Poste Italiane paga un assegno a persona diversa dal legittimo creditore (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 29 gennaio 2020, n. 1935).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13740-2018 proposto da:

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, quale incorporante della UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI DI MILANO SPA, PREMAFIN FINANZIARIA SPA nonché di LIGURIA SOCIETA’ DI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MAURIZIO SILIMBANI;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 20733/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 06/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa Marina MELONI.

FATTI DI CAUSA

la Milano Assicurazioni spa aveva chiesto a Banca Sai spa l’emissione di un assegno bancario non trasferibile intestato a (OMISSIS) Antonio e tale assegno, inviato al destinatario con corrispondenza ordinaria, era stato pagato da Poste Italiane a persona diversa dal legittimo creditore al quale, a seguito di denuncia ai Carabinieri, la ricorrente Milano Assicurazioni spa era stata costretta a pagare nuovamente la somma dovuta.

Il Giudice di pace di Roma aveva rigettato la domanda, volta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dall’illegittimo pagamento dell’assegno per un totale complessivo di 3.100,00 euro, ritenendo che l’evento dannoso fosse stato provocato dal fatto di un terzo e che non fossero rinvenibili condotte colpose ascrivibili alle Poste spa.

Il Tribunale di Roma, con sentenza in data 6/11/2017, ha dichiarato inammissibile per genericità l’appello avverso la sentenza del Giudice di Pace nr. 40347 in data 19/11/2013 il quale aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno quantificato in C 3.100,00 oltre rivalutazione ed interessi, proposta da Unipolsai Assicurazioni spa già Milano Assicurazioni spa nei confronti di Poste Italiane spa.

Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione Unipolsai Assicurazioni spa, già Milano Assicurazioni spa, affidato a due motivi.

Poste Italiane spa non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cpc in riferimento all’art. 360 comma 1 nr.3 cpc, in quanto il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile per genericità l’appello avverso la sentenza del Giudice di Pace nr. 40347 in data 19/11/2013 il quale aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno quantificato in € 3.100,00 oltre rivalutazione ed interessi proposta da Unipolsai Assicurazioni spa già Milano Assicurazioni spa nei confronti di Poste Italiane spa.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc, in riferimento all’art. 360 comma 1 nr. 4 cpc, in quanto il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’appello senza indicare le ragioni e sebbene l’atto fosse conforme al paradigma di cui all’art. 342 cpc.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Occorre premettere che quando, come nella specie, viene denunciata la violazione di una norma che regola il processo, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cpc).

Tale principio risulta affermato da questa Corte con sentenza Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012 la quale ha stabilito che “Quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.)”.

In riferimento all’art. 342 cpc le Sezioni Unite di questa Corte con Sentenza n. 27199 del 16/11/2017 hanno affermato: “L’art. 342 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla I. n. 134 del 2012, va interpretato nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”.

Nella fattispecie il ricorso soddisfa i requisiti prescritti dagli artt. 366, primo comma, nr. 6 e 369, secondo comma, nr. 4 cpc, giacché indica in modo sufficientemente chiaro le questioni ed i punti della sentenza di primo grado che assume contestati con l’atto di appello, allegato al ricorso.

Dall’esame diretto dell’atto di appello si evince come in esso siano stati effettivamente individuati i punti contestati della sentenza di primo grado e prospettate le relative doglianze, pur se in un contesto di ampia illustrazione e deduzione in sé non preclusiva di una chiara individuazione delle doglianze avanzate.

Per quanto sopra deve essere accolto il ricorso proposto, cassata la sentenza con rinvio davanti al Tribunale di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia davanti al Tribunale di Roma in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte di Cassazione, il 13/09/2019.

Depositato in Cancelleria il giorno 29 gennaio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.