Rsa, il direttore sanitario risponde della morte dell’anziano caduto se non istruisce il personale (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 18 dicembre 2024, n. 46577).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI – Presidente –

Dott. CABRIELLA CAPPELLO – Relatore –

Dott. VINCENZO PEZZELLA – Consigliere –

Dott. FRANCESCO LUIGI BRANDA – Consigliere –

Dott. MARIA TERESA ARENA – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

(omissis) (omissis) nata a (omissis) il xx/xx/19xx;

(omissis) (omissis) nata a (omissis) il xx/xx/19xx;

e RSA (omissis) con sede a (omissis);

avverso la sentenza del 06/12/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

svolta la relazione dal Consigliere Dott.ssa GABRIELLA CAPPELLO;

uditi il Procuratore generale, in persona della sostituta, Dott.ssa FRANCESCA COSTANTINI, la quale si é riportata alla memoria scritta, chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;

uditi, altresì, l’avv. (omissis) (omissis) del foro di Catanzaro per (omissis) (omissis) il quale ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso, al quale si é riportato, chiedendo in subordine la rimessione della questione alle Sezioni Unite della Corte di cassazione;

lo stesso avv. (omissis) (omissis) in sostituzione e per delega orale dell’avv. (omissis) (omissis) del foro di Catanzaro, per il responsabile civile RSA (omissis) (omissis) il quale si é riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento;

l’avv. (omissis) (omissis) del foro di Catanzaro per (omissis) (omissis) la quale ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, riportandosi ai motivi di ricorso;

l’avv. (omissis) (omissis) del foro di Lamezia Terme per (omissis) (omissis) il quale si é riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’appello di Catanzaro ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di quella citta, con la quale (omissis) (omissis), (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) e la RSA (omissis) sono stati condannati, i primi tre, unitamente a per omicidio colposo ai danni di (omissis) (omissis) dichiarando non doversi procedere nei confronti degli imputati per essere il reato estinto per prescrizione, maturata nelle more del giudizio di appello e confermando nel resto.

II processo riguarda la morte di un paziente della citata RSA avvenuta per trauma cranico riportato a seguito di una caduta da un divano sul quale l’uomo era stato sistemato in posizione seduta, sebbene non in grado di mantenerla.

In particolare, si e contestato al (omissis) (omissis) nella qualità di direttore sanitario della struttura, di non aver impartito istruzioni al personale infermieristico e agli operatori socio-sanitari in ordine alla vigilanza e al controllo di pazienti in condizioni psico-fisiche gravi come quelle della vittima; alla (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) nella qualità di operatrici in servizio il giorno dell’evento, di avere omesso di esercitare sul paziente il controllo e la vigilanza, la caduta non avendo rappresentato un evento imprevedibile.

2. La Corte d’appello, esaminate le doglianze veicolate con gli atti di gravame, ha intanto affermato che il reato non si era prescritto prima della sentenza appellata, dovendosi conteggiare, tra le sospensioni, anche quella del rinvio dell’udienza del 22 maggio 2017 a quella del 13 novembre successivo, per l’astensione dei difensori dalle udienze proclamata dagli organismi di categoria, per un totale di 175 giorni, ritenendo irrilevante che all’udienza alcuni testimoni citati non fossero comparsi.

Quante al residuo thema decidendum (domanda civile), poi, ha rigettato le eccezioni preliminari aventi a oggetto l’omessa notifica dell’accertamento tecnico irripetibile sulle cause della morte del paziente, atteso che, nel memento in cui esso fu disposto, non erano ipotizzabili responsabilità a carico di alcuno, procedendosi contro ignoti; così come quella avente a oggetto le s.i.t. rese dagli indagati, rispetto alle quali ha rilevato che il giudizio non si era fondato su di esse.

Ha, poi, richiamato la consulenza tecnica e le dichiarazioni rese dal consulente in sede di esame e nel contraddittorio per affermare che le cause del decesso della vittima erano da ascrivere alla caduta dell’uomo dal divano, distinguendo le singole posizioni: quanto al (omissis) (omissis) costui aveva omesso – nella qualità di direttore sanitario, al quale spettava la gestione della struttura e l’organizzazione tecnico sanitaria, ivi compresa la predisposizione di protocolli inerenti al ricovero dei pazienti, l’informativa delle situazioni di rischio e la gestione delle emergenze – di prescrivere mezzi di contenimento del paziente, nonostante questi fosse stato protagonista di precedenti cadute e il suo quadro clinico lo indicasse come soggetto che aveva difficolta a stare fermo; quanto agli operatori socio-sanitari, la Corte d’appello ne ha ritenuto la responsabilità in relazione ai compiti propri di ciascuno, le due donne, in servizio durante il turno nel quale era avvenuta la caduta del paziente, non avendo prestato attenzione al fatto che l’uomo era stato collocato sul divano senza precauzioni.

3. La difesa del (omissis) (omissis) ha proposto ricorso formulando cinque motivi.

Con il primo, ha dedotto violazione di legge in relazione al calcolo dei periodi di sospensione del termine di prescrizione, contestando la computabilità del rinvio dell’udienza per adesione dei difensori all’astensione proclamata dagli organismi di categoria, attesa la concomitante assenza dei testimoni e, quindi, l’impossibilità di procedere alla loro escussione.

Con il secondo, ha dedotto vizio della motivazione quanto alla decisione sulla questione dell’omesso avviso di accertamento tecnico, non condividendo l’affermazione secondo cui era irrilevante la sola posizione di direttore sanitario della struttura ricoperta dal (omissis) (omissis) osservando come dal mancato avviso fosse derivata una compressione del diritto di difesa dell’imputato che avrebbe potuto nominare un proprio consulente tecnico.

Con il terzo, ha dedotto analogo vizio quanto alla inutilizzabilità delle s.i.t. rese nel corso delle indagini: esse erano state utilizzate dal consulente tecnico, concorrendo a configurare una rappresentazione della realtà che avrebbe indebolito la genuinità dell’accertamento, compromettendo l’oggettività delle risultanze.

Con il quarto, ha dedotto analogo vizio quanto alla verifica del nesso di causa tra la condotta contestata e l’evento, avendo la Corte supinamente aderito alle risultanze della consulenza tecnica disposta dal PM, omettendo un rigoroso esame degli elementi emersi dall’istruttoria, tra cui il dato dell’accertata escoriazione al sopracciglio sinistro della vittima.

Infine, con il quinto motivo, ha dedotto analogo vizio quanta al vaglio dell’elemento oggettivo del reato: i fatti si sarebbero svolti in un ambito temporale ristretto, laddove l’uso della contenzione non rientrerebbe tra le misure da adottarsi per la salute, trattandosi di presidio che mina la libertà dell’individuo e non produce l’effetto di migliorarne le condizioni di salute, potendo anzi provocare lesioni, l’uso di essa essendo previsto solo per situazioni eccezionali.

4. La difesa della (omissis) (omissis) ha proposto ricorso, formulando tre motivi

Con il primo, anche questa difesa ha dedotto violazione di legge quanto al calcolo del termine di prescrizione del reato, ritenendo che nello stesso non poteva essere  computato il rinvio dell’udienza del 22/5/2017, atteso che, oltre all’astensione dei difensori dall’attività di udienza, si era verificata una concomitante circostanza, vale a dire l’assenza dei testimoni della parte civile.

Con il secondo motivo, ha dedotto analogo vizio, con riferimento all’art. 192, cod. proc. pen. e all’art. 40, cod. pen., oltre a vizio della motivazione, rilevando un erroneo governo del materiale probatorio da parte della Corte territoriale con riferimento alla posizione di garanzia ritenuta in capo alla (omissis) (omissis) alla stregua della presenza di costei al momento del fatto: le prove avrebbero dimostrato, invece, che nella sala comune ove il paziente era caduto alle ore 16:00 era presente solo lo (omissis) (omissis) laddove la (omissis) (omissis) e la (omissis) (omissis) si erano trovate invece nella stanza del paziente solo più tardi, verso le 19:00, siccome incaricate di metterlo a letto, come ricostruito anche nella sentenza appellata.

Con il terzo motivo, ha dedotto violazione di legge con riferimento all’art. 40 cod. pen., rilevando che l’eventuale misura di contenimento doveva essere disposta dal personale medico e che, nella specie, essa non era stata predisposta per il paziente deceduto, così come non era stata prevista alcuna particolare vigilanza, cosicché nessuna carenza avrebbe potuto addebitarsi alla (omissis) (omissis).

5. La difesa della (omissis) (omissis) ha proposto ricorso, formulando un unico motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge quanto al computo del termine di prescrizione del reato, anche questa difesa avendo rilevato la non computabilità della sospensione dell’udienza del 22/5/2017, per le stesse ragioni esposte con riferimento agli altri ricorsi.

6. Infine, ha proposto ricorso anche la difesa del responsabile civile RSA (omissis) (omissis) (omissis) formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto violazione di legge quanto all’art. 40 comma 2, cod. pen., oltre a vizio della motivazione quanta al nesso di causalità: l’editto accusatorio descriverebbe tanto la condotta omissiva degli operatori, quanto quella che sarebbe stata idonea a impedire l’evento, avendo però i giudici del merito fatto ricorso al solo criterio di probabilità, senza tener conto che le misure che si assumono pretermesse, si erano rivelate già inidonee a contenere il paziente in precedenti occasioni.

II relativo motivo di gravame, peraltro, non sarebbe stato neppure preso in considerazione dalla Corte d’appello che, nel valutare l’impugnazione del (omissis) (omissis) si sarebbe limitata ad affermare che sul direttore sanitario gravano gli obblighi di custodia, protezione e controllo che imponevano condotte, quali l’uso di mezzi di contenimento, volte a prevenire e scongiurare ii verificarsi dell’evento. Viceversa, secondo il deducente, la Corte avrebbe dovuto verificare il nesso di causa tra l’omessa adozione di misure idonee ad evitare la caduta e il decesso del paziente, accertando se la condotta doverosa omessa fosse in grado di scongiurare l’evento.

7. II Procuratore generale, in persona della sostituta, Dott.ssa Francesca COSTANTINI, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.

Considerato in diritto

1. I ricorsi vanno tutti rigettati.

2. I motivi inerenti al computo del termine di prescrizione del reato (primo dei ricorsi (omissis) (omissis) e motivo unico (omissis)) sono infondati.

In tema di sospensione dei termini di prescrizione per adesione del difensore alla agitazione di categoria, si é più volte affermato, anche di recente, che non assume rilievo la concomitante assenza dei testimoni da escutere che, anzi, costituisce l’effetto virtuoso della disciplina del Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze, adottato dall’Avvocatura il 4 aprile 2007 in adempimento dell’obbligo di legge previsto dalla legge 12 giugno 1990, n. 146 e succ. modif. sui. servizi pubblici essenziali, con la conseguenza che la mancata comparizione dei testi non può costituire un motivo prevalente sull’adesione al c.d. sciopero degli avvocati ai fini dello scomputo dell’intero periodo di sospensione (Sez. 6, n. 41384 del 21/9/2023,  D., Rv. 285355  – 01).

Trattasi, invero, di un orientamento consolidato, in adesione al quale si e pure precisato che l’astensione del difensore determina l’arresto dell’udienza ancor prima che il giudice possa esercitare i suoi ordinari poteri processuali e, quindi, verificare l’assenza dei testimoni, disponendone, all’evenienza, l’accompagnamento coattivo (Sez. 2, n. 5050 del 19/1/2021, De Gregorio, Rv. 280564 – 01; Sez. 3, n. 6362 del 25/10/2018, dep. 2019, C., Rv. 275834 – 01, in cui si affermato che il processo, senza l’astensione del difensore, avrebbe potuto celebrarsi regolarmente e il giudice avrebbe potuto attivare i poteri previsti dall’art. 133 cod. proc. pen., disponendo l’accompagnamento coattivo dei testi assenti). E, alla luce dello stesso principio, si é addirittura ritenuto irrilevante l’avvenuto svolgimento di attività istruttoria o processuale alla medesima udienza (Sez. 1, n. 29264 del 24/6/2024, S., Rv. 286903 – 01).

Pertanto, in adesione a tale consolidato orientamento, questa Corte ritiene che la decisione censurata abbia fatto buon governo di tali principi conteggiando la relativa sospensione e rigettando la tesi difensiva che da tale scomputo aveva preteso di affermare l’intervenuto effetto estintivo prima della pronuncia appellata.

3. Quanto ai restanti motivi, va in premessa ricordato che il thema decidendum devoluto a questa Corte, una volta esaminato il motivo con il quale alcuni ricorrenti hanno invocato l’effetto estintivo della prescrizione in data anteriore alla sentenza appellata, riguarda unicamente le statuizioni civili, confermate dal giudice del gravame, non versandosi in ipotesi di imputati che invocano l’assoluzione in merito a norma dell’art. 530, cod. proc. pen., in applicazione dei principi da ultimo affermati dal Supremo organo della nomofilachia (Sez. U, n. 36208/2024, Calpitano). Ciò posto, va rilevato che il procedimento, quanto alle statuizioni civili, é stato deciso con sentenza conforme (la riforma in appello avendo riguardato solo l’estinzione del reato per prescrizione).

Pertanto, va ribadita l’estraneità, al vaglio di legittimità, degli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacita dimostrativa, con la conseguente inammissibilità di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio.

Sono, dunque, precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482 – 01), non potendo questo giudice sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099 – 01).

Ciò posto, sono manifestamente infondati i motivi secondo e terzo formulati nell’interesse del (omissis) (omissis) la risposta dei giudici territoriali risultando conforme ai principi già formulati da questa Corte di legittimità.

Infatti, quanto agli avvisi, in ipotesi di accertamenti tecnici non ripetibili, va ricordato che quelli di cui all’art. 360, comma 1, cod. proc. pen., sono dovuti solo in presenza di consistenti sospetti di reato, sia sotto il profilo oggettivo che in ordine alla sua attribuibilità (Sez. 4, n. 20093 del 28/1/2021, Del Papa, Rv. 281175 – 01, in cui, in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva ritenuto utilizzabile, in un processo per omicidio colposo da responsabilità medica, l’esame, autoptico eseguito senza previo avviso al difensore del ricorrente, in quanto gli indizi a suo carico erano emersi solo a seguito dell’espletamento dell’accertamento tecnico; Sez. 1, n. 18246 del 25/2/2015, B., Rv. 263858 – 01; Sez. 4, n. 20591 del 23/2/2010, Colesanti, Rv. 247327 – 01).

Quanto, invece, alle s.i.t., la difesa ha reiterato la doglianza veicolata con il gravame senza tener in alcun conto le ragioni in forza delle quali la Corte del merito le ha disattese, affermando che dette dichiarazioni non erano state utilizzate per scrutinare la responsabilità degli accusati. Del tutto generica, peraltro, deve considerarsi l’osservazione difensiva secondo cui la rappresentazione della realtà che tali dichiarazioni avrebbero indotto nel consulente tecnico avrebbe indebolito la genuinità dell’accertamento, nulla avendo la difesa argomentato a tal proposito, limitandosi al mero enunciate.

4. Sono manifestamente infondati il quarto e il quinto motivo formulati nell’interesse del (omissis) (omissis) e il secondo motivo formulato nell’interesse della (omissis) (omissis).

Quanto al nesso di causa tra la condotta rispettivamente ascritta al direttore sanitario e agli operatori socio-sanitari, tra i quali la (omissis) (omissis) si impone, stante la conforme valutazione, una lettura integrata delle sentenze di merito, alla luce della quale é rinvenibile una risposta del tutto esauriente circa la individuazione delle rispettive posizioni di gestori del rischio (quello cioè della caduta del paziente, avuto riguardo alla conosciuta o, comunque, conoscibile condizione di soggetto inabile a stare seduto senza presidi di sorta) e al collegamento etiologico tra le condotte ascritte e l’evento verificatosi, le prime essendo state poste in violazione di precise norme di diligenza e prudenza che, nella specie, erano intese a presidio della incolumità di soggetti particolarmente esposti al rischio di caduta.

Quanto al (omissis) (omissis) in particolare, le due censure sono ai limiti della genericità, poiché dopo un richiamo ai principi di matrice giurisprudenziale, la difesa si é limitata ad affermare che la Corte del gravame avrebbe acriticamente aderito alle risultanze della consulenza tecnica disposta dal PM, omettendo di esaminare rigorosamente le risultanze dibattimentali, tra le quali ha menzionato la ferita al sopracciglio sinistro della vittima, con ciò dimentica, con tutta evidenza, di quanto diffusamente esposto alle pagg. 10 e 11 della sentenza appellata, laddove il primo giudice aveva già spiegato detta presenza con la natura del trauma encefalico subito dal (omissis) (omissis).

Stesso giudizio di genericità deve formularsi anche quanto all’elemento oggettivo del reato: la difesa ha operato un rinvio al principio di affidamento, in caso di responsabilità di esercenti la professione sanitaria, non considerando tuttavia che la posizione del (omissis) (omissis) é stata esaminata in relazione allo specifico addebito mosso, quello cioè di avere omesso di organizzare l’attività della RSA dal medesimo gestita, nel senso di predisporre protocolli idonei a consentire il trattamento di pazienti con particolari caratteristiche.

Peraltro, la corretta lettura del principio invocato implica che il direttore sanitario di una casa di cura privata é titolare, in virtù dei poteri di gestione e organizzazione della struttura a lui spettanti, di una posizione di garanzia giuridicamente rilevante, tale da consentire di configurare una responsabilità colposa per fatto omissivo per mancata o inadeguata organizzazione (c.d. “colpa da organizzazione”), derivante dall’inottemperanza all’obbligo di adottare le cautele organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione di reati, sempre che questi non siano ascrivibili esclusivamente al medico e/o ad altri operatori della struttura (Sez. 4, n. 32477 del 19/2/2019, Natoli, Rv. 276708 – 01, in fattispecie in cui é stata riconosciuta la responsabilità del direttore sanitario di una casa di cura per il decesso di una paziente a seguito di parto gemellare, in virtù della riconosciuta carente predisposizione di scorte di sangue adeguate, mancanza di fissazione di protocolli e modalità con cui contattare ospedali pubblici o strutture più idonee in situazioni emergenziali).

Peraltro, é la stessa difesa che, in maniera del tutto contraddittoria, riconosce la necessita della contenzione in situazioni del tutto eccezionali e per un tempo circoscritto, salvo poi ad argomentare nel senso che, nella specie, l’impiego di mezzi di contenzione si sarebbe tradotto in un intervento non foriero di effetti benefici per il paziente. In realtà, la difesa ha del tutto travolto il piano dell’analisi, non essendo stato addebitato al (omissis) (omissis) di aver approntato un erroneo piano terapeutico, ma di non aver disciplinato, ne organizzato in alcun modo, la gestione di pazienti la cui specifica patologia li rendeva incapaci a mantenere, senza contenzione o altri presidi, la posizione di seduta, per il tempo necessario richiesto ad assumerla.

Quanto, invece, alla operatrice (omissis) la difesa ha operato una parcellizzazione della ricostruzione degli accadimenti del 07/12/2009, senza peraltro tener canto di quella minuziosa operata nella sentenza appellata: a nulla rileva, infatti, che al momento della caduta all’interno della stanza ci fosse solo lo (omissis) (omissis) atteso che tutti gli operatori chiamati a rispondere per i danni correlati all’evento mortale erano in servizio e agli stessi era devoluta la vigilanza sul paziente, il quale era stato sistemato su un divano senza protezione, mediante l’impiego di un unico strumento di contenzione, rappresentato da una sedia posta nelle sue immediate vicinanze, neppure previsto dalle leges artis o dalla prassi interna alla struttura.

La responsabilità degli operatori in servizio, peraltro, é stata correttamente esaminata dal Tribunale in relazione alla catena operativa della struttura, ricostruita grazie alla svolta istruttoria.

La censura difensiva non ha introdotto elementi non valutati dai giudici d’appello, i quali hanno esaminato la posizione della (omissis) (omissis) proprio in ragione della posizione riconducibile alle mansioni proprie della sua qualifica e, nel concreto, alla circostanza che l’evento era accaduto quando il paziente era affidato alla sua vigilanza.

5. II motivo unico formulato nell’interesse del responsabile civile é infondato.

Parte ricorrente non ha tenuto conto, intanto, delle puntualizzazioni già contenute nella sentenza appellata: il primo giudice aveva messo in risalto le manchevolezze evidenti nella gestione di quel paziente, quanto al rischio di caduta, stigmatizzando la carenza dell’intera catena operativa dalla struttura, a partire dal suo vertice, rappresentato dal direttore sanitario, sino ai dipendenti O.S.A.

Orbene, va intanto considerata la peculiare posizione del responsabile civile, il quale risponde non direttamente ma per fatto altrui, il principio di “altruità” ricavandosi direttamente dal combinato disposto di cui agli artt. 185, comma 2, cod. pen. e 83, comma 1, cod. proc. pen. (sul punto, Sez. 4, n. 10701 del 1/2/2012, Baraiolo, Rv. 252674 – 01, in cui si é, per l’appunto, affermato che la responsabilità diretta non si attaglia alla figura del responsabile civile che é il soggetto giuridico tenuto al risarcimento dei danni in quanto obbligato a rispondere per il fatto altrui, con conseguente illegittimità della decisione che affermi la responsabilità diretta del responsabile civile e non già per fatto altrui, in fattispecie in cui la S.C. ha censurato la decisione con cui il Tribunale aveva affermato la responsabilità dell’ente Comune a titolo di culpa in eligendo e in vigilando, e quindi per fatto proprio, pur rivestendo nel processo la veste di responsabile civile; Sez. 6, n. 41520 del 27/9/2012, Zaccagnini, Rv. 253810 – 01, in cui si é ribadito che non può assumere la veste di responsabile civile ai sensi dell’art. 185 cod. pen. il soggetto che, versando in colpa, abbia un titolo diretto di responsabilità per i danni lamentati dalla parte civile).

Corollario di tali principi, pertanto, é che, in tanto può sussistere la legittimazione passiva del responsabile civile, in quanto sia presente nel processo penale un imputato del cui operato egli debba rispondere per legge, a norma dell’art. 185 cod. pen. (Sez. 5, n. 28157 del 3/2/2015, Lande, Rv. 264913 – 01; Sez. 4, n. 42127 del 3/11/2021, Ingino, Rv. 282277 – 01).

Nella specie, l’impugnante non ha considerato la risposta complessivamente approntata dalla Corte territoriale quanto alla correlazione causale tra le condotte dei dipendenti della struttura e l’evento verificatosi: i giudici d’appello hanno dato conto della circostanza che il (omissis) (omissis) aveva omesso di gestire lo specifico rischio, omettendo di dare disposizioni che tenessero conto della incapacità del paziente di restare in posizione seduta, come i precedenti episodi avevano dimostrato; quanto, invece, agli operatori, ha valorizzato la circostanza che il posizionamento del (omissis) su un divano senza altri strumenti di contenimento, se non una sedia collocata nelle vicinanze, si era tradotta nell’omessa vigilanza del paziente, dalla quale era derivata la rovinosa caduta, scongiurabile attraverso l’espletamento dei compiti di controllo spettanti al personale in servizio nell’arco temporale rilevante.

6. Pertanto, le censure si pongono come meramente reiterative di doglianze debitamente esaminate dai giudici del merito con specifico riferimento alla responsabilità diretta dei dipendenti della predetta RSA.

7. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Deciso il 27 novembre 2024

Il Consigliere estensore                                                                                                  Il Presidente

Gabriella Cappello                                                                                                 Francesco Maria Ciampi

Depositato in Cancelleria, oggi 18 dicembre 2024.

SENTENZA

Il Funzionario Giudiziario

Dott. Gianfranco Catenazzo