobile (Cass. Pen., sez. VI, sentenza 21 maggio 2009, n. 27528).

Una impostazione sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità meno recente, in contrario, ritiene che il peculato di uso sia configurabile anche in relazione a cose fungibili e quindi anche in riferimento al denaro: la suddetta norma infatti non pone alcuna distinzione tra i tipi di “cosa” e d’altro canto la condotta appropriativa in essa configurata è per intero mutuata dal peculato ordinario che può avere ad oggetto anche beni fungibili.

Perché si realizzi tale ipotesi criminosa è peraltro necessario che l’agente subito dopo l’uso ponga in essere immediatamente l’attività diretta a procurarsi il denaro ed operi quindi la restituzione senza soluzione di continuità (Cass. Pen., sez. VI, sentenza 14 marzo 1995, n. 4195, Greco, in Cass. pen. 1996, 1443).