Quasi un grammo di hashish ceduto a un minorenne: l’esser escluso dalla società non giustifica tale condotta (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 24 marzo 2021, n. 11198).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Rel. Consigliere –

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Alami, nato in (OMISSIS) il 29/10/19xx;

avverso la sentenza in data 12/09/2019 della Corte di appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Ubalda Macrì;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Luigi Birritteri, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

udito per l’imputato l’avv. Giorgio (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 12 settembre 2019 la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza in data 12 settembre 2017 del Giudice per le indagini preliminari di Firenze che aveva condannato Alami (OMISSIS) alle pene di legge per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, perché aveva venduto ad un minorenne 0,89 grammi di hashish e aveva detenuto illecitamente grammi 1,31 di hashish, in Firenze il 12 marzo 2017.

1.1. Con il primo motivo di ricorso l’imputato deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione perché l’istanza di riunione di questo procedimento con altro relativo a fatti dello stesso genere commessi il 30 giugno 2016, per il quale era stata già fissata l’udienza del 9 dicembre 2019 sebbene non fosse stato ancora notificato il decreto di citazione, era stata rigettata per motivi organizzativi, in violazione dell’art. 17 cod. proc. pen.

1.2. Con il secondo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche.

Osserva che era tossicodipendente, viveva ai margini della società ed era aiutato solo da volontari.

Applicare la pena detentiva di un anno per la cessione di 0,89 grammi di hashish significava non tener conto dei parametri dell’art. 133 cod. pen., tra cui i motivi a delinquere e la condizione sociale del reo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

1.1. Quanto alla prima censura, che dal testo della sentenza impugnata si desume essere stata sollevata solo nel ricorso per cassazione, va ricordato che i provvedimenti che dispongono o negano la riunione dei procedimenti, in quanto meramente ordinatori, sono sottratti ad ogni forma di impugnazione (Cass., Sez. 3, n. 37378 del 09/07/2015, Di Martino, Rv. 265088-01).

1.2. Quanto alla seconda censura, va evidenziato che la motivazione a sostegno del diniego delle circostanze attenuanti generiche è puntuale, logica e razionale.

3. Già il primo Giudice aveva considerato che, sebbene non fosse stata contestata la recidiva qualificata, tuttavia non poteva non tenersi conto dei numerosi precedenti penali, del fatto che era stato arrestato per un altro episodio di spaccio pochi giorni prima, nello stesso luogo, e che aveva commesso il reato, di cui al presente procedimento, mentre era sottoposto al divieto di dimora in Firenze.

Quindi, aveva dimostrato noncuranza per le regole da applicarsi, circostanza che pesava più della modestissima quantità di stupefacente in gioco.

A tali osservazioni la Corte territoriale ha aggiunto che la cessione a minorenne non poteva considerarsi di minima offensività.

Pertanto, ha confermato il trattamento sanzionatorio commisurato anche all’episodio di detenzione di altro stupefacente.

Lo stato di tossicodipendenza e marginalità è stato motivatamente considerato recessivo nel quadro complessivo della valutazione di tutte le circostanze.

Comunque, la sanzione di anni 1 di reclusione ed C 1.500,00 di multa, irrogata all’esito del giudizio abbreviato, è prossima al minimo edittale e non merita ulteriore approfondimento (tra le più recenti Cass., Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288 – 01).

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

5. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso, il 27 ottobre 2020.

Depositata in Cancelleria il 24 marzo 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.