Per reazione alle valutazioni negative formulate nelle sue note caratteristiche, M.llo dei Carabinieri denuncia due suoi superiori. Condannato per calunnia (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 8 agosto 2019, n. 35870).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Presidente –

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere –

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere –

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere –

Dott. AMOROSO Riccardo – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Donadelli Davide Mario, nato a (OMISSIS) il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 06/11/2018 della Corte di appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Riccardo Amoroso;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Maria Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito l’avvocato Vito Giuseppe Giannini Edilberto, difensore delle parti civili Vincenzo Scabotti e Simone Grimaldi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e che deposita conclusioni e nota spese;

udito l’avvocato Giorgio Carta, difensore di Davide Mario Donadelli, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza emessa in data 16/06/2016 dal Tribunale di Milano, appellata dal ricorrente con la quale era stato condannato alla pena di anni due e mesi sei di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, per il reato di cui all’art. 368 cod.pen., per avere, nella qualità di maresciallo dei carabinieri, redatto e trasmesso alle Procure della Repubblica presso il Tribunale di Milano e presso il Tribunale militare di Verona una informativa di reato con cui denunciava pur sapendoli innocenti i suoi superiori gerarchici, Grimaldi Simone e Scabotti Vincenzo, per avere il primo formato degli atti falsi per conseguire indennità di turnazione esterna per servizi non effettuati ed, il secondo, per non avere denunciato tali condotte sebbene al medesimo segnalate dallo stesso imputato (in Corsico, il 9 settembre 2012).

2. Con atto a firma del difensore di fiducia, Davide Mario Donadelli ha proposto ricorso, articolando i motivi di seguito indicati.

2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione alla sussistenza degli elementi integranti il reato di calunnia, per essere stata riconosciuta piena attendibilità alle deposizioni delle parti civili in ragione dei rilievi negativi espressi nella sua “valutazione caratteristica” da parte del maresciallo Grimaldi e del tenente Scabotti, per le argomentazioni illogiche con cui è stato confuso l’eventuale risentimento dell’imputato con la consapevolezza della innocenza dei predetti, desunta da circostanze ritenute incoerenti con le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito attraverso la valorizzazione di aspetti poco probanti, quali:

a) il tempo ipoteticamente necessario per analizzare le irregolarità dei registri delle attività di servizio di tutto il personale dei carabinieri in servizio presso l’aliquota dei carabinieri del reparto radiomobile di Corsico, ritenuto nel caso concreto insufficiente;

b) la contemporaneità della segnalazione dell’illecito nel contesto della sua convocazione da parte del tenente Scabotti il giorno 28 agosto 2012 per una sua grave inadempienza disciplinare;

c), la mancanza di una verbalizzazione scritta della segnalazione della falsa attestazione dei turni di servizio asseritamente fatta nel predetto contesto solo in forma orale;

d) l’attendibilità riconosciuta alla negazione da parte del tenente Scabotti di detta comunicazione orale, senza considerare che una tale ammissione avrebbe avuto la valenza di una • confessione dell’addebito per omessa denuncia di reato;

e) l’evidenziata sproporzionata gravità attribuita ai fatti riportati nell’informativa di reato che potevano essere più prudentemente descritti come mere violazioni amministrative.

Infine, con plurimi richiami giurisprudenziali, si deduce l’illogicità della motivazione in merito alla necessità del dolo nel reato di calunnia che presuppone l’accertamento della consapevolezza dell’innocenza della persona accusata, che è stata esclusa anche nel caso più grave di denuncia temeraria, dovendosi valorizzare l’errore in cui poteva essere incorso l’imputato nella interpretazione della normativa interna sulle indennità di turnazione, essendo errato l’automatismo tra l’asserita infondatezza della denuncia desunta dall’archiviazione e l’accertamento della consapevolezza dell’innocenza degli incolpati.

2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio della motivazione per illogicità e carenza di motivazione per avere la corte di appello operato un mero rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado senza fornire alcuna risposta ai singoli motivi di appello.

2.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione per avere la corte territoriale riconosciuto piena attendibilità alle testimonianze rese dalle persone offese, costituite parti civili, senza sottoporle al prescritto vaglio di credibilità soggettiva, e ciò con particolare riguardo alla credibilità del teste Scabotti che ha negato di avere mai ricevuto la segnalazione in forma orale da parte dell’imputato in merito agli illeciti commessi dal maresciallo Grimaldi, senza considerare che il predetto aveva interesse a negare questa circostanza che in caso contrario avrebbe potuto determinare una riapertura del procedimento penale a suo carico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Tutti motivi di ricorso sono inammissibili.

Il ricorrente reitera le stesse questioni già affrontate in appello, svalutando circostanze significative evidenziate dai giudici di merito, come indici di inattendibilità del denunciante, assenza di buona fede, e consapevolezza dell’irrilevanza penale di quanto denunciato.

Si deve premettere come questa Corte suprema abbia avuto modo di affermare che, in presenza di decisioni di primo e secondo grado motivate con criteri omogenei e con un apparato logico uniforme, è possibile procedere all’integrazione delle due sentenze in modo da farle confluire in una struttura argomentativa unitaria da sottoporre al controllo in sede di legittimità (Sez. 3, n. 10163 dell’01/02/2002, Lonnbardozzi, Rv. 221116).

Ciò premesso si osserva che entrambi i giudici di merito hanno valorizzato la tempistica della trasmissione alle procure dell’informativa di reato, in coincidenza dei rimproveri disciplinari rivolti all’imputato da parte del tenente Scabotti (gli era stato contestato che, per partecipare ad un esame di lingua inglese per un corso privato che stava seguendo, aveva annullato il turno di pattuglia del 27 agosto, anziché chiedere una sostituzione), e l’anomalia della mancanza di una relazione per iscritto dell’illecito per la segnalazione della presunta truffa posta in essere dal Grimaldi, al già citato Tenente Scabotti, fatta solo verbalmente nello stesso giorno del 28 agosto 2012 in cui era stato convocato per fornire giustificazioni in merito al proprio abuso, relativo alla soppressione del proprio turno esterno di pattuglia.

Osservano i giudici di merito che l’imputato ha affermato di non avere potuto prendere visione degli ordini di servizio e quindi non poteva denunciare la falsità delle attestazioni dei turni esterni senza avere operato tale preliminare verifica.

Si aggiunge, inoltre, che l’imputato neppure poteva avere avuto il tempo materiale per analizzare tutti i fascicoli relativi alle attestazioni dei turni esterni del personale in servizio presso quel comando, come dal medesimo asserito nel corso del proprio esame.

Significativa è stata ritenuta anche la sollecitata richiesta di applicazione della misura cautelare nei confronti di entrambi i superiori nell’informativa di reato, frutto di una evidente esagerazione della gravità dei fatti, rispetto a quella obiettiva che poteva essere più ragionevolmente apprezzata da chiunque avesse valutato serenamente le risultanze delle attestazioni di servizio senza pregiudizio e senza malanimo.

In particolare, secondo quando argomentato in modo logico e coerente da entrambi i giudici di merito, nel corso del suo esame l’imputato è caduto in plurime contraddizioni ed incongruenze per non avere spiegato come possa avere tratto il convincimento della inesistenza dei turni esterni senza potere avere avuto accesso agli ordini di servizio che li autorizzavano.

Inoltre, nelle sentenze di merito si è anche rilevato che alcuni turni esterni oggetto della segnalazione erano relativi ad una importante operazione investigativa di cui l’imputato non poteva non essere a conoscenza, avendo richiesto l’impegno massiccio di gran parte del personale di quel nucleo di polizia giudiziaria.

Inoltre, entrambi i giudici di merito ribadiscono l’inverosimiglianza della circostanza secondo cui nello stesso momento in cui era stato convocato per un rilievo disciplinare dal Tenente Scabotti, avrebbe denunciato l’irregolarità delle attestazioni dei turni esterni del Grimaldi, senza premunirsi di annotare nulla per iscritto, e senza farne una relazione scritta.

Altra contraddizione rilevante è stata rilevata nella circostanza che parte dei falsi addebitati al Grimaldi erano relativi a turni dei primi giorni di settembre, addirittura successivi al giorno in cui ne avrebbe parlato con lo Scabotti (il 28 agosto).

Non è stata ritenuta credibile la spiegazione data in merito a tale contraddizione, di avere dimenticato che il giorno 7 settembre aveva avuto un secondo incontro con lo Scabotti, relativo sempre alla convocazione per l’abusiva soppressione del suo turno di pattuglia del 27 agosto.

L’informativa di reato a carico dei suoi due superiori è stata, in conclusione, ritenuta da entrambi i giudici di merito, sulla base di una lettura tutt’altro che illogica o incoerente delle risultanze istruttorie, come il frutto di una malevola ritorsione messa in atto dall’imputato, per reazione alle valutazioni negative come “nella media” formulate nelle sue note caratteristiche, in senso peggiorativo rispetto agli anni precedenti in cui era stato valutato “sopra la media”.

2. In merito alla dedotta omessa motivazione, operata per relationem alla motivazione di primo grado, si osserva che il giudice di appello ha richiamato le argomentazioni del giudice di primo grado per la reiterazione delle medesime questioni che erano state già affrontate in merito al dolo della calunnia, rispondendo alle censure dell’appello e rifacendosi all’esposizione della motivazione della sentenza di primo grado che ha riportato integralmente nella sentenza di appello, con la specifica valorizzazione dell’attendibilità di Scabotti considerata centrale nell’accertamento della malafede di Donadelli e dell’omessa ricerca degli ordini di servizio necessaria per verificare la falsità delle attestazioni dei turni di servizio, essendo i suoi rilievi solo indicativi di mere irregolarità irrilevanti ove apprezzate con la richiesta serenità e buona fede.

In particolare il giudice dell’appello si è soffermato sull’assenza di una comunicazione scritta per denunciare un proprio superiore gerarchico (Grimaldi) al Tenente Capo del nucleo (Scabotti), per poi includere addirittura anche il citato graduato nell’informativa di reato per omessa denuncia di reato, senza prima premunirsi di fare una relazione scritta della segnalazione dell’illecito al predetto tenente.

Ulteriore aspetto apprezzato con particolare forza dal giudice di appello è stato quello dell’inconciliabilità dell’ipotesi di una sua buona fede a fronte del contenuto di una informativa ingiustificatamente pesante per quelle che, senza la previa visione degli ordini di servizio, potevano essere al massimo delle mere irregolarità nella redazione dei registri, tali da fare apparire sproporzionata la sollecitazione dell’applicazione di una misura cautelare per il pericolo di inquinamento delle prove.

Quindi la Corte territoriale non ha omesso di valutare le deduzioni dell’appellante, ma ha integrato la motivazione del primo grado richiamandola con riguardo al profilo del dolo in modo da comporre una motivazione complessivamente adeguata, essendo le questioni proposte con l’appello relative all’accertamento del dolo sulla base della prospettazione di una diversa chiave di lettura che tanto il giudice di primo grado che quello di secondo grado hanno ritenuto non compatibile con le emergenze in atti in considerazione delle contraddizioni del denunciante, della superficialità della denuncia, delle incongruenze logiche sulla interpretazione di mere irregolarità come illeciti penali senza richiedere l’accesso agli ordini di servizio, di cui avrebbe avuto anche la disponibilità materiale perché il giorno 27 agosto, in cui avrebbe operato il controllo dei registri, era il reggente del comando in sostituzione di Grimaldi assente.

Si deve anche ribadire che una scelta motivazionale che prescinda dall’esaminare in modo dettagliato le doglianze proposte con l’appello è comunque consentita al giudice di secondo grado quando l’appellante si sia limitato alla mera riproposizione delle questioni già adeguatamente risolte dal primo giudice, omettendo di discutere gli argomenti spesi dallo stesso, oppure abbia formulato deduzioni generiche, apodittiche, superflue o palesemente inconsistenti (Sez. 2, n. 30838 del 19/03/2013, Autieri, Rv. 257056; Sez. 6, n. 17912 del 07/03/2013, Adduci, Rv. 255392).

3. Il terzo motivo sul vaglio dell’attendibilità di Scabotti è collegato al primo, perché la valutazione dell’attendibilità è stata invece operata in modo congruo sulla base delle contraddizioni in cui è incorso l’imputato per avere denunciato il capo del nucleo per omessa denuncia di reato, senza neppure inoltrare una relazione scritta sull’ipotetico reato commesso da Grimaldi e dopo aver lui stesso rammentato che la forma orale non era quella prevista per comunicazioni interne nei rapporti con i superiori.

E’ fuori discussione il dato di fatto che le informative di reato alle Procure militari e ordinaria sono state inoltrate per omissione di atti di ufficio senza che l’imputato avesse neppure operato la preliminare segnalazione per iscritto della denuncia interna al Tenente Capo, Scabotti, e sebbene consapevole della necessità della forma scritta.

Il ricorrente, in definitiva, intende sollecitare una nuova e diversa valutazione del compendio probatorio, senza che possano rilevarsi i vizi logici e di carente motivazione dallo stesso denunciati.

Si deve richiamare l’insegnamento costante di questa Corte di cassazione secondo il quale l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, poiché la natura manifesta della illogicità della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimità che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto, ancorché altrettanto ragionevoli (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila euro.

5. Il ricorrente va altresì condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile, in questo grado, che, in considerazione della natura e qualità delle questioni trattate, e dell’attività svolta, appare equo determinare nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

Condanna altresì il ricorrente al pagamento delle spese di costituzione di parte civile, in favore di Scabotti e Grimaldi che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il giorno 8 agosto 2019.

SENTENZA – copia non ufficiale –