Quando l’assicuratore della responsabilità civile deve rimborsare le spese di lite sostenute dall’assicurato? (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 13 ottobre 2022, n. 29926)

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Rel. Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29214/2019 proposto da:

(OMISSIS) Patrizio, elettivamente domiciliato in Roma, Via (OMISSIS) n. 9, presso lo studio dell’avvocato Giorgio (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro (OMISSIS);

-ricorrente-

contro

Unipolsai Assicurazioni Spa,

-intimata-

avverso la sentenza n. 2505/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 17/6/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9/3/2022 dal Cons. Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato Alessandro (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Alessandro Pepe.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 17/6/2019 la Corte d’Appello di Venezia, in parziale accoglimento del gravame in interposto dal sig. Patrizio (OMISSIS) e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Treviso 16/6/2014, ha condannato la società Milano Assicurazioni s.p.a. ( successivamente incorporata nella società Unipolsai Assicurazioni s.p.a. ) a tenere indenne il primo, giusta contratto di assicurazione della responsabilità civile tra di essi intercorso, di quanto tenuto a versare alla paziente sig. Michela (OMISSIS) a titolo di risarcimento dei danni dalla medesima subiti in conseguenza di erronee cure odontoiatriche, nonché «a rifondere all’appellante il 50% delle spese di lite liquidate dal Tribunale in favore di (OMISSIS) Michela, oltre al 50% delle spese di CTU e di CTP».

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il (OMISSIS) propone ora ricorso per cassazione affidato a 5 motivi, illustrati da memoria.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1° motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 4, c.p.c.

Si duole che la corte di merito abbia escluso «le spese di soccombenza dall’indennizzo assicurativo previsto … all’art. 14 delle … condizioni generali» di polizza, erroneamente operando una «ripartizione delle spese di soccombenza ( quelle … di cui all’art. 91 c.p.c. ), in proporzione ai diversi interessi in gioco tra assicurato ed assicuratore, spettando al primo l’intero rimborso di esse».

Lamenta essersi dalla corte di merito erroneamente «accertato il diritto dell’assicurato alla manleva con una decurtazione al 50% dei costi da lui sostenuti nel processo per retribuire la parte vittoriosa delle sue spese processuali essendo evidente che l’art. 1917 comma 1 c.c. non consentisse affatto una tal ripartizione», in quanto «il fatto che alcune somme richieste dal danneggiato non fossero fisiologicamente in copertura ( come quelle di franchigia o quelle di restituirsi alla ex paziente a titolo di ripetizione dopo la risoluzione del contratto d’opera e corrispondenti a quanto percepito dal medico per la prestazione sanitaria ) non autorizzava in alcuna maniera il giudice a ritenere possibile una ripartizione delle spese di soccombenza ( quelle cioè di cui all’art. 91 c.p.c. ) in proporzione ai diversi interessi in gioco tra assicurato ed assicuratore», all’assicurato spettando l’«intero rimborso di esse» a prescindere da qualsivoglia valutazione di tali interessi, e pertanto «un indennizzo assicurativo esteso anche all’intero carico delle spese pagate alla parte vittoriosa non più limitato al 50% e comprensivo così anche dei costi sostenuti per CTU e CTP attoreo, nonché per le obbligazioni di tipo tributario (come quelle di contributo unificato e di registrazione della sentenza di cui la sentenza tace), nei limiti ovviamente del massimale e di quanto erogato all’attrice vittoriosa».

Il motivo è p.q.r. fondato e va accolto nei termini e limiti di seguito indicati.

E’ rimasto nel giudizio di merito accertato, per quanto ancora d’interesse, che all’esito della risoluzione del contratto d’opera professionale intercorso tra l’odierno ricorrente -nella sua qualità di medico chirurgo odontoiatra- e la paziente sig. Michela (OMISSIS) per inadempimento del primo, con condanna al risarcimento dei danni di quest’ultima subiti per le errate cure odontoiatriche effettuatele, la società assicuratrice della responsabilità professionale del medico Milano Assicurazioni s.p.a. è stata dal giudice di prime cure condannata a manlevarlo «limitatamente alle spese di ripristino quantificate in euro 10.733,55 oltre al risarcimento di ulteriori 1000,00», nonché «a rifondere all’appellante il 50% delle spese di lite da liquidate dal Tribunale in favore di (OMISSIS) Michela, oltre al 50% delle spese di CTU e di CTP».

Ciò in ragione dell’essersi dalla corte di merito ritenuto, «parzialmente operante l’art. 1917 comma 3 c.c.», con conseguentemente disposta condanna dell’assicurazione «alla rifusione del 50% delle spese di lite da corrispondere alla (OMISSIS) oltre che al 50% delle spese di CTU e di CTP già liquidata dal primo giudice», in ragione della ravvisata violazione da parte dell’odierno ricorrente ed allora appellante dell’obbligo di buona fede o correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c., per avere scelto «di avvalersi di altro avvocato» declinando l’assistenza legale indicata dalla predetta compagnia assicurativa giusta lo stipulato patto di gestione della lite.

Accertata la validità della clausola n. 12 del contratto assicurativo, in base al quale risultano «poste a carico dell’assicuratore due diverse obbligazioni: la prima di tenere indenne l’assicurato dalle richieste risarcitorie del terzo danneggiato, la seconda di assumere la gestione delle vertenze tanto in sede giudiziale, civile e penale che stragiudiziale», la corte di merito ha osservato che nella specie «anche le spese di resistenza costituiscono oggetto di copertura assicurativa».

Dopo aver posto in rilievo che «l’appellato, ricevuto l’atto di citazione in giudizio da parte della sig.ra (OMISSIS), richiese alla compagnia di essere difeso, ricevendo un rifiuto stante il presunto conflitto di interessi», e che «solo successivamente la compagnia intervenne volontariamente in giudizio, confermando l’operatività della polizza in oggetto, offrendo al proprio assicurato la difesa della lite con l’avv. (OMISSIS)», la corte di merito ha ritenuto non essere stata tale offerta nel caso in realtà tardiva in quanto, pur se dopo un’iniziale eccezione di inoperatività del patto di gestione della lite ex art. 12 delle condizioni generali di contratto, la stessa è stata nel caso dalla compagnia assicuratrice formulata quando il (OMISSIS) non era ancora costituito in giudizio, tale costituzione essendo avvenuta, a mezzo di «legale diverso da quello designato dalla compagnia e ciò senza addurre alcuna valida giustificazione», solo successivamente al ricevimento della medesima.

Ha quindi ravvisato integrare invero la detta «scelta dell’appellante … di avvalersi di altro avvocato» la violazione dell’obbligo di buona fede o correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c., per avere in tal modo il medesimo «inutilmente e senza una specifica necessità» aggravato «la posizione del debitore», e nell’affermare doversi <<l’art. 1917 comma 3 c.c.» considerare nel caso solo «parzialmente operante», sottolineando che «la causa non riguarda il danno coperto dall’assicurazione per capitale e spese, ma anche la restituzione delle somme versate a titolo di compenso le prestazioni professionali», voce quest’ultima «per ammissione della stessa appellante … estranea alla copertura assicurativa>>, la corte di merito è quindi pervenuta a concludere che, poiché «gli importi da liquidare per il danno e quelli di restituzione si compensano», la manleva va nel caso «limitata al 50% delle spese cui è stato condannato il (OMISSIS) a favore della (OMISSIS) Michela», oltre che «al 50% delle spese della CTU e di CTP», «così come liquidato dal tribunale».

Orbene, siffatto assunto è erroneo.

Come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, l’assicuratore della responsabilità civile è tenuto, secondo l’impegno contrattualmente assunto o comunque nei limiti di cui all’art. 1917, 3° co., c.c., a rimborsare le spese di lite sostenute dall’assicurato anche allorquando non abbia aderito alle ragioni di quest’ultimo e la presenza in giudizio in proprio del medesimo assicurato non sia dipesa dalla posizione difensiva dell’assicurazione, ma dalle richieste del danneggiato, giacché l’obbligo di rimborso sorge oggettivamente per la sola circostanza che il detto assicurato sia stato costretto ad agire o a difendersi in una controversia che abbia causa in situazioni rientranti nella garanzia assicurativa, in quanto le spese effettuate per resistere in giudizio sono spese che l’assicuratore si impegna ( nel contratto ) o comunque è tenuto ( nei limiti di cui all’articolo 1917 c.c. ) a manlevare solo che il suo assicurato abbia avuto la necessità di affrontare una lite, a prescindere dalla circostanza che l’assicuratore lo abbia o meno sostenuto, ossia abbia o meno aderito alle ragioni dell’assicurato ( v. Cass., 13/5/2020, n. 8896 ).

Le spese di resistenza presuppongono infatti che l’assicurato sia stato costretto a iniziare o a difendersi in una lite determinata da situazioni rientranti nella garanzia assicurativa, non assumendo al riguardo rilievo che la presenza in giudizio dell’assicurato non dipenda da una posizione difensiva dell’assicurazione quanto piuttosto da una richiesta del danneggiato, giacché le spese legali per affrontare il processo prescindono da siffatta circostanza, essendo oggettivamente dovute quale rimborso per il fatto stesso di aver dovuto affrontare un processo scaturito dal fatto assicurato ( v. Cass., 13/5/2020, n. 8896).

Orbene, atteso che nell’impugnata sentenza si è invero escluso che l’odierno ricorrente possa «pretendere» la restituzione «oltre che [ di ] quelle di soccombenza», anche «delle somme versate a titolo di compenso per le prestazioni professionali» ( trattandosi di voce «per ammissione della stessa appellante … estranea alla copertura assicurativa» ), risultando dalla corte di merito ( in riforma della sentenza del giudice di prime cure, che aveva condannato l’odierno ricorrente anche «a restituire la somma di euro 9.066,45, oltre interessi legali dal dì del pagamento» ) operata una compensazione tra queste ultime e quanto riconosciuto viceversa rientrare nella «copertura assicurativa», va osservato che l’affermazione secondo cui «l’art. 1917 comma 3 c.c.» sia da considerarsi solo «parzialmente operante» è erronea, tale norma trovando invero nella specie non già limitata bensì piena applicazione, la ravvisata violazione dell’obbligo di buona fede o correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c. invero propriamente rilevando sotto il diverso profilo del danno evitabile ex art. 1227, 2° co., c.c. ( cfr. Cass., 28/2/2019, n. 5801; Cass., 27/10/2015, n. 21782).

Ne consegue che la correlazione dell’ammontare delle spese di soccombenza ( nell’impugnata sentenza indicate come «spese di lite» ) – nonché di CTU e CTP- alla (stessa) misura delle spese di resistenza nel caso liquidabile quale oggetto di manleva si appalesa invero del pari erronea, l’unico limite per le spese di soccombenza essendo costituito ( diversamente che per quelle di resistenza ex art. 1917, 30 co., c.c. ) dal massimale di polizza, il cui superamento non risulta essere stato nella specie dai giudici di merito invero accertato né in discussione tra le parti.

In accoglimento p.q.r. della doglianza l’impugnata sentenza va pertanto cassata in relazione, assorbiti ogni altra questione e diverso profilo nonché le restanti censure;

il 2° motivo, con il quale il ricorrente denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 4, c.p.c., dolendosi che la corte di merito abbia erroneamente proceduto ad una «identificazione finale delle spese di resistenza con quelle di soccombenza, senza peraltro nemmeno sommarle algebricamente ma adottando nel dispositivo solo l’importo dimidiato corrispondente alle sole spese di soccombenza»;

il 3° motivo, con il quale denunzia violazione degli artt. 112, 345 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 4, c.p.c., dolendosi che la corte di merito abbia erroneamente pronunziato in ordine al quantum delle spese di resistenza laddove la domanda al riguardo era stata «calibrata originariamente solo sull’an, sicché «la quantificazione di codeste spese effettuate alla pagina sette della sentenza qui ricorsa non poteva che essere contraria al divieto di cui all’art. 345 c.p.c.», quale domanda nuova;

il 4° motivo, con il quale denunzia «omesso esame» di un fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 5, c.p.c., dolendosi che la corte di merito abbia ritenuto contrario a correttezza il proprio comportamento per aver conferito mandato a difensore diverso da quello indicato dalla compagnia assicuratrice, laddove era emerso un «conflitto di interessi fra l’assicurato» e la «propria compagnia», tale da «impedire una difesa comune», come dalla stessa società assicuratrice indicato al proprio difensore;

il 5° motivo, con il quale denunzia violazione degli artt. 1914, 1917 c.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c., dolendosi non essersi dalla corte di merito considerato che, negando le spese di resistenza, hanno «negato all’assicurato un diritto che costituisce un «effetto naturale ex art. 1374 c.c. del contratto di assicurazione della responsabilità civile» ].

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384, 2° co., c.p.c., con la condanna dell’Unipolsai Assicurazioni s.p.a. ( già Milano Assicurazioni s.p.a. ), al pagamento in favore dell’odierno ricorrente delle spese di soccombenza («spese di lite», secondo la formulazione recata nel dictum dell’impugnata sentenza), nonché di CTU e CTP, nella misura corrispondente alla proporzione tra l’ammontare liquidato a titolo di risarcimento del danno e l’ammontare liquidato a titolo di restituzioni; fermo ed inalterato il resto.

Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il 1° motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Cassa l’impugnata sentenza e decidendo nel merito condanna la Unipolsai Assicurazioni s.p.a. ( già Milano Assicurazioni s.p.a. ) al pagamento in favore dell’odierno ricorrente delle spese di soccombenza nei termini di cui in motivazione, fermo ed inalterato il resto.

Roma, 9/3/2022.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.