Possesso ad usucapionem? A quali condizioni? (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 4 febbraio 2015, n. 2043).

La corte di appello di Trento, sezione di Bolzano ha respinto la domanda di usucapione dei sigg. H.h e quella del Comune per il pagamento di un canone di occupazione, ritenendo non provato, per quanto ancora interessa, un possesso ad usucapionem.
L’odierno ricorso con unico motivo lamenta la violazione dell’art. 1158 cc ma la censura è infondata.
Per la configurabilità del possesso “ad usucapionem”, è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabili ernte ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena” ( “ex plurimis” Cass. 9 agosto 2001 n.11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436. Cass. 1 3 dicembre 1994 n. 10652).
Nè è denunciabile, in sede di legittimità, l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo. idoneo a condurre all’usucapione (Cass. 1 agosto 1980 n. 4903, Cass. 5 ottobre 1978 n. 4454), ove, come nel caso, sia congruamente logica e giuridicamente corretta.
Alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222).

Il ricorso tenta una rilettura delle emergenze processuali senza intaccare la ratio decidendi della decisione impugnata.

P.Q.M.

Propone di rigettare il ricorso.

Roma, 23 ottobre 2014. Il consigliere delegato

Il Collegio condivide e fa propria la relazione osservando che la sentenza fa riferimento al permesso ottenuto dall’amministrazione per l’insediamento ed alla concessione di baracche ad alcune famiglie zingare per cui non si ravvisa l’asserita decisione della questione di diritto in modo difforme dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese liquidate in euro 1700 di cui 1500 per compensi oltre accessori.

Dà atto ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del dpr 115/2002 della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.