REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
Donatella Galterio – Presidente –
Andrea Gentili
Vittorio Pazienza
Antonio Corbo
Enrico Mengoni – Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
(omissis) (omissis) nata a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 21/2/2023 della Corte di cassazione;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Dott. Enrico Mengoni;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Ettore Pedicini, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni dei difensori del ricorrente, Avv. (omissis) (omissis), che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 16754/23 del 21/2/2023, questa Corte suprema, Quarta sezione penale, rigettava i ricorsi proposti da (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) avverso la sentenza emessa ii 21/12/2021 dalla Corte di appello di (omissis) che aveva condannato entrambi per ii delitto di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen.
2. Propone ricorso ex 625-bis cod. proc. pen. la (omissis) a mezzo del proprio difensore, deducendo l’errore di fatto nel quale la Corte di legittimità sarebbe incorsa.
Premesso che la ricorrente sarebbe stata riconosciuta colpevole del delitto di omicidio colposo per non aver disposto i sopralluoghi necessari per verificare l’idoneità, ai fini della sicurezza, degli interventi proposti con nota del 3/10/2009 da “(omissis) s.p.a.” (capogruppo del raggruppamento temporaneo di imprese incaricato dalla provincia di (omissis) della manutenzione delle strade), la sentenza n. 16754/23 non avrebbe considerate un decisivo elemento documentale emerso da entrambe le pronunce di merito: una comunicazione del 9/3/2010, inoltrata alla provincia di (omissis) (ed esibita in aula al teste (omissis) con la quale “(omissis) dava atto di un incontro tenutosi il (omissis) precedente, presso gli uffici provinciali, durante ii quale erano stati convenuti lavori “a canone” (ripasso segnaletica esistente) ed “extracanone” (esecuzione di segnaletica non esistente e/o su striscia centrale) su un tratto della (omissis) (omissis) compreso quello in cui si era poi verificato l’incidente mortale.
L’inesatta percezione delle risultanze processuali, dunque, avrebbe condotto ad una decisione diversa da quella che altrimenti sarebbe stata adottata, risultando che la ricorrente – nella sua qualità dirigenziale – si sarebbe attivata ed avrebbe autorizzato i lavori indicati da• 1omissis) come necessari, non potendo, pertanto, essere chiamata a rispondere dell’evento letale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta manifestamente infondato.
4. Occorre ribadire, in primo luogo, che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis proc. pen. consiste in un errore percettivo causate da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formative della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (per tutte, Sez. U, n. 16103 del 27/3/2022, Basile, Rv. 221280).
5. Tanto premesso, il Collegio rileva che l’errore segnalato dalla ricorrente, quand’anche esistente, non rivestirebbe carattere di decisività, tale, dunque, da soverchiare la pronuncia di condanna.
6. In particolare, se anche fosse state riscontrato che, successivamente alla segnalazione di “) (omissis) lei 3/10/2009 (pervenuta in Provincia ii 6/10/2009), si era effettivamente tenuto un incontro tra rappresentanti di quest’ultima e dell’ente (peraltro, non è dato sapere nella persona di chi), nel corso del quale erano stati convenuti i citati interventi di manutenzione sulla (omissis), che “(omissis) si impegnava ad eseguire già nella settimana successiva, ciò non varrebbe comunque ad escludere la responsabilità penale della ricorrente, secondo ii percorso argomentativo steso dai Giudici del merito e non censurato dalla Corte di legittimità.
6.1. La (omissis) infatti, e stata riconosciuta colpevole del reato di omicidio colposo per aver determinate la morte di (omissis), lungo (omissis) e (omissis) e (omissis) e segnatamente perché – quale responsabile del procedimento del (omissis) (omissis) – “ometteva di predisporre in corrispondenza del (omissis) della (omissis) citata l’apposita segnaletica (omissis) prevista dall’art. 38, comma 7, C.d.S., sia verticale che orizzontale”.
Ebbene, la sentenza impugnata ha evidenziato che:
a) il 3/10/2009, la (omissis) aveva inviato al citato Ufficio 12 una nota con la quale erano segnalate alcune anomalie sulla (omissis) n. 9, con richiesta di autorizzazione di intervento di manutenzione a misura;
b) la nota, tra l’altro, evidenziava la necessita di eseguire interventi di segnaletica orizzontale di nuovo impianto anche nel tratto poi oggetto del sinistro;
c) la stessa (omissis) nell’occasione, si rimetteva al “giudizio tecnico” della Provincia, chiedeva che fosse ordinata l’esecuzione dei lavori e restava in attesa “delle relative istruzioni in merito all’attività istruttoria necessaria (sopralluoghi, documento e/o progetto preliminare) e ad eventuali successive esecuzioni”.
Muovendo da questi elementi in fatto, i Giudici di merito – con argomento non censurato in sede di legittimità – avevano quindi riscontrato che l’indicazione fornita da (omissis) non era vincolante per l’ente pubblico committente (la Provincia), al cui definitive giudizio tecnico era rimessa la decisione circa gli interventi di manutenzione straordinaria necessari a garantire la messa in sicurezza del tratto 1omissis)
6.2. Ne consegue, dunque, che, anche ammettendo che un incontro tra impresa e Provincia si fosse tenuto il 12/2/2010, che i sopralluoghi fossero stati compiuti e che fossero stati convenuti lavori di rifacimento della segnaletica orizzontale (come si legge nella nota del 9/3/2010), rimarrebbe comunque un evidente profilo di colpa in capo alla ricorrente, quale non aver verificato – anche attraverso tecnici dell’ente – se tali lavori fossero stati poi effettivamente eseguiti e, primariamente, se fossero sufficienti alla messa in sicurezza; come indicate nella sentenza impugnata, infatti, l’istruttoria aveva evidenziato che alla data dell’incidente (19/8/2011), nessun intervento era state compiuto sulla segnaletica verticale (volta a segnalare una pericolosa curva sinistrorsa di 106-107 gradi), ne su quella indicante il limite di velocita (allora pari a 90 km/h, successivamente portato a 30 km/h), nonostante questi interventi fossero poi risultati evidentemente necessari per evitare il sinistro, al pari di quelli sulla segnaletica orizzontale (gli unici – si ribadisce – citati nella nota del 9/3/2010) e nonostante fosse trascorso un anno e mezzo dal supposto incontro tra “(omissis) e (omissis) della Provincia di (omissis) del febbraio 2010.
7. Alla luce di quanta precede, dunque, ii ricorso straordinario deve essere rigettato, sul presupposto che l’eventuale errore percettivo imputabile alla sentenza n. 16754/23 non avrebbe comunque carattere decisivo, idoneo a soverchiare l’affermazione di responsabilità della (omissis) che andrebbe pertanto confermata.
L’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, dunque, non avrebbe comunque condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (per tutte, 2, n. 41782 del 30/9/2015, Cofano, R. 265248), con conseguente manifesta infondatezza della richiesta.
8. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2023.