Portare sfiga non è reato ma dare dello “iettatore” sì.

C’è chi non passa mai sotto le scale, chi si ferma quando la strada è attraversata da un gatto nero e chi pensa che le proprie sventure siano frutto del malocchio.

Insomma, in un modo o nell’altro, la maggior parte di noi cede alla superstizione e anche chi dice di non crederci, in fondo in fondo, qualche dubbio ce l’ha.

Ma che succede se ci troviamo davanti ad un probabile iettatore, che lancia contro di noi ogni tipo di anatema e disgrazia? Oltre che mettere in atto i dovuti scongiuri ci resta poco da fare.

Augurare la cattiva sorte infatti non è reato.

E a dirlo è la Suprema Corte di Cassazione secondo la quale se la iella esiste non è passibile di condanna chi la porta.

In sostanza, quando il malaugurio si limita a “niente più che un auspicio o una previsione” è perfettamente lecito.

Nel caso di specie, la corte ha annullato parzialmente la condanna inflitta dal giudice di pace a un ragazzo che, mollato dalla sua ex, ferito nell’orgoglio, aveva inviato un sms iettatore con su scritto “ignorante, perderai tutto illusa, farai la stessa fine di tuo padre”, presagendo che il suo “baretto” sarebbe fallito (Cass. Pen. n. 35763/2006).

Per la S.C. non può parlarsi di minaccia in quanto il male prospettato non è dipendente dalla volontà dell’agente, rappresentando soltanto un auspicio.

Ma se non è reato augurare agli altri la cattiva sorte, attenti a dare dello iettatore a qualcuno perché in tal caso, viene a ledersi la dignità di una persona.

In una recente sentenza, il Palazzaccio ha confermato infatti la condanna del conduttore di una trasmissione radiofonica per diffamazione perché nei confronti di una persona aveva affermato: “porta male, tanto che devo toccar ferro perché porta anche sfortuna”.

Nella vicenda, la S.C. ha sancito che “commette il reato di diffamazione, quindi, chiunque adoperi termini che risultino offensivi, in base al significato che essi vengono oggettivamente ad assumere, a prescindere dal loro spessore culturale e dalla loro base scientifica, nella comune sensibilità di un essere umano collocata in un determinato contesto storico e in determinato ambito sociale”.

Per piazza Cavour “la dannosità di false credenze popolari è empiricamente rilevabile – nella – storia dell’umanità”.

È infatti “ampiamente e dolorosamente noto che il ‘sapere superstizioso’, diretto a distinguere e a disprezzare categorie sociali, identificate per sesso, religione, colore della pelle, provenienza geopolitica, etnica, culturale, ha condotto a ingiustificate emarginazioni, a disumane persecuzioni” (Cass. Pen. n. 10393/2013).

Per cui se pensiamo che qualcuno merita la patente di iettatore, meglio tenerlo per noi, magari limitandoci a toccare ferro.