Reato di cattiva conservazione degli alimenti in presenza di numerosi insetti che volano attorno i prodotti destinati al consumo (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 13 novembre 2023, n. 45527).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

composta da:

Dott. Giulio Sarno -Presidente-

Dott. Angelo Matteo Socci -Consigliere-

Dott. Reynaud Gianni Filippo -Consigliere-

Dott. Giuseppe Noviello -Relatore-

Dott. Fabio Zunica -Consigliere-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 01/02/2023 del tribunale di Barcellona Pozzo Di Gotto;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Giuseppe Noviello;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dr.ssa Valentina Manuali che ha chiesto il rigetto del ricorso;

lette le conclusioni del difensore dell’imputato che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza, il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, dichiarava (omissis) (omissis) responsabile in ordine al reato di cui agli artt. 5 lett. b) e 6 della l. n. 283 del 1962 perché deteneva e impiegava alimenti in cattivo stato di conservazione.

2. Avverso la predetta sentenza (omissis) (omissis), ha proposto, tramite il proprio difensore di fiducia, ricorso per cassazione, sollevando tre motivi di impugnazione.

3. Con riguardo al primo motivo deduce il vizio di manifesta illogicità della sentenza impugnata.

Non sarebbe emersa la assenza di carenze igienico alimentari all’esito dell’istruttoria, atteso che nel momento di accesso dei verbalizzanti il pesce era sottoposto a “sezionamento e porzionatura” prima della sua esposizione in vendita.

In tal caso l’omesso impiego di un banco frigo non integrava la assenza di precauzioni igienico-sanitarie esigibili, poiché si trattava di lavorazione implicante solo un banco di lavoro non refrigerato, a sua volta solo richiedente la dotazione di superfici lavabili e disinfettabili, sulla cui sussistenza ii giudice non ha espresso alcuna valutazione. Solo il banco per la esposizione alla vendita dovrebbe essere refrigerato.

4. Con ii secondo motivo deduce la violazione degli 5 e 6 della L. 283/62. Si precisa che ii richiamo, in sentenza, al DPR 327/1980, sarebbe errato siccome tale disciplina riguarderebbe sostanze alimentari che in generale risultino già preparate o confezionate o messe in vendita laddove invece le prescrizioni per la corretta gestione igienica del banco di lavorazione sarebbero contenute nel Digs. 193/2007, per cui l’eventuale integrazione di quanto contestato implicherebbe comunque una mera sanzione amministrativa di cui all’art. 6 comma 5 del D.Lgs. citato.

5. Con il terzo motivo deduce i vizi ex art. 606 comma 1 lett. b) e c) cod. proc. pen. per il mancato riconoscimento della applicabilità della fattispecie ex art. 131 bis cod. pen. pur in presenza dei richiesti presupposti, quanto al limite edittale e al “valore della contestazione”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo é manifestamente infondato siccome non pertinente rispetto al contenuto della decisione.

Invero, dalla complessiva lettura della sentenza non emerge la mera contestazione di una lavorazione di alimenti su un banco privo di refrigerazione, bensì la più complessa vicenda inerente la lavorazione di pesce in cattivo stato di conservazione sul predetto banco, tanto che in sentenza e opportunamente sottolineata la descrizione dei fatti anche in ordine alla presenza sul medesimo e quindi in stretta vicinanza agli alimenti, “di numerosi insetti volanti della specie ditteri e imenotteri (mosche e vespe)”.

In tale quadro, completo e coerente é anche l’inquadramento in diritto della vicenda che, lo si ripete, attiene ad una conclamata situazione riguardante alimenti in cattivo stato di conservazione, rispetto alla quale il ricorrente non formula specifiche critiche, inoltrandosi in una censura di una sola parte della più articolata fattispecie esaminata e giudicata.

II motivo é, in ultima analisi, privo di specificità estrinseca, nonostante il noto principio per cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del  15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).

2. Anche il secondo motivo e inammissibile alla luce delle considerazioni sopra esposte, per cui a fronte del corretto inquadramento giuridico dei fatti non può che discendere la sanzione penale irrogata.

3. Quanta al terzo motivo, esso é inammissibile per la assoluta genericità, in presenza di una mera invocazione di applicabilità della fattispecie ex art. 131 bis cod. e in assenza di una specifica, quanto doverosa, puntuale indicazione delle ragioni che avrebbero dovuto imporre una scelta positiva, come tali prevalenti rispetto alla scelta negativa contestata.

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che ii ricorso debba essere dichiarato inammissibile con conseguente onere per ii ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 13/10/2023.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2023.

SENTENZA