Parafarmacia, titolare non ha colpa nell’illecita vendita di medicinali da banco se inconsapevole (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 20 febbraio 2025, n. 7100).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE PENALE

Composta da

Dott. Ercole Aprile – Presidente –

Dott. Orlando Villoni – Consigliere –

Dott. Ersilia Calvanese – Consigliere –

Dott. Paola Di Nicola Travaglini – Relatore –

Dott. Paolo Di Geronimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nata a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 18/06/2024 del Tribunale di Catanzaro;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

sentita la relazione svolta dalla Consigliera Dott.ssa Paola Di Nicola Travaglini;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Vincenzo Senatore, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

letta la memoria difensiva dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS) (OMISSIS) con la quale replica agli argomenti della requisitoria del procuratore generale, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la pronuncia sopra indicata il Tribunale di Catanzaro dopo avere ritenuto la responsabilità di (OMISSIS) (OMISSIS) per il delitto di esercizio abusivo della professione di farmacista, in quanto la sorella, non abilitata, in sua assenza e nella parafarmacia intestata alla sola imputata, aveva dispensato due farmaci da banco in violazione dell’art. 5, comma 2, d. I. n. 223 del 2006, aveva applicato la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis pen.

2. Avverso la menzionata sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) (OMISSIS) che, a mezzo del difensore, ne ha chiesto l’annullamento deducendo un unico articolato motivo.

Violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la pronuncia impugnata ha ritenuto la responsabilità della ricorrente in assenza di qualsiasi prova in relazione sia alla sua partecipazione, materiale o morale, alla commissione dell’illecito commesso dalla sola sorella in sua assenza, sia alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

In tal modo, la sentenza ha attribuito alla titolare della parafarmacia, non tenuta ad essere presente all’interno dell’attività commerciale ai sensi dell’art. 5, I. n. 223 del 2006, una posizione di garanzia non prevista dalla norma penale rendendola responsabile del fatto altrui.

3. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020 per come prorogata e le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Nel caso oggetto di esame è risultato che (OMISSIS) (OMISSIS) priva dei requisiti, nell’arco di 20 minuti avesse venduto due medicinali da banco nella parafarmacia della sorella, (OMISSIS) (OMISSIS) titolare dell’esercizio commerciale ed unica regolarmente iscritta nell’albo dei farmacisti, in sua assenza.

2.1. La responsabilità penale dell’odierna ricorrente è stata riconosciuta dalla sentenza impugnata sulla base dei dati oggettivi che la parafarmacia fosse aperta e che all’interno vi fosse una persona non abilitata alla somministrazione di farmaci, circostanze tali da denotare «inequivocabilmente la manifestazione del suo [della ricorrente] consenso».

2.2. Costituisce costante orientamento di questa Corte, in tema di esercizio abusivo della professione, che il bene tutelato dal reato sia costituito dall’interesse generale a che determinate professioni vengano esercitate solo da soggetti in possesso di una necessaria competenza tecnica verificata mediante il rilascio di specifica attestazione di idoneità da parte dello Stato o l’iscrizione in un albo o elenco professionale (Sez. 4, 28174 del 23/06/2021, La Torre, Rv. 282051; Sez. 6, n. 12539 del 12/02/2020, Lin, Rv.278731).

2.3. Per detta ragione il delitto di esercizio abusivo della professione costituisce una norma penale in bianco che si salda con altre disposizioni volte a determinare le attività per le quali detto apparato di tutela è predisposto e che, con riferimento alle parafarmacie, è dato dall’art. 5 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 («Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale»), nel testo modificato dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248 che ha previsto la possibilità di vendita di alcuni tipi di medicinali al di fuori delle farmacie (art. 5, comma 1: «Gli esercizi commerciali di cui all’art. 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, 114, possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui all’art. 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l’esercizio e secondo le modalità previste dal presente articolo. E’ abrogata ogni norma incompatibile.».

Con specifico riferimento al soggetto abilitato, il comma 2 del citato art. 5 stabilisce che: «La vendita di cui al comma 1 è consentita durante l’orario di apertura dell’esercizio commerciale e deve essere effettuata nell’ambito di un apposito reparto, alla presenza e con l’assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine».

Ciò vuol dire che nelle parafarmacie, in cui vengono commercializzati beni di varia natura, è necessaria la presenza del farmacista solo quando vengono compravenduti medicinali in quanto per detta attività sono obbligatorie laurea, abilitazione ed iscrizione all’albo professionale dei farmacisti.

D’altro canto, l’art. 348 cod. pen. è volto ad assicurare la tutela di un interesse pubblico in relazione allo svolgimento di attività che possano dirsi esclusive o comunque qualificanti nell’ambito di una determinata professione.

2.4. Ne consegue che, nel caso in esame, sussiste il fatto materiale previsto dalla disposizione penale, in quanto la vendita di medicinali, cioè l’atto riservato in via esclusiva alla categoria professionale dei farmacisti secondo la legge di settore sopra richiamata, è avvenuta da parte di una persona priva dei requisiti menzionati e in assenza della titolare, unica legittimata a provvedervi.

Poiché, però, in concreto non risulta né che la farmacista, odierna ricorrente, avesse determinato, o comunque deliberatamente consentito, l’esecutrice materiale alla commercializzazione dei farmaci, né che avesse impartito direttive affinché lo facesse, deve escludersi che (OMISSIS) (OMISSIS) abbia avuto qualsiasi tipo di responsabilità concorsuale, omissiva o commissiva, rispetto all’esercizio abusivo della professione di farmacista commesso dalla sorella, sia sotto il profilo causale che sotto quello della riferibilità psicologica del reato.

3. Dagli argomenti che precedono consegue che (OMISSIS) (OMISSIS) deve essere assolta dal reato contestatole per non aver commesso il fatto, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver commesso il fatto.

Così deciso il 21 gennaio 2025

Il Consigliere estensore                                                                                            Il Presidente

Paola Di Nicola Travaglini                                                                                        Ercole  Aprile

Depositato in Cancelleria, oggi 20 febbraio 2025.

SENTENZA

Il Funzionario Giudiziario

Dott.ssa Giuseppina Cirimele