Rimessa alle Sezioni Unite, a chi debba essere notificata l’ordinanza del Giudice di Sorveglianza (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 14 dicembre 2020, n. 35782).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Maria Stefania – Presidente –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – Rel. Consigliere –

Dott. TALERICO Palma – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

DILETTO ALFONSO nato a xxxxx il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 14/02/2020 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

lette le conclusioni del PG Dott.ssa Assunta Cocomello che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Roma dichiarava l’inammissibilità del reclamo proposto personalmente da Diletto Alfonso avverso quella del Magistrato di Sorveglianza di Viterbo che aveva rigettato l’istanza di concessione della liberazione anticipata per alcuni semestri.

Il Tribunale osservava che il reclamo era stato presentato personalmente dal detenuto, senza indicazione dei motivi, riservati al difensore; questi aveva depositato i motivi solo in prossimità dell’udienza, quindi tardivamente.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Alfonso Diletto, deducendo violazione di legge processuale.

Il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza era stato notificato soltanto al detenuto e non ai suoi difensori, contrariamente a quanto è disposto dall’art. 69 bis ord. pen., con violazione del diritto di difesa.

Il Tribunale di Sorveglianza, invece, aveva disposto la notifica del decreto di fissazione dell’udienza anche ai difensori del detenuto.

Di conseguenza, la memoria con cui erano stati indicati i motivi di censura all’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza non poteva ritenersi tardiva in quanto, per i difensori, non era mai decorso il termine per proporre reclamo.

Il Tribunale di Sorveglianza, pertanto, avrebbe dovuto considerare la memoria difensiva come un autonomo atto di impugnazione, avendone tutte le caratteristiche.

I ricorrenti, quindi, concludono per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore generale, Dott.ssa Assunta Cocomello, nella requisitoria scritta, conclude per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, sottolineando che il provvedimento di parziale rigetto dell’istanza di concessione della liberazione anticipata avrebbe dovuto essere notificato ai difensori nominati per la fase esecutiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nel procedimento in esame il Magistrato di Sorveglianza, in conformità a quanto previsto dall’art. 69 bis ord. pen., aveva provveduto de plano sull’istanza di concessione della liberazione anticipata avanzata personalmente dal detenuto.

L’ordinanza era stata notificata al solo richiedente il quale, con dichiarazione resa ai sensi dell’art. 123 cod. proc. pen., aveva proposto tempestivamente reclamo al Tribunale di Sorveglianza, senza indicare motivi ma contestualmente nominando due difensori di fiducia.

Il decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio davanti al Tribunale di Sorveglianza era stato notificato sia al detenuto che ai suoi difensori. Uno di essi, in prossimità dell’udienza del 14/2/2020, aveva depositato una memoria esponendo motivi a sostegno del reclamo proposto personalmente dall’assistito.

Come già anticipato, il Tribunale di Sorveglianza, con l’ordinanza impugnata, ha dichiarato inammissibile il reclamo per mancata indicazione dei motivi, esposti dal difensore solo tardivamente.

2. La decisione adottata indica espressamente la natura del reclamo, proposto ai sensi dell’art. 69 bis ord. pen.: trattasi di impugnazione; coerentemente, il Tribunale di Sorveglianza applica le regole generali in materia di impugnazione, ed in particolare l’art. 581, comma 1, lett. d) cod. proc. pen., che prevede che, a pena di inammissibilità, l’atto di impugnazione debba contenere l’enunciazione specifica dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, nonché l’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. che sanziona con l’inammissibilità dell’impugnazione il mancato rispetto delle disposizioni dell’art. 581.

Secondo una giurisprudenza risalente, ma pacifica, i motivi di impugnazione possono essere formulati anche successivamente alla dichiarazione, purché nel termine stabilito per la presentazione dell’impugnazione medesima dall’art. 585 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 6029 del 02/11/1999 – dep. 08/02/2000, Ceanza, Rv. 215328, richiamata più recentemente da Sez. 1, n. 41753 del 16/09/2013 – dep. 09/10/2013, Liassa, Rv. 256982).

Nel caso di specie, la memoria con indicazione dei motivi depositata dal difensore del Diletto era tardiva con riferimento al termine per la presentazione dell’impugnazione calcolato sulla base della data di notifica dell’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza al detenuto.

3. Come anticipato, l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza è stata notificata esclusivamente al detenuto personalmente; lo stesso, all’epoca della presentazione dell’istanza di concessione della liberazione anticipata, non era assistito da difensori di fiducia che, infatti, aveva nominato nell’atto di presentazione del reclamo.

L’art. 69 bis, comma 1, cit. prevede che “l’ordinanza … è comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell’art. 127 cod. proc. pen.”

A sua volta, l’art. 127, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce che “quando si deve procedere in camera di consiglio, il giudice … fissa la data dell’udienza e ne fa dare avviso alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori. (…) Se l’imputato è privo di un difensore, l’avviso è dato a quello di ufficio”.

Sulla base di questa norma, il ricorrente e il Procuratore generale sostengono che l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza avrebbe dovuto essere notificata anche ai difensori del detenuto, censurando la relativa omissione.

Benché non esposto espressamente in sede di ricorso, tale censura coinvolge anche l’omessa nomina, da parte del Magistrato di Sorveglianza, di un difensore d’ufficio al richiedente, che era privo di un difensore di fiducia, al fine di notificare allo stesso l’ordinanza emessa de plano ai sensi dell’art. 69 bis cit. e, quindi, far decorrere anche per il difensore il termine di dieci giorni per la presentazione del reclamo: ciò in quanto, in base al principio stabilito dall’art. 585, comma 3, cod. proc. pen., quando la decorrenza del termine per proporre impugnazione è diversa per l’imputato e il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo.

L’ipotesi contemplata da tale norma riguarda anche la notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento emesso in seguito a procedimento in camera di consiglio (art. 585, comma 2, lett. a) cod. proc. pen.); notificazione che può essere eseguita in giorni diversi all’interessato e al suo difensore.

Si deve ricordare che l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di cui all’art. 69 bis ord. pen., benché senza la presenza delle parti, è “adottata in camera di consiglio”.

4. L’insegnamento costante di questa Corte è, tuttavia, nel senso opposto.

Si è affermato, infatti, che, in mancanza di nomina fiduciaria, il giudice non è tenuto a designare un difensore d’ufficio e le comunicazioni e notifiche ai sensi dell’art. 69 bis, comma primo, ord. pen., del provvedimento deliberato all’esito dell’udienza camerale devono essere limitate ai soggetti che, al momento della decisione, risultano legittimati a proporre reclamo e danno luogo alla decorrenza del termine breve di dieci giorni per la proposizione del gravame, che non può essere riaperto per effetto della nomina da parte dell’interessato di un difensore di fiducia, in epoca successiva alla celebrazione dell’udienza (Sez. 1, n. 47481 del 06/10/2015 – dep. 01/12/2015, Teano, Rv. 265376).

Secondo tale insegnamento al difensore di fiducia non era dovuta alcuna notificazione dell’ordinanza emessa dal Magistrato di sorveglianza in quanto l’intervento del difensore nel procedimento ex art. 69 bis legge n. 354 del 1975 non è necessario (così come – in difetto di diversa disposizione speciale – non lo è nelle procedure camerali regolate dal richiamato art. 127 cod. proc. pen.).

Pertanto, il giudice procedente, in mancanza di nomina fiduciaria per la specifica procedura, non è tenuto a designare un difensore d’ufficio.

Le comunicazioni e notifiche ai sensi dell’art. 69 bis, comma 1, cit. devono essere in tal caso necessariamente limitate ai soggetti che, al momento della decisione, risultano legittimati a proporre reclamo (nella fattispecie concreta sottoposta all’esame del Collegio, l’interessato e il Pubblico Ministero) e danno luogo alla decorrenza del breve termine di dieci giorni concesso dalla legge per la proposizione del gravame. Il termine ormai decorso non può essere riaperto, su iniziativa unilaterale dell’interessato, mediante la nomina tardiva di un difensore di fiducia in epoca successiva alla celebrazione dell’udienza.

Una simile interpretazione, prospettata nel ricorso, comporterebbe, infatti, la vanificazione dei termini perentori, stabiliti dalla legge a pena di decadenza, per la proposizione del reclamo e inciderebbe sulla certezza dei rapporti processuali e sui tempi di definizione delle procedure, strettamente correlati alla loro peculiare natura e all’oggetto della domanda.

Il principio era stato affermato anche in precedenza da Sez. 1, n. 21350 del 06/05/2008 – dep. 28/05/2008, Drago, Rv. 240089 e risulta applicato anche da tre ordinanze della Settima Sezione penale (n. 9623/2016 del 17/6/2015, n. 49859/2014 del 26/6/2014, n. 45260/2009 del 20/10/2009).

La sentenza Sez. 1, n. 92/2012 del 27/9/2011 aveva ribadito il principio, tuttavia annullando il provvedimento impugnato in quanto il detenuto aveva nominato un difensore di fiducia già con l’istanza di concessione della liberazione anticipata.

La Corte osservava: “nel caso in cui l’istante abbia (…) nominato un difensore di fiducia, l’ordinanza del Magistrato in materia di liberazione anticipata, oltre a dover essere comunicata al pubblico ministero e notificata all’interessato, va notificata al già nominato difensore al fine di consentire anche alla parte tecnica la proposizione del reclamo nel breve termine di dieci giorni, previsto dalla legge, come si ricava dall’art. 69 bis Ord. Pen., comma 1, che richiama l’art. 127 cod. proc. pen.”.

5. Si tratta di orientamento non condiviso dal Collegio la cui decisione, pertanto, potrebbe dar luogo a contrasto giurisprudenziale, con la conseguente necessità di rimettere il ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen.

A ben vedere, dovendo il Magistrato di Sorveglianza provvedere de plano sull’istanza di concessione della liberazione anticipata, è possibile sostenere una diversa natura del reclamo al Tribunale di Sorveglianza: quella di atto che sollecita il contraddittorio differito pieno a fronte di un provvedimento adottato senza la presenza delle parti, come è già previsto per altri procedimenti.

Ritenendo, invece, il reclamo un atto avente natura di impugnazione – come sembra indicare il nome stesso dell’istituto, nonché la previsione di incompatibilità per il Magistrato di Sorveglianza, che non può far parte del collegio che provvede sul reclamo (cfr. art. 69 bis, comma 4, secondo periodo, ord. pen.) – si pone inevitabilmente la questione del pieno rispetto dei diritti di difesa dell’interessato. In effetti, nel caso di specie, il detenuto viene privato dell’assistenza difensiva nella fase delicata dell’impugnazione del provvedimento reiettivo del Magistrato di Sorveglianza, il cui termine, per di più, è assai breve (dieci giorni): nel caso in cui non nomini (come nel caso di specie) un difensore di fiducia contestualmente alla presentazione del reclamo personale, il difensore verrà nominato soltanto ai fini della celebrazione davanti al Tribunale di Sorveglianza e avvisato dieci giorni prima dell’udienza (art. 666, comma 3 cod. proc. pen., applicabile in conseguenza del richiamo operato dall’art. 678 cod. proc. pen., norma a sua volta richiamata dall’art. 69 bis, comma 4, primo periodo ord. pen.).

6. Si deve ricordare che, provvedendo sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69 bis cit., la Corte Costituzionale ha espresso un orientamento verso la ricostruzione dell’istituto come provvedimento a contraddittorio differito.

Con l’ordinanza n. 352 del 2003, pronunciando sulla questione di legittimità costituzionale della norma per violazione del diritto di difesa, la Corte osservava, per giustificare la scelta del legislatore di prevedere l’ordinanza de plano del Magistrato di Sorveglianza: “in particolare, veniva avvertita come fonte di ingiustificato aggravio la previsione di un procedimento in contraddittorio, in vista dell’adozione di un provvedimento che ben poteva essere (ed in larga parte dei casi era) di segno positivo e, dunque, consentaneo alla richiesta dello stesso interessato: apparendo, di contro, assai più ragionevole che l’instaurazione di un contraddittorio pieno fosse contemplata solo nel caso di eventuale insoddisfazione del richiedente (o del pubblico ministero) per la decisione assunta (…).

Ciò premesso, questa Corte ha peraltro reiteratamente riconosciuto la piena compatibilità con il diritto di difesa di modelli processuali a contraddittorio eventuale e differito: i quali, cioè, in ossequio a criteri di economia processuale e di massima speditezza, adottino lo schema della decisione de plano seguita da una fase a contraddittorio pieno, attivata dalla parte che intenda insorgere rispetto al decisum (…); tale conclusione si innesta sul consolidato principio secondo cui l’esercizio del diritto di difesa è suscettibile di essere regolato in modo diverso, onde adattarlo alle esigenze ed alle specifiche caratteristiche dei singoli procedimenti: purché di tale diritto siano assicurati lo scopo e la funzione (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 8 del 2003 e n. 203 del 2002 ed i precedenti ivi richiamati); (…) le affermazioni di principio ora ricordate sono a maggior ragione riferibili al procedimento in esame, nel quale il giudice è chiamato a decidere su una domanda proposta dalla stessa parte del cui diritto di difesa si discute: particolare che rende tra l’altro non persuasiva la tesi (…) secondo cui la mancata previsione espressa della facoltà del richiedente di produrre memorie difensive equivarrebbe a diniego della stessa; potendosi ritenere, al contrario, che se la legge riconosce al condannato il potere di richiedere (su base argomentativa e documentale) l’applicazione di una determinata misura, essa lo abilita con ciò stesso (in assenza di un’esplicita preclusione) anche a successive produzioni a sostegno degli argomenti addotti; (…) d’altra parte, lo stesso valore del contraddittorio — dalla cui compromissione deriverebbe, secondo il rimettente, il vulnus all’art. 24, secondo comma, Cost. — presuppone un contrasto tra parti, e non già tra soggetto richiedente ed organo decidente; (…) nell’ipotesi in esame, dunque, più che una violazione del principio del contraddittorio, potrebbe venire semmai in rilievo, dal lato del richiedente, solo un diretto sacrificio del diritto di difesa: evenienza che, peraltro, non può dirsi realizzata, posto che il condannato, da un lato, è in grado di illustrare e “difendere” la propria domanda di liberazione anticipata e, dall’altro, di opporsi ad una eventuale decisione reiettiva”.

Con l’ordinanza n. 291 del 2005, la Corte ribadiva le medesime considerazioni, aggiungendo: “deve osservarsi come la previsione del procedimento de plano giovi senz’altro alla rapidità della decisione in rapporto al complesso delle istanze in parola, rispetto alle quali, come accennato, è in fatto nettamente preponderante la percentuale dei provvedimenti di accoglimento: evitando così il pregiudizio che il rimettente ipotizza sotto altro profilo, ossia che i tempi più lunghi, richiesti al fine di una decisione in contraddittorio già in prima battuta, danneggino i condannati con pena da espiare prossima alla conclusione; tutto ciò senza considerare che, proprio attraverso il meccanismo censurato, viene assicurato, in sostanza, al condannato un doppio scrutinio nel merito della sua istanza; appare inconferente, ancora, il richiamo del giudice a quo alla sentenza di questa Corte n. 53 del 1993, concernente la mancata attuazione del principio del contraddittorio nel procedimento di reclamo avverso determinati provvedimenti del magistrato di sorveglianza, in materia di permessi premio: giacché – a prescindere da ogni altro possibile rilievo – nella specie il contraddittorio nel procedimento di reclamo è pienamente garantito (…)”.

Come si vede, il meccanismo è ritenuto costituzionalmente legittimo perché, per la fase successiva all’adozione del provvedimento de plano del Magistrato di Sorveglianza, è garantito l’espletamento pieno del diritto di difesa, che comprende l’illustrazione dei motivi della richiesta di liberazione anticipata e dei motivi di censura al provvedimento adottato, nonché la produzione documentale necessaria.

7. Accedendo alla nozione del reclamo come sollecitazione da parte dell’interessato ad un contraddittorio pieno, tale reclamo non potrebbe essere dichiarato inammissibile per mancanza di motivi, non trovando applicazione i principi in tema di impugnazione già richiamati.

Tuttavia, il Collegio ritiene, al contrario, che l’inquadramento del reclamo ex art. 69 bis ord. pen. come atto di impugnazione sia corretta per i motivi già indicati; ma che ciò presuppone la piena garanzia del diritto di difesa dell’interessato anche nella fase iniziale.

Tale garanzia è resa possibile interpretando il richiamo operato dall’art. 69 bis, comma 1, cit. come riferito a tutti “i soggetti indicati nell’art. 127 cod. proc. pen.” e, quindi, anche al difensore.

Le pronunce di questa Sezione richiamate, in effetti, escludono la necessità di nomina di un difensore d’ufficio al detenuto da parte del Magistrato di Sorveglianza sulla corretta considerazione che, davanti a quel giudice, nessuna udienza deve essere tenuta; ma non tengono conto che la nomina di un difensore d’ufficio, nel caso di mancanza di un difensore di fiducia, non è prevista dalla norma codicistica al solo fine della celebrazione dell’udienza (art. 127, comma 1 cod. proc. pen.), ma anche per far decorrere il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento (art. 127, comma 7, cod. proc. pen.).

Questa seconda esigenza (la decorrenza del termine per la presentazione del reclamo) resta intatta anche quando, come nel caso di specie, il Magistrato di Sorveglianza provvede de plano: ma si tratta di esigenza che non riguarda la regolarità formale della procedura, quanto la possibilità per il richiedente di essere assistito da un difensore anche in questa fase.

8. In definitiva, il ricorso deve essere • rimesso alle Sezioni Unite per la risoluzione del seguente’ quesito: “se l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di cui all’art. 69 bis, comma 1, ord. pen., debba essere in ogni caso notificata al difensore del detenuto, se del caso nominato allo scopo”.

L’interrogativo, per quanto esposto, presuppone la scelta in ordine all’inquadramento giuridico del reclamo: se atto di impugnazione o se mero atto di sollecitazione del contraddittorio differito, ben potendosi, in questo secondo caso, non ritenere necessaria la nomina del difensore d’ufficio al detenuto che ne è privo nonché la notifica allo stesso del provvedimento, ma dovendosi anche ritenere inapplicabile la disciplina delle impugnazioni in materia di esposizione dei motivi.

P.Q.M.

Visto l’art. 618, cod.proc.pen., rimette il ricorso alle Sezioni Unite.

Così deciso il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.