REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da:
FILIPPO CASA -Presidente-
BARBARA CALASELICE -Consigliere-
STEFANO APRILE -Relatore-
MICAELA SERENA CURAMI -Consigliere-
PAOLO VALIANTE -Consigliere-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis) nato in Marocco il xx/xx/19xx;
avverso l’ordinanza del 21/02/2024 del TRIBUNALE di MODENA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. STEFANO APRILE;
lette le conclusioni del PG, Dott. Luigi GIORDANO che ha chiesto l’annullamento con rinvio;
dato avviso al difensore;
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Modena, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha, in accoglimento dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. avanzata da (omissis) (omissis), unificato i reati giudicati con due sentenze (1. Sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del GIP del Tribunale di Modena in data 24 novembre 2016, per art. 6, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998 e art. 496 cod. pen., commessi in data 29 gennaio 2014, con condanna alla pena di cinque mesi e venti giorni di reclusione, sostituiti con euro 42.500 di multa – pena sospesa;
2. sentenza del Tribunale di Modena in data 12 dicembre 2018 — confermata dalla Corte d’appello di Bologna in data 8 novembre 2020 —, per lesioni e minaccia, commessi in data 29 gennaio 2014, con condanna alla pena di sei mesi di reclusione) e rideterminato il trattamento sanzionatorio complessivo in nove mesi di reclusione, dei quali tre mesi di reclusione, relativi ai reati giudicati con la sentenza n. 1, sostituiti con la pena della multa di euro 22.500.
2. Ricorre (omissis) (omissis), a mezzo del difensore avv. (omissis) (omissis), che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, sviluppando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di legge, lamentando che il giudice dell’esecuzione, riconoscendo la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’istituto della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. tra le sentenze di condanna, non ha valutato l’eventuale estensione della sospensione condizionale della pena disposta con la prima decisione anche alla seconda.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione di legge, rilevando che il giudice dell’esecuzione, ai fini della determinazione della pena, ha individuato il reato più grave in quello di lesioni oggetto della seconda sentenza dì condanna e per il quale era stata inflitta la pena della reclusione senza considerare che, per effetto dell’art. 2, comma 1, lett. b), del d. Igs. n. 150 del 2022, il delitto rientra ormai nella competenza per materia del giudice di pace, con conseguente illegalità della pena della reclusione inflitta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Va premesso che in data 11 maggio 2024 il Procuratore della Repubblica di Modena ha richiesto al giudice dell’esecuzione la correzione dell’errore materiale contenuto nell’ordinanza impugnata con riguardo alla omessa deliberazione sul beneficio della sospensione condizionale della pena unificata.
Correttamente, il giudice dell’esecuzione, con provvedimento in data 18 marzo 2024, non ha provveduto sull’istanza in considerazione dell’impugnazione del provvedimento cui si riferisce (art. 130, comma 1, secondo periodo, cod. proc. pen.).
2. Il ricorrente e il Procuratore generale hanno sottolineato che le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con pronuncia del 14 dicembre 2023, hanno affermato che «appartiene al giudice di pace, dopo l’entrata in vigore delle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la competenza per materia ex art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 in ordine al delitto di lesione personale di cui all’art. 582 cod. pen., nei casi procedibili a querela, anche quando comporti una malattia di durata superiore a venti giorni e fino a quaranta giorni, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall’ordinamento» (Sez. U, n. 12759 del 14/12/2023 – dep. 2024, L., Rv. 286153).
La Corte ha precisato che, relativamente ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, l’applicazione delle pene previste dal d.lgs. n. 274 del 2000 non è automatica, potendo risultare in concreto più favorevole il trattamento sanzionatorio comminato per i reati di competenza del tribunale in caso di concedibilità della sospensione condizionale della pena e secondo una valutazione da compiere di volta in volta alla luce della singola vicenda processuale.
2.1. Ad avviso del ricorrente e del Procuratore generale di questa Corte il richiamato principio di diritto, affermato nell’ambito del giudizio di cognizione, deve trovare applicazione anche nel caso in esame, nonostante la sentenza di cognizione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022.
Secondo la prospettazione difensiva, dunque, il principio affermato da Sez. U, L., cit. comporta che, nell’ipotesi del delitto dell’art. 582 cod. pen., dal quale siano derivate lesioni per un tempo ricompreso tra venti e quaranta giorni, è illegale la pena della reclusione originariamente inflitta in quanto non prevista tra quelle che possono essere comminate dal giudice di pace; la difesa e il Procuratore generale sottolineano che la detta questione avrebbe potuto essere anche rilevata d’ufficio, persino a fronte di un ricorso inammissibile, in ossequio ai principi espressi dagli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost., come affermato da Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689 – 01.
Una volta determinata la competenza del giudice di pace in relazione al reato per il quale il ricorrente ha riportato condanna, dunque, la pena della reclusione che gli è stata correttamente inflitta nel vigore della precedente disciplina – al cospetto della quale il reato era procedibile d’ufficio e di competenza del tribunale – è divenuta illegale, per l’operare della norma penale successiva più favorevole che, spostando la competenza nell’area di intervento del d.lgs. n. 274 del 2000, determina la necessità di applicare la pena che rientra nel sistema sanzionatorio previsto dall’art. 52 D.Igs. 28 agosto 2000, n. 274.
La pena, infatti, può dirsi «illegale» quando, per specie ovvero per quantità, non corrisponde a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice in questione, così collocandosi al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale, ovvero qualora, comunque, è stata determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una cornice edittale inapplicabile, perché dichiarata costituzionalmente illegittima o perché individuata in violazione del principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole (cfr. Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, R, e Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, entrambe in motivazione).
Con riguardo all’irrevocabilità della decisione di cognizione, secondo il Procuratore generale, sino a quando l’esecuzione della pena è in atto il rapporto esecutivo non può dirsi esaurito, sicché gli effetti della pena illegale devono essere rimossi e il ricorrente ha interesse a far valere l’illegalità della pena determinatasi.
3. L’affermazione in diritto, secondo la quale deve essere rideterminata la pena illegale della reclusione inflitta dal tribunale per un reato di competenza del giudice di pace, è condivisibile, pur dovendosi precisare che, nel caso in esame, il reato di lesioni personali “lievi” (prognosi di cinque giorni) per il quale il ricorrente è stato condannato era già di competenza del giudice di pace alla data della commissione (29 gennaio 2014), sicché le sanzioni applicabili erano soltanto quelle individuate dall’art. 52 del d.lgs. n. 274 del 2000, indipendentemente dalle modifiche normative introdotte dal d.gs. n. 150 del 2022.
In via di premessa, è utile ancora sottolineare, in vista delle possibili evoluzioni del dibattito giurisprudenziale che involge gli artt. 2 cod. pen., 52 e 58 d.lgs. n. 274 del 2000, in relazione all’art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che la questione in esame non riguarda il fenomeno della successione di leggi, ma unicamente la sindacabilità in sede esecutiva della pena illegale inflitta dal giudice della cognizione sotto il vigore dell’apparato sanzionatorio del d.lgs. n. 274 del 2000.
Se, in effetti, non è precipuo il richiamo a Sez. U, L., cit., cui deve farsi comunque riferimento sotto il diverso profilo dei parametri per la rideterminazione della pena, è utile rimarcare che il caso in esame è regolato dal principio espresso da Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689, pur non massimata sul punto.
3.1. Sez. U, Miraglia, cit., ha affermato che «spetta alla Corte di cassazione, in attuazione degli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost. il potere, esercitabile anche in presenza di ricorso inammissibile, di rilevare l’illegalità della pena determinata dall’applicazione di sanzione ab origine contraria all’assetto normativo vigente perché di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale” (Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689).
Il principio è stato affermato in una fattispecie relativa al giudizio di cognizione nel quale si era proceduto all’irrogazione della pena detentiva per il reato dell’art. 582 cod. pen., in luogo delle sanzioni previste, per i reati di competenza del giudice di pace, dall’art. 52, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
La sentenza, che contiene un’ampia e approfondita motivazione, ha, nell’affermare il detto principio, esplicitamente dichiarato (pag. 25) di volersi discostare da Sez. U, n. 47766 del 26/06/2015, Butera, Rv. 265109, ritenendola superata dalla successiva evoluzione giurisprudenziale (Sez. U, n. 46653 del 26/06/2015, Della Fazia, Rv. 265111; Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260698; Sez. U, n. 33040 del 28/07/2015, Jazouli, Rv. 264207 – 07; Sez. U, n. 26259 del 29/10/2015 – dep. 2016, Mraidi, Rv. 266872; Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013 – dep. 2014, Ercolano, Rv. 258649).
Le motivate e condivise argomentazioni poste a fondamento di tale revirement giurisprudenziale sono ampiamente illustrate alle pagg. 15 e segg., con ampie citazioni di giurisprudenza, anche costituzionale, e dottrina, sicché non è qui il caso di ripeterle o riproporle in parafrasi.
È sufficiente ricordare che Sez. U, Butera, cit., aveva affermato che «l’illegalità della pena, derivante dall’omessa erronea applicazione da parte del tribunale delle sanzioni previste per i reati attribuiti alla cognizione del giudice di pace, non è deducibile innanzi al giudice dell’esecuzione, giacché la richiesta rimodulazione della pena comporta una valutazione complessiva di tutti i parametri di commisurazione del trattamento sanzionatorio, del tutto eccentrica rispetto all’ambito di intervento del giudice dell’esecuzione».
Nella fattispecie oggetto dello scrutinio da parte di Sez. U, Butera, cit., il Tribunale, incompetente funzionalmente, aveva applicato per il delitto di lesioni la pena della reclusione in luogo della sanzione prevista dall’art. 52 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 per i reati attribuiti al giudice di pace e il giudice dell’esecuzione, una volta divenuta irrevocabile la decisione di merito, aveva rigettato l’istanza di rideterminazione della pena. Sez. U, Miraglia, cit., nel ribaltare il principio di Sez. U, Butera, cit., chiarisce (p. 27) che «Se, pertanto, deve riconoscersi al giudice dell’esecuzione il potere di intervenire a porre rimedio ai casi di illegalità della pena quali sopra individuati, deve coerentemente riconoscersi che viene meno l’ostacolo individuato supra sub 4.3., per riconoscere a fortiori, nel rispetto del principio di ragionevole durata del processo, nella stessa logica tracciata dalle Sezioni Unite Ricci, tale potere al giudice della cognizione, al fine di anticipare gli esiti obbligati della fase esecutiva.
In altri termini, occorre prendere atto che l’elaborazione giurisprudenziale sin qua maturata a proposito del rilievo officioso dell’illegalità della pena, sia pure per cause sopravvenute, trova il suo fondamento – come s’è sopra dimostrato esaminando il percorso argomentativo della sentenza Della Fazia nell’incompatibilità con il quadro costituzionale di un sistema processuale che consenta il mantenimento di una penale illegale, nel senso sopra indicato, intesa come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale».
4. Il caso esaminato da Sez. U, Butera, cit., come si è visto, era assai simile a quello oggetto dell’odierno giudizio nel quale il giudice dell’esecuzione, nell’unificare più reati ex art. 671 cod. proc. pen., ha mantenuto ferma, prendendola pure a riferimento come pena base, la sanzione della reclusione inflitta dal Tribunale per il delitto di lesioni per il quale, già all’epoca della commissione, erano applicabili soltanto le sanzioni previste dall’art. 52 d.lgs. n. 274 del 2000.
Si tratta, nel caso oggetto del giudizio, di una decisione errata in diritto, senza considerare che, come emerge dalla sentenza n. 2, la pena di sei mesi di reclusione era stata inflitta per il reato di lesioni ex art. 582 cod. pen. e per l’unificato reato di minaccia ex art. 612, primo comma, cod. pen. per il quale era prevista soltanto la pena della multa.
4.1. Il superamento dell’indirizzo giurisprudenziale di Sez. U, Butera, cit., impone di fare applicazione del diverso principio, riconosciuto da Sez. U, Miraglia, cit., che può essere così enunciato, anche in considerazione del correlativo principio affermato da Sez. U, L., cit., in tema di determinazione della pena: «l’illegalità della pena, derivante dall’omessa erronea applicazione da parte del tribunale delle sanzioni previste per i reati attribuiti alla cognizione del giudice di pace, è deducibile innanzi al giudice dell’esecuzione cui spetta di provvedere alla rimodulazione della pena secondo una valutazione da compiere di volta in volta alla luce della singola vicenda processuale che riguardi anche l’eventuale concessione della sospensione condizionale della pena, beneficio estraneo ai poteri del giudice di pace».
5. L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del primo che riguarda la sospensione condizionale, questione che, comunque, il giudice di rinvio dovrà considerare anche in relazione al principio espresso da Sez. U, L., cit., e, nella specifica materia, dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis, Sez. 1, n. 3137 del 07/07/2021 – dep. 2022, PG Nozzolillo, Rv. 282493 – 01: «In tema di applicazione in executivis della disciplina del reato continuato, una volta ritenuta dal giudice dell’esecuzione l’unicità del disegno criminoso tra due fatti oggetto di due diverse sentenze ed applicata agli stessi la disciplina del reato continuato, la sospensione condizionale già disposta per uno dei due fatti non è automaticamente revocata, essendo compito del giudice valutare se il beneficio già concesso possa estendersi alla pena complessivamente determinata ovvero se esso debba essere revocato perché venuti meno i presupposti di legge.
In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del giudice della esecuzione che, riconosciuta la continuazione tra più reati e rideterminata la pena complessiva in misura superiore a due anni di reclusione, ha omesso di pronunciarsi sulla revoca del beneficio concesso con la prima condanna, ritenendo la stessa implicita nel superamento del limite previsto dall’art. 163 cod. pen.»).
L’ordinanza impugnata va, quindi, annullata con rinvio per nuovo giudizio al giudice dell’esecuzione che procederà a nuovo esame dell’istanza ex art. 671 proc. pen. e, fermo ii già disposto accoglimento di essa, provvederà a rideterminare la pena individuando, anche alla luce delle conclusioni in tema di sanzione applicabile e facendo applicazione dei richiamati principi di diritto, ii reato più grave nonché assumendo le conseguenti determinazioni sulla sospensione condizionale.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Modena.
Così deciso il 7 giugno 2024.
Il Consigliere estensore Il Presidente
Stefano Aprile Filippo Casa
Depositato in Cancelleria, oggi 10 luglio 2024.