REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ili.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Luca RAMACCI Presidente
Dott. Aldo ACETO Consigliere
Dott. Andrea GENTILI Consigliere Rel.
Dott. Giuseppe NOVIELLO Consigliere
Dott.ssa Ubalda MACRI’ Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) Srl, in persona del suo legale rappresentante;
avverso la sentenza n. 6845/21 della Corte di appello di Bologna del 22 novembre 2021;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Luigi GIORDANO, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 16 settembre 2019, il Tribunale di Modena ha dichiarato la società (omissis) (omissis) Sri responsabile dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25-undecies, comma 2, lett. b), del d.lgs n. 231 del 2001, in relazione al reato previsto dall’art. 256, comma 1, lett. a), del d.lgs n. 152 del 2006, commesso dal legale rappresentante dell’ente.
Riconosciute la circostanza attenuante di cui all’art. 12, comma 3, del d.lgs 231 del 2001, il Tribunale ha condannato la società al pagamento della sanzione pecuniaria di euro 10.000,00.
La pronuncia è stata confermata, con sentenza emessa in data 22 novembre 2021, dalla Corte di appello di Bologna.
Avverso la sentenza di secondo grado ha interposto ricorso per cassazione il difensore della (OMISSIS) (OMISSIS) Srl, formulando tre motivi di doglianza.
Con il primo, la ricorrente ha dedotto la mancata valutazione, da parte della Corte di Appello felsinea, della prova dell’estinzione dell’ente, che sarebbe intervenuta con la sua fusione per incorporazione in altra società.
Con il secondo motivo di ricorso, è stata denunciata la mancanza ed illogicità della motivazione circa l’oggettiva consistenza del vantaggio ritratto dall’ente in virtù della condotta contestata al suo rappresentante legale.
Infine, il ricorrente ha dedotto l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e l’assenza o illogicità della motivazione, in cui il giudice di secondo grado sarebbe incorso nel determinare il trattamento sanzionatorio, in quanto l’avrebbe commisurato ad una quantità di rifiuti gestiti in epoca differente da quella in contestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto, conformemente ai tre motivi posti alla sua base, è inammissibile.
Deve, preliminarmente ad ogni altro profilo, darsi atto della circostanza che in data 20 gennaio 2023 il difensore della società ricorrente aveva fatto tempestiva istanza per la trattazione in forma orale e partecipata del presente ricorso e che, il successivo 23 gennaio 2023 la istanza in questione era stata accolta.
Con successiva nota del 14 febbraio 2023, il difensore della (omissis) (omissis) ha espressamente dichiarato di volere rinunziare alla trattazione orale del ricorso.
Ritiene il Collegio che una tale rinunzia sia priva di effetti, posto che, una volta richiesta ed accolta la istanza di trattazione orale, poiché una siffatta opzione opera nei confronti di tutti i soggetti del processo, l’eventuale rinunzia ad essa, per essere valida, dovrebbe promanare non dal solo soggetto richiedente, come nella fattispecie, ma da tutte le parti convolte dal giudizio (in relazione alla irretrattabilità della richiesta di trattazione orale del giudizio si veda: Corte di cassazione, Sezione II penale, 18 novembre 2021, n. 42410; idem Sezione VI penale, 17 giugno 2021, n. 22248).
Tanto premesso, osserva il Collegio che il primo motivo di impugnazione è manifestamente infondato.
Ed infatti, sebbene sia pur vero che il meccanismo della fusione, tanto più se per incorporazione, determina un fenomeno che la stessa giurisprudenza di questa Corte, stante la successio in universum ius che essa comporta rispetto ai rapporti giuridici delle società preesistente in favore della nuova società ovvero della società incorporante, ha accostato alla successio mortis causa (cfr. per tutte, Corte di cassazione, Sezione I civile, 12 novembre 2019, n. 29256), non può non osservarsi come siffatta analogia, meramente descrittiva ed evocativa di fenomeni antropomorfici non riproducibili ad instar naturae nei soggetti giuridici impersonali, esaurisca i suoi effetti sul piano del diritto civile; non potendo certamente ritenersi che per effetto della intervenuta estinzione della società dovuta alla sua fusione per incorporazione con altro soggetto collettivo, si realizzino tutte le conseguenze che sono proprie dell’avvenuto decesso dell’imputato.
Del tutto irrilevante è, pertanto, ai fini della legittimità della sentenza impugnata, che il giudice del gravame penale abbia o meno correttamente accertato l’avvenuta estinzione della società per effetto della sua fusione per incorporazione con altra società.
Passando al secondo motivo di ricorso, si tratta di profilo di carattere fattuale, risultando del tutto ragionevole, e pertanto, esente da profili di manifesta Illogicità, unici su cui questa Corte avrebbe potuto esercitare il suo sindacato, l’affermazione secondo la quale la Società in causa, essendo stato omesso di eseguire le periodiche movimentazioni dei rifiuti finalizzate al loro corretto smaltimento ma lasciando gli stessi presso i luoghi di stoccaggio per periodi di tempo superiori a quelli consentiti, ha conseguito un indebito risparmio di spesa, costituendo questo il “vantaggio” da essa tratto dalla commissione del reato materialmente attribuito ai suoi amministratori, a nulla rilevando che, successivamente, i rifiuti siano stati comunque portati via, trattandosi di una condotta posta in essere successivamente alla commissione del reato.
Anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile stante la sua genericità; infatti, se è vero che la Corte di appello ha ritenuto che la entità della sanzione pecuniaria inflitta alla (omissis) fosse stata calcolata sulla base della quantità di rifiuti prodotti dal ciclo produttivo di tale impresa in un periodo di circa un mese, immediatamente successivo a quello preso in esame nel capo di imputazione, é, tuttavia, lecito ritenere che – non avendo la difesa di tale società (…non si chiede provato, ma…) neppure allegato alcun fattore dal quale potere desumere che il ciclo produttiva di essa abbia avuto, nel periodo preso in esame dalla Corte di appello, un andamento tale da comportare un sensibile o comunque non marginale innalzamento della quantità di rifiuti prodotti rispetto al periodo immeditatamente precedente – i dati presi in esame dalla Corte fossero sovrapponibili, data l’ordinarietà della attività svolta nei due periodi di tempo presi in considerazione, a quelli riferibili al periodo interessato dal capo di imputazione.
Il ricorso, conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen. va condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2023.