Prescrizione quinquennale. A seguito di trasfusioni di sangue infetto, contrae il virus HCV e ne chiede i danni (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 1 giugno 2022, n. 17895).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12525-2021 proposto da:

(OMISSIS) GIUSEPPINA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA (OMISSIS) n. 4, presso lo studio dell’avvocato PAOLA DANIELA (OMISSIS) – STUDIO LEGALE (OMISSIS) -, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 77/2021 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 21/01/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/02/2022 dal Consigliere relatore Dott.ssa ANTONELLA PELLECCHIA.

Rilevato che:

1. Giuseppina (OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Lecce il Ministero della Salute al fine di sentirlo condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per aver contratto il virus da HCV in seguito a delle trasfusioni di sangue infetto effettuate presso l’Ospedale di Castellana Grotte (TA) in occasione di un intervento.

Istruita la causa mediante CTU medico-legale, il Tribunale di Lecce, in accoglimento dell’eccezione proposta dal Ministero della Salute, rigettò la domanda attorea ritenendo inutilmente decorso il termine quinquennale di prescrizione della pretesa risarcitoria sul presupposto che il dies a quo andasse individuato nel giorno in cui la (OMISSIS) aveva scoperto di essere affetta da HCV e non in quello di presentazione della domanda di indennizzo ex l. n. 210 del 1992.

2. La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza n. 77 del 21 gennaio 2021, in accoglimento dell’appello proposto da Giuseppina (OMISSIS) ha dichiarato non prescritta la domanda avanzata da quest’ultima di risarcimento dei danni conseguenti ad infezione da virus HCV, confermando per il resto la decisione del giudice di primo grado e compensando integralmente le spese di gravame tra le parti.

3. Avverso tale pronuncia Giuseppina (OMISSIS) propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

Considerato che:

4. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. per non aver la Corte d’Appello riformato il capo della sentenza di prime cure che aveva condannato la (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite.

Il ricorso è infondato.

Il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, poiché gli oneri della lite devono essere ripartiti in ragione del suo esito complessivo, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata dal giudice del gravame soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (Cass. 14916/2020).

Ebbene nel caso di specie la ricorrente è comunque soccombente, non potendosi ritenere che il fatto che un’eccezione di controparte sia stata rigettata possa influire sul regolamento delle spese.

E proprio tale esito complessivo giustifica che permanga la condanna in primo grado.

Oltre tutto, la ricorrente non ha indicato di aver fatto uno specifico motivo di appello sulle spese, per cui la C.A., avendo (nella sostanza) confermato la decisione di primo grado sulla base di un diverso ragionamento, non avrebbe potuto modificare le spese di primo grado senza apposita domanda.

È, infatti, principio pacifico e risalente nella giurisprudenza di questa Corte che, ai fini della regolazione delle spese, la soccombenza non può che essere valutata alla luce dell’esito complessivo del giudizio.

Il giudice investito della questione, pertanto, non potrà limitarsi a considerare l’esito dei singoli gradi in cui il processo si è articolato, ma dovrà aver riguardo al risultato finale conseguito dall’attore.

E nel caso di specie il giudice ha fatto una valutazione complessiva dell’esito dei giudizi.

Infatti il giudice dell’appello, pur non condividendo il convincimento del primo giudice in punto di maturata prescrizione e quindi accertando, in astratto, il diritto della parte istante al risarcimento dei danni subiti, non li ha accordati in quanto non dovuti, con ciò confermando la statuizione del Tribunale.

Pertanto la signora (OMISSIS), in realtà, non può considerarsi integralmente vittoriosa in primo grado solo perché l’eccezione di prescrizione è stata rigettata. Il giudice ha avuto riguardo, nella condanna alle spese, all’esito complessivo della lite.

6.1. Le spese seguono la soccombenza.

6.2. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 3.200 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile — della Corte suprema di Cassazione in data 24 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1° giugno 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.