Rapporto affievolito col figlio: confermata l’espulsione dello straniero (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 29 marzo 2021, n. 11777).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Maria Stefania – Presidente –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

Dott. CENTOFANTI Francesco – Rel. Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –

Dott. TALERICO Palma – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) Miguel Angel, nato in (OMISSIS) il 01/11/19xx;

avverso l’ordinanza del 03/06/2020 del Tribunale di sorveglianza di Genova;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Francesco Centofanti;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Antonietta Picardi, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Genova confermava, in sede di opposizione ai sensi dell’art. 16, comma 6, T.U. imm., l’anteriore decreto del locale Magistrato di sorveglianza, che, ritenuta la sussistenza delle condizioni di legge, aveva ordinato l’espulsione dallo Stato di Miguel Angel (OMISSIS) (OMISSIS) a titolo di sanzione alternativa alla detenzione.

2. L’interessato ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, sulla base di due motivi.

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 8 CEDU e 19 T.U. imm., osservando che il Tribunale avrebbe indebitamente svalutato gli esistenti legami familiari e affettivi con il figlio minore, ancorché affidato alla madre, erroneamente bilanciando il profilo dell’ordine pubblico con il valore, poziore, dell’unità familiare.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione, in relazione all’espressa valutazione di pericolosità sociale, contraddetta dal complessivo percorso riabilitativo da lui posto in essere, anche all’interno dell’istituto di pena.

3. Entrambi i motivi, connessi e congiuntamente esaminabili, appaiono manifestamente infondati, e il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4. L’ordinanza impugnata si è conformata al più recente indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, ai fini dell’espulsione dello straniero quale sanzione alternativa alla detenzione, il giudice di sorveglianza, oltre alla verifica della insussistenza di una delle condizioni impeditive di cui all’art. 19 T.U. imm., deve valutare comparativamente le esigenze poste a fondamento del provvedimento, ossia la riduzione della popolazione carceraria, mediante l’allontanamento dei condannati non aventi titolo per soggiornare sul territorio nazionale, con le contrapposte esigenze di tutela della loro incolumità e salute o delle loro relazioni familiari, queste ultime da apprezzare con particolare riguardo alle necessità di cura di figli minori conviventi, anche se di nazionalità non italiana (Sez. 1, n. 48950 del 2019, Merawarage, Rv. :277824-01, e Sez. 1, n. 45973 del 2019, Ramirez, Rv. 277454-01).

Il giudice a quo considera e approfondisce esattamente tali profili, procedendo ad attenta ponderazione della complessiva situazione familiare dello straniero, connotata da vincoli complessivamente affievoliti e da un rapporto non effettivo con il figlio minore, e raffrontandola ai profili di attualità della pericolosità sociale del medesimo, ritenuti prevalenti alla luce dell’imponente sua biografia penale e delle risultanze non significative di osservazione penitenziaria.

La valutazione svolta appare accurata, a fronte di censure reiterative e di puro fatto, palesemente esorbitanti all’ambito del sindacato che compete al giudice di legittimità.

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost., sentenza n. 186 del 2000) — di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in tremila euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 27/01/2021.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.