Ruba capi di abbigliamento ma l’allarme sonoro e la vigilanza, che blocca il ladro, fan sì che il reato di furto sia solo tentato (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 23 aprile 2021, n. 15481).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente – 

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –

Dott. MOROSINI Maria Elisabetta – Rel. Consigliere –

Dott. MICHELI Paolo – Consigliere –

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) PETRU nato in (OMISSIS) il 17/10/19xx;

avverso la sentenza del 16/05/2019 della CORTE di APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Elisabetta Maria Morosini;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Olga Mignolo, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, di (OMISSIS) Petru per il furto, aggravato dall’utilizzo di un mezzo fraudolento, di sedici capi di abbigliamento del valore complessivo di 1.200,56 euro, sottratti dagli espositori di un negozio e inseriti all’interno di una borsa “schermata”; mentre, dopo aver escluso la recidiva reiterata e riconosciuto soltanto quella specifica e infraquinquennale, ha ridotto la pena a mesi cinque di reclusione ed euro 180 di multa.

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando tre motivi.

2.1. Con i primi due denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di qualificazione giuridica del fatto.

Il reato si sarebbe arrestato alla fase del tentativo, poiché l’imputato non ha mai conquistato una autonoma signoria sul bene: è stato fermato all’interno del negozio quando, al suo passaggio, è scattato l’allarme sonoro delle barriere antitaccheggio.

2.2. Con il terzo motivo lamenta violazione di legge per non avere il giudice di appello rinnovato il giudizio di bilanciamento una volta esclusa la recidiva reiterata.

3. Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di discussione orale, dunque il processo segue il cd. “rito scritto” ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020.

Il Procuratore generale ha trasmesso, tramite posta elettronica certificata, le proprie articolate conclusioni in epigrafe trascritte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Il primo e secondo motivo sono fondati.

La fattispecie in rassegna si inquadra nella ipotesi del tentativo.

2.1. La condotta è pacifica: l’imputato ha prelevato sedici capi di abbigliamento dagli espositori di vendita e li ha inseriti in una borsa “schermata”; al momento del passaggio attraverso la barriera elettronica è scattato l’allarme sonoro, l’imputato è stato immediatamente fermato, all’interno dei locali dell’esercizio commerciale, dall’addetto alla vigilanza che ha effettuato un ulteriore controllo e ha rinvenuto, poi, la merce all’interno della borsa.

2.2. La Corte di appello ha riconosciuto la figura del reato consumato in forza dei seguenti rilievi:

– il caso in rassegna è “eccentrico” rispetto a quello deciso dalle Sezioni Unite n. 52117 del 17/07/2014, Prevete, Rv. 261186, che si sono occupate della diretta osservazione del fatto da parte del personale di vigilanza (pag. 4 sentenza impugnata);

– l’imputato è stato fermato dopo aver superato le “casse” nel mentre “si era diretto” verso l’uscita “nel tentativo di allontanarsi” (pag. 5), dunque ha varcato le barriere che delimitano l’area di controllo dominicale.

2.3. La decisione è errata e muove, peraltro, da una lettura parziale della sentenza delle Sezioni Unite Prevete che si sono occupate non solo del caso di azione posta in essere sotto la diretta osservazione della persona offesa o dei suoi dipendenti ma anche di quello, diverso ma equiparabile, in cui il monitoraggio della azione furtiva viene esercitato grazie ad appositi strumenti di rilevazione.

Anche nella seconda ipotesi il controllo esercitato attraverso apparati elettronici di rilevazione automatica del movimento della merce (sensori o placche antitaccheggio) ed il conseguente intervento difensivo “in continenti” impediscono che l’avviata azione delittuosa venga portata a compimento.

In questa seconda ipotesi ricade, all’evidenza, la condotta in esame, che, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte di appello, non è affatto “eccentrica” rispetto alle statuizioni delle Sezioni Unite Prevete.

2.4. Il discrimine tra tentativo e consumazione riposa sulla considerazione che l’impossessamento postula il conseguimento della signoria del bene sottratto, intesa come piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell’agente.

La consumazione del furto deve essere agganciata alla completa rescissione (anche se istantanea) della «signoria che sul bene esercitava il detentore, mentre, di converso, se lo sviluppo dell’azione delittuosa non abbia comportato ancora la uscita del bene dalla sfera di vigilanza e di controllo dell’offeso, si rimane allo stadio del tentativo» (Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Prevete, cit.).

Nella specie il controllo esercitato attraverso gli apparati elettronici di rilevazione automatica del movimento della merce e l’intervento difensivo “in continenti” (attraverso il posizionamento di un addetto alla vigilanza all’uscita dalle barriere) hanno impedito all’agente di conseguire, anche solo momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di “dominio” della persona offesa.

3. Il terzo motivo è assorbito.

4. Consegue che la sentenza deve essere annullata sul punto della qualificazione giuridica del fatto in termini di reato consumato e il processo va rinviato al giudice di merito che, previa riqualificazione del fatto come delitto tentato, provvederà alla rimodulazione del trattamento sanzionatorio, tenendo conto anche del terzo motivo di ricorso rimasto assorbito.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Così deciso in Roma, il 29/03/2021.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.