Scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazione mafiosa (Consiglio di Stato, Sezione III, Sentenza 26 settembre 2019, n. 6435).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Franco Frattini, Presidente

Dott. Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Dott.ssa Stefania Santoleri, Consigliere

Dott. Giovanni Pescatore, Consigliere

Dott. Raffaello Sestini, Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2559 del 2019, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e dall’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di -OMISSIS-, in persona del Prefetto pro tempore, tutti rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocato Bernardo Marasco, dall’Avvocato Dina Marasco, Pietro Domenico Palamara, Gianfranco Spinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Francesco Paola in Roma, via del Babbuino, n. 48;
Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza -OMISSIS- del -OMISSIS- 2019 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I, resa tra le parti, che ha annullato lo scioglimento del Consiglio comunale di -OMISSIS- disposto ai sensi dell’art. 143 del T.U.E.L.

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 settembre 2019 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per gli odierni appellati, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, l’Avvocato Dina Marasco, l’Avvocato Pietro Domenico Palamara e l’Avvovato Gianfranco Spinelli nonché per le pubbliche amministrazioni appellanti, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di -OMISSIS-, l’Avvocato dello Stato Attilio Barbieri;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto lo scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS-, adottato con decreto del Presidente della Repubblica del -OMISSIS- 2017 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del -OMISSIS-2017, per la ritenuta esistenza di infiltrazioni mafiose negli organi elettivi ed amministrativi dell’ente comunale.

1.1. All’esito delle elezioni amministrative, svoltesi il -OMISSIS- 2015, e del successivo ballottaggio, tenutosi il -OMISSIS- 2015, è stato eletto sindaco l’odierno appellante, -OMISSIS-, e si sono insediati il nuovo consiglio comunale e la nuova giunta.

1.2. A distanza di circa due anni il Prefetto di -OMISSIS-, sulla scorta delle indagini di polizia giudiziaria eseguite nell’ambito dell’operazione “-OMISSIS-”, coordinata dalla Procura della Repubblica di -OMISSIS-, ha ritenuto di dovere sottoporre ad un approfondito monitoraggio l’amministrazione comunale.

1.3. L’operazione di polizia aveva dato esecuzione ad una ordinanza di fermo nei confronti di 52 indagati, considerati sodali di una consorteria mafiosa operante nella -OMISSIS- -OMISSIS- e ritenuti responsabili, a vario titolo, di numerosi reati di associazione di stampo mafioso, e tra questi figurava -OMISSIS- del consiglio comunale di -OMISSIS- e -OMISSIS- dello stesso consiglio, poi dimessosi, al quale era stato contestato il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa per aver chiesto e fruito dell’appoggio elettorale dei sodalizi mafiosi locali.

1.4. Sul presupposto che i fatti emersi dalle indagini coordinate dalla Procura imponessero di verificare la permeabilità dei vertici politici o degli apparati burocratici del Comune agli interessi della criminalità organizzata di stampo mafioso e l’eventuale incidenza di questa sull’azione dell’ente, il Prefetto di -OMISSIS- ha chiesto al Ministro dell’Interno di disporre l’accesso dell’organo ispettivo presso gli uffici dell’ente per verificare la sussistenza dei presupposti per adottare la misura di cui all’art. 143 del d. lgs. n. 267 del 2000 e, a ciò delegato, con decreto n. -OMISSIS- del -OMISSIS- 2017 ha provveduto a nominare una apposita commissione di accesso.

1.5. La commissione di indagine il -OMISSIS- 2017 ha rassegnato le proprie conclusioni, compendiate nell’apposita relazione, sulla base della quale il Prefetto di -OMISSIS-, sentito anche il Comitato per l’ordine e per la sicurezza, con nota del -OMISSIS- 2017 ha riferito al Ministro e ha espresso l’avviso che dovesse procedersi all’adozione della misura dissolutoria, di cui all’art. 143 del d. lgs. n. 267 del 2000, giacché dall’istruttoria erano emersi elementi e circostanze indicative della sussistenza di infiltrazioni mafiose nell’ambito dell’amministrazione comunale di -OMISSIS- e la permeabilità di quest’ultima agli interessi dei sodalizi criminali.

1.6. La proposta prefettizia è stata condivisa dal Ministro dell’Interno che, con la relazione –OMISSIS- 2017, ha investito il Consiglio dei Ministri di ogni definitiva determinazione in merito all’adozione della misura dissolutoria.

1.7. Con la delibera assunta nel corso della riunione tenutasi –OMISSIS- 2017, infine, il Consiglio dei Ministri, recependo la proposta del Ministero dell’Interno, si è determinato nel senso di imporre lo scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS-, poi disposto con il decreto del Presidente della Repubblica del -OMISSIS- 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del -OMISSIS-2017, unitamente alla proposta effettuata dal Ministero dell’Interno e alla relazione del Prefetto di -OMISSIS-,

2. Con il ricorso proposto avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, gli odierni appellati, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, nelle qualità precedentemente e rispettivamente rivestite, il primo, di sindaco e, gli altri, di assessori della giunta comunale del Comune di -OMISSIS-, hanno impugnato il decreto del Presidente della Repubblica del -OMISSIS- 2017 e gli atti connessi, prodromici e consequenziali, con i quali gli organi del predetto Comune sono stati disciolti ai sensi dell’art. 143, comma 1, del T.U.E.L.

2.1. I ricorrenti in prime cure, in sintesi, hanno dedotto con dovizia di argomenti e documenti i seguenti vizi, articolati nelle seguenti censure:

1) la violazione della forma-contenuto prescritta dall’art. 143 del T.U.E.L. e il difetto di motivazione;

2) la violazione e la falsa applicazione dello stesso art. 143 del T.U.E.L., l’eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, in particolare, lo sviamento, l’irragionevolezza, l’illogicità, il difetto di istruttoria, il travisamento dei fatti, la violazione del principio di proporzionalità;

3) la violazione degli artt. 3, 9 e 10 della l. n. 241 del 1990, l’eccesso di potere per il difetto di istruttoria.

2.2. I ricorrenti hanno rappresentato al Tribunale amministrativo regionale adìto l’insussistenza dei presupposti ai quali l’art. 143 del T.U.E.L. subordina l’emanazione del gravato provvedimento dissolutorio, attesa l’assenza, nel caso di specie, di «concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata».

2.3. La dedotta inidoneità probatoria ricorrerebbe con riferimento a tutte le singole vicende ed argomentazioni poste dall’amministrazione alla base del provvedimento impugnato, che sono state, pertanto, analiticamente contestate dai ricorrenti, i quali ne hanno dedotto, di volta in volta, l’insussistenza in fatto o la riconducibilità ad ordinarie forme di malfunzionamento, riferibili ad attività di gestione e non a scelte degli organi elettivi.

2.4. Il provvedimento infine, oltre a non indicare in maniera puntuale condizionamenti e collusioni determinanti l’alterazione del procedimento di formazione della volontà dell’ente, degli organi elettivi ed il pregiudizio alla sicurezza pubblica, non terrebbe in alcun conto l’intensa attività della giunta per contrastare il fenomeno mafioso.

2.5. Nel primo grado del giudizio si sono costituite la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di -OMISSIS-, i quali hanno eccepito in limine litis il difetto di legittimazione passiva in capo alla Presidenza della Repubblica e, comunque, nel merito, l’infondatezza del ricorso, chiedendone pertanto la parziale declaratoria di inammissibilità e, in ogni caso, la integrale reiezione nel merito.

2.6. Dopo aver conosciuto la relazione conclusiva della Commissione d’accesso, depositata agli atti del giudizio civile di incandidabilità, i ricorrenti in prime cure hanno proposto un ricorso per motivi aggiunti, individuando nuove ragioni a sostegno delle domande di annullamento già proposte con il ricorso introduttivo, e hanno dedotto, ancora sotto altro profilo, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 143 T.U.E.L., l’eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, in particolare, lo sviamento, l’irragionevolezza, l’illogicità, il difetto di istruttoria, il travisamento dei fatti, la violazione del principio di proporzionalità.

2.7. Con la sentenza -OMISSIS- del -OMISSIS- 2019 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, all’esito del giudizio di primo grado, ha accolto il ricorso e i motivi aggiunti e ha annullato il provvedimento dissolutorio.

2.8. Detto provvedimento, ad avviso del primo giudice, non sarebbe riuscito ad evidenziare, «per assenza di univocità e concretezza delle evidenze utilizzate, la ricorrenza di un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, tale da compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali in quanto tesa a favorire o a non contrastare la penetrazione della suddetta criminalità nell’apparato amministrativo» (§ 10 della sentenza impugnata, in fine).

3. Avverso tale sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di -OMISSIS- hanno proposto appello avanti a questo Consiglio di Stato, deducendone, con un unico, articolato, motivo che di seguito sarà esaminato, l’erroneità per avere essa indebitamente svalutato il consistente quadro di elementi, soggettivi ed oggettivi, che giustificherebbero l’infiltrazione mafiosa all’interno dell’ente comunale e fonderebbero il provvedimento dissolutorio ingiustamente annullato, e ne hanno chiesto, previa sospensione dell’esecutività anche inaudita altera parte, la riforma, con la conseguente reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado.

3.1. Con il decreto monocratico n. -OMISSIS- 2019, in accoglimento dell’istanza cautelare proposta ai sensi dell’art. 56 c.p.a., è stata disposta la sospensione immediata della sentenza impugnata, con il conseguente reinsediamento della commissione straordinaria nominata con il decreto del Presidente della Repubblica del -OMISSIS- 2017.

3.2. Si sono costituiti nel presente grado del giudizio, con memoria depositata il -OMISSIS- 2019, gli appellati -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, per chiedere la reiezione dell’appello e della connessa istanza incidentale di sospensione.

3.3. In tale memoria (pp. 25-29) gli odierni appellati hanno chiesto altresì ai sensi e per gli effetti dell’art. 101, comma 2, c.p.a. che, questo Consiglio di Stato, laddove ritenesse ammissibili e fondate le censure delle pubbliche amministrazioni appellanti, esaminasse tutti i motivi, tutte le eccezioni e le deduzioni già oggetto di doglianza in primo grado e ritenute implicitamente assorbiti o comunque non esaminati dalla decisione del primo giudice.

3.4. Con l’ordinanza n. -OMISSIS- 2019 il Collegio ha accolto l’istanza cautelare, proposta dalle pubbliche amministrazioni appellanti ai sensi dell’art. 98 c.p.a., e ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.

3.5. Con la successiva ordinanza n. -OMISSIS- 2019 la Sezione ha respinto l’istanza di revocazione contro la citata ordinanza, proposta il 18 aprile 2019 nel corso del presente grado giudizio ai sensi dell’art. 58, comma 2, c.p.a. dagli odierni appellati, e ha confermato la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

3.6. Le parti hanno provveduto successivamente a depositare le memorie di cui all’art. 73 c.p.a. nei termini di rito.

3.7. Infine, nella pubblica udienza del 25 settembre 2019, il Collegio, sentiti i difensori delle parti, che hanno illustrato ampiamente le rispettive tesi nella discussione orale, ha trattenuto la causa in decisione.

4. L’appello delle pubbliche amministrazioni è fondato.

5. Deve essere esaminata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità, sollevata dagli odierni appellati nella memoria del -OMISSIS- 2019 (pp. 3-9 del ricorso), eccezione con la quale essi hanno dedotto che le censure sollevate dalle pubbliche amministrazioni non attingerebbero la soglia dell’ammissibilità perché esse si sarebbero limitate a censurare l’affermata mancanza di elementi soggettivi, ma non l’accertata, e sostanzialmente incontestata, assenza di elementi oggettivi, sicché sarebbe sufficiente, ad avviso degli odierni appellati, che il gravame sia fallace su quel solo piano, concernente la mancanza degli elementi oggettivi, perché l’impugnativa intera resti inammissibile, potendo ad ogni modo il pronunciato annullamento giurisdizionale sostenersi, in punto di diritto, sulla indiscussa regola della necessaria compresenza di tutte e due le tipologie degli elementi (oggettivi e soggettivi) nonché, in punto di fatto, sulla riscontrata assenza di quelli oggettivi.

5.1. Gli appellati sostengono che il Ministero dell’Interno avrebbe affermato che l’attività gestionale posta in essere dalla disciolta amministrazione comunale sarebbe risultata viziata da innumerevoli irregolarità e da un diffuso disordine organizzativo, asserzione, questa, che è in realtà smentita sia dall’impossibilità del Ministero appellante di evidenziare un sol caso di asserita irregolarità e un solo esempio di disordine organizzativo e sia dal non aver saputo in primo grado nulla obiettare sulla puntuale e rigorosa ricostruzione della legittimità di un atto amministrativo nonché sulla poderosa opera di risanamento amministrativo ed economico portata avanti dalla pur disciolta amministrazione, come sarebbe comprovato dagli argomenti addotti e dai documenti prodotti in prime cure sia con il ricorso originario che con i motivi aggiunti.

5.2. La mancata specifica indicazione, nell’impugnazione, di un solo atto amministrativo illegittimo o irregolare e la mancata specificazione dei settori o delle attività, ove vi sarebbe stato il disordine organizzativo, renderebbe tamquam si non esset la mera formula di stile adoperata dalle amministrazioni appellanti.

5.3. Gli appellanti avrebbero aggredito la sola parte motivazionale della sentenza impugnata in cui il primo giudice, con riferimento all’appalto della -OMISSIS- affidato a -OMISSIS- poi attinta da informazione antimafia, ha statuito che «non emerge in che modo le segnalate irregolarità della procedura abbiano favorito l’aggiudicatario», senza tuttavia evidenziare un solo specifico caso di asserita mera inopportunità, e non già di illegittimità e/o irregolarità, di atto amministrativo.

5.4. Si sarebbe addebitato all’amministrazione comunale di aver provveduto all’affidamento del servizio in favore di -OMISSIS-, vincitrice dell’appalto, in pendenza del termine di trenta giorni previsto dall’art. 92, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011.

5.5. Ma detta circostanza, sostengono gli appellati (pp. 5-6 della memoria), oltre ad essere inveritiera sarebbe del tutto irrilevante in quanto:

a) l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto sarebbe avvenuta con la determinazione dirigenziale n. -OMISSIS- 2017;

b) il 31 gennaio 2017, con nota prot. -OMISSIS-, sono state richieste alla Prefettura di -OMISSIS- le informazioni di cui all’art. 91 del d. lgs. n. 159 del 2011;

c) era già stata in precedenza acquisita la comunicazione antimafia, tramite il Siceant, in data -OMISSIS- 2016, trattandosi della stessa impresa che aveva in essere l’esecuzione del servizio per il triennio precedente;

d) l’inizio del servizio era stato fissato per la data del -OMISSIS- 2017, come da nota prot. n. -OMISSIS- 2017 inviata all’impresa;

e) la consegna sotto riserva degli esiti della comunicazione antimafia era intervenuta al 29° giorno dalla richiesta senza che fosse intervenuta alcuna comunicazione ostativa, peraltro non intervenuta neanche nel giorno successivo.

5.6. Non risponderebbe quindi al vero il sollevato motivo di inopportunità in quanto la comunicazione antimafia era stata acquisita e, al momento dell’aggiudicazione del servizio e dell’inizio del medesimo, erano ormai di fatto trascorsi anche i termini di cui all’art. 92 del d. lgs. n. 159 del 2011, non senza doversi evidenziare che, comunque, -OMISSIS- aveva svolto ininterrottamente il servizio -OMISSIS- per il Comune di -OMISSIS- sin -OMISSIS-, anche in previe esperienze commissariali, e da ultimo in seguito a contratto sottoscritto con la precedente amministrazione comunale -OMISSIS- 2013.

5.7. Quanto alla valutazione del primo giudice, che ha escluso che vi fosse un vero e proprio sistema, ipotizzato nella relazione prefettizia e nella proposta del Ministero, in grado di aggiudicare gli appalti sempre alle medesime imprese attraverso una rotazione di queste e, comunque, attraverso il meccanismo delle proroghe dell’appalto, che avrebbe consentito a queste il sostanziale recupero del ribasso offerto in sede di gara, gli appellati rilevano che le censure sollevate dalle amministrazioni appellanti (pp. 22-23 del ricorso) sarebbero del tutto generiche e, in quanto tali, inammissibili a fronte del rilievo che simile “sistema” era stato affermato nella relazione in modo del tutto assertivo, senza che la relazione avesse ricondotto le imprese aggiudicatarie ad ambienti di criminalità organizzata e senza, soprattutto, che avesse individuato le modalità di un eventuale interessamento degli amministratori sull’operato dei dirigenti in materia.

5.8. La radicale negazione, da parte del primo giudice, circa l’esistenza di un siffatto sistema non sarebbe stata in nessun modo scalfita dalle labili, generiche, censure delle amministrazioni appellanti, essendo incontestato che mai nessuna impresa ha vinto due diversi appalti nei 29 mesi sotto la disciolta amministrazione, e le non meglio circostanziate contestazioni in ordine all’esistenza di un qualsivoglia concreto, rilevante, univoco elemento fattuale – a partire dalle vicende inerenti alla -OMISSIS-, alle questioni concernenti il verde pubblico e gli accordi quadro, all’affidamento, alla -OMISSIS-, di un bene confiscato alla mafia, al bando di vendita avente ad oggetto la -OMISSIS-, rimasta peraltro priva di acquirenti – capace di giustificare l’annullata misura dissolutoria.

5.9. Le asserzioni, poche ed infondate, contenute alle pp. 22 e 23 dell’appello, in ordine agli elementi oggettivi, confermerebbero ancor di più, ad avviso degli appellati, l’inesistenza di qualsivoglia atto illegittimo o irregolare o inopportuno e la linearità di amministrazione, definita «a dir poco esemplare» (p. 9 della memoria), che avrebbe operato nel rispetto di ogni regola di legalità e di buona amministrazione.

6. L’eccezione di inammissibilità è infondata perché, diversamente da quanto sostengono gli appellati, le amministrazioni appellanti hanno contestato in modo sufficientemente dettagliato l’assenza di elementi oggettivi, erroneamente, come ora si dirà, ritenuta dal primo giudice.

6.1. Come la Sezione ha già chiarito nell’ordinanza n. -OMISSIS- 2019, che ha dichiarato inammissibile l’istanza di revocazione proposta dagli odierni appellati ai sensi dell’art. 58, comma 2, c.p.a., l’appello ha ribadito che dagli atti presupposti allo scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS- è emersa l’esistenza di un sistema basato sull’aggiudicazione degli appalti sempre alle stesse imprese attraverso una rotazione delle stesse, sul recupero dei ribassi offerti in gara mediante proroghe degli appalti e sulla mancanza di programmazione e controlli in corso d’opera (p. 23 del ricorso), mentre il primo giudice, a ben vedere, non ha accertato l’insussistenza di dette circostanze, ma – dopo avere rilevato la natura assertiva degli atti inerenti a tale supposto meccanismo – ha argomentato le ragioni per le quali, a suo dire, le circostanze non potevano assumere il significato indiziario e la rilevanza attribuiti per dimostrare lo scioglimento, sicché, come bene ha rilevato la predetta ordinanza, non può ritenersi che sulla inconsistenza fattuale di tali elementi indiziari si fosse formato un giudicato, controvertendosi in appello, appunto, sul significato e sulla rilevanza che gli elementi addotti dal Ministero dell’Interno potevano rivestire per integrare i presupposti atti a giustificare la misura dissolutoria di cui all’art. 143 del T.U.E.L.

6.2. E in effetti l’appello delle pubbliche amministrazioni, qui in esame, ha rilevato che di tale sistema e di tutte le altre circostanze similari, di cui si dà conto nella conclusioni della commissione di indagine e, di riflesso, nella relazione del Prefetto e nella proposta del Ministero, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, avrebbe fornito una valutazione «incomprensibilmente riduttiva» e «immotivata» (p. 23 del ricorso).

6.3. E la censura del Ministero circa l’affermata inesistenza di elementi oggettivi capaci di giustificare la misura dissolutoria, lungi dall’essere inammissibile per la sua presunta genericità, è in realtà fondata perché il primo giudice ha negato non già l’esistenza di tali fatti, ma ne ha erroneamente svalutato la loro significatività, ai fini che qui rilevano, sulla scorta di valutazioni parziali, non approfondite e atomistiche.

6.4. E proprio prendendo le mosse dalle vicende della -OMISSIS-, questo Collegio deve rilevare che la disciolta amministrazione comunale, anziché operare in modo “esemplare” come pure affermano gli appellati nella loro memoria (p. 29), non ha nemmeno atteso, incontestabilmente, lo scadere del termine previsto dall’art. 92, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011 al fine di acquisire la documentazione antimafia, per affidare il servizio di -OMISSIS- ad una società inquinata da grave condizionamento mafioso, -OMISSIS-, che da moltissimi anni continuava a svolgere detto servizio, mentre sarebbe stato opportuno attendere l’emissione del provvedimento antimafia liberatorio.

6.5. Soltanto due mesi dopo l’aggiudicazione, invece, è pervenuto -OMISSIS- 2017 il provvedimento antimafia a carattere interdittivo, con la conseguente, istantanea perché necessitata, revoca dell’affidamento.

6.6. Come ha rilevato anche il Tribunale di -OMISSIS- nella sentenza n. -OMISSIS- 2018, relativa alla incandidabilità di -OMISSIS- e -OMISSIS- ai sensi dell’art. 143, comma 11, del T.U.E.L., il socio di maggioranza di -OMISSIS- era gravato da precedenti penali e l’impresa aveva, poi, come dipendenti anche soggetti legati ad ambienti criminali, oltre a partecipare ad altra impresa colpita da informazione antimafia, e proprio perché operava ormai da anni per conto dell’amministrazione comunale, fornendo il servizio di -OMISSIS-, il Comune non poteva e non doveva ignorare tali elementi, che ne hanno portato all’interdizione antimafia solo due mesi dopo l’aggiudicazione troppo frettolosamente disposta.

6.7. Nella propria relazione la commissione di accesso, oltre a stigmatizzare la fretta con la quale si è proceduto all’aggiudicazione, considerata la tipologia di gara espletata, senza nemmeno attendere, peraltro, lo scadere del termine previsto dall’art. 92, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011, ha rilevato come segnali di netto favoritismo nella conclusione della gara, che fanno ritenere sussistenti evidenti responsabilità anche di carattere penale, si traggono anche dalla gestione dell’iter procedimentale della gara, in cui parte attiva risultano essere funzionari comunali che orientano la stessa all’aggiudicazione in favore di -OMISSIS- (v., in particolare, p. 108 della relazione).

6.7. A fronte di tale situazione, quale emersa anche nell’iter procedimentale della gara, l’azione amministrativa è parsa alla commissione e al Ministero ragionevolmente intesa a favorire gli interessi di -OMISSIS-, già da anni affidataria del servizio, senza nemmeno attendere che scadesse il termine di trenta giorni, previsto dall’art. 92, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011 per acquisire la documentazione antimafia, né le contrarie deduzioni degli appellati sono in grado di scalfire tale dato rilevante, univoco, significativo, che mostra una grave compromissione dell’azione amministrativa nel delicato settore degli appalti pubblici, in quanto non può certo giustificare simile frettoloso e sospetto atteggiamento il rilievo, meramente formalistico, che il Comune avesse richiesto la documentazione antimafia, che l’inizio del servizio fosse stato fissato il -OMISSIS- 2017 e che l’informazione antimafia è sopraggiunta solo dopo, peraltro – va notato – poco tempo dopo, a brevissima distanza, -OMISSIS- del 2017.

7. Analoghe considerazioni si devono svolgere per la vicenda, ben evidenziata a p. 3 della proposta ministeriale, relativa ad una impresa alla quale sono stati aggiudicati, con contratto stipulato nel 2016, lavori per la -OMISSIS-, per l’importo di € 270.000,00, lavori ai quali è seguita, nei mesi di -OMISSIS- del 2016, l’assegnazione, sempre alla medesima impresa e senza gara, per un importo superiore ad € 40.000,00, soglia di rilievo eurounitario.

7.1. Gli accertamenti effettuati dalle forze dell’ordine hanno consentito di acclarare che il titolare dell’impresa individuale aggiudicataria di tali lavori, -OMISSIS-, è persona gravata da numerose segnalazioni all’autorità giudiziaria per diverse fattispecie di reato e ha rapporti di frequentazione con soggetti riconducibili alla locale criminalità organizzata.

7.2. Gli odierni appellati hanno sostenuto, nel ricorso di prime cure (pp. 31-35 del ricorso), che non vi sarebbe alcun elemento di illiceità o di illegittimità in tale affidamento, perché si tratterebbe di lavori rientranti nelle previsioni, di spesa e di tempo, dell’accordo quadro, di cui all’art. 55 del d. lgs. n. 163 del 2006 ratione temporis applicabile, e che non vi sarebbe stato alcun aggiramento della normativa in materia nell’assegnazione di detti lavori, a torto ritenuto dalla commissione d’accesso per un marchiano errore interpretativo di detta normativa, e tuttavia rileva il Collegio, anticipando quanto tra breve si dirà (v., infra, § 8.5.), che era proprio il meccanismo dell’accordo quadro e dei ribassi praticati dalle imprese, su cui ci si soffermerà, a consentire all’amministrazione comunale di continuare ad affidare i lavori sempre alle medesime imprese, tra cui quella individuale di -OMISSIS-, soggetto legato e comunque contiguo ad ambienti della criminalità organizzata, senza realizzare un effettivo, e ben possibile, risparmio di spesa sui ribassi d’asta.

7.3. Le frequentazioni di -OMISSIS-, diversamente da quanto ha ritenuto a torto la sentenza impugnata, riguardano soggetti controindicati e ne rilevano la vicinanza al mondo della criminalità, anche se non di stampo mafioso, essendo egli stato trovato nel 2007 in compagna di soggetto pluripregiudicato per furto, lesioni e associazione a delinquere finalizzata al traffico e alla detenzione di armi e nel 2014 e nel 2015 – quindi di recente – in compagnia di soggetto di soggetto pregiudicato anche per sequestro di persona.

7.4. Si tratta di circostanza correttamente valorizzata dal provvedimento dissolutorio in una prospettiva, più ampia e sistematica, di disfunzionalità nella gestione dei contratti pubblici e di affidamento senza gara ad imprese gestite da soggetti non del tutto avulsi da contesti e/o frequentazioni con elementi controindicati, seppure non solo a fini antimafia, e questo elemento non può essere sottovalutato, come ha fatto il primo giudice, solo perché i soggetti controindicati non appartengono direttamente, o sicuramente, al mondo della criminalità organizzata di stampo mafioso.

8. Che dunque l’ipotizzato meccanismo di assegnazione di appalti di lavori e servizi sempre alle stesse imprese sussista, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice che a torto ha affermato l’assertività di tale elemento contenuto nella relazione ministeriale (§ 10.2 della sentenza impugnata), emerge chiaramente anche dall’analisi di detto meccanismo di assegnazione degli appalti e dei servizi, tale da realizzare sempre una sorta di rotazione delle stesse imprese, con la conseguente grave alterazione dell’operato della pubblica amministrazione, soprattutto mediante il meccanismo dell’accordo quadro e dei ribassi praticati dalle imprese aggiudicatarie.

8.1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, assume, invero, che la relazione della commissione d’accesso «non riconduce le ditte aggiudicatarie ad ambienti di criminalità organizzata, né individua le modalità di eventuale interessamento degli amministratori sull’operato dei dirigenti in materia, così che resta irrilevante, ai fini che qui occupano, verificare se, come sostengono i ricorrenti, si trattava di lecito utilizzo dell’accordo quadro o se, come ritiene la Commissione, si era in presenza di un illegittimo recupero dei ribassi» (§ 10.2 della sentenza impugnata).

8.2. Se anche si voglia prescindere dalla vicenda, in sé bastevole, di -OMISSIS-, per la quale la commissione d’accesso ha rilevato notevoli anomalie e favoritismi nel procedimento di gara, nella propria relazione (p. 153 e ss.) essa ha sottolineato che il Comune ricorre spesso a proroghe o affidamenti diretti, ben al di là dei limiti consentiti dal d. lgs. n. 50 del 2016, che hanno agevolato l’instaurazione o la prosecuzione di rapporti contrattuali sempre con le stesse imprese, concludendone, condivisibilmente, che «in questo settore si è verificata la violazione delle norme ed il ricorso a procedure, illecite ed illegittime che consentono di superare ogni fase di controllo sulla regolarità degli atti».

8.3. A tale riguardo non è necessario, a differenza di quanto ha sostenuto il primo giudice, che le imprese favorite da tale sistema di illegalità diffusa siano direttamente o indirettamente inquinate dalla mafia, come peraltro nel caso – pur grave ed eloquente e, si ripete, in sé bastevole – di -OMISSIS-, poiché il condizionamento mafioso può bene palesarsi anche in un sistema spartitorio che vede affidare senza gara le commesse pubbliche da parte dell’amministrazione comunale.

8.4. Come bene ha rilevato nelle proprie conclusioni la commissione d’accesso (p. 240 della relazione), infatti, è indubbio che una gestione poco lineare e trasparente delle procedure ad evidenza pubblica costituisce terreno fertile per l’inserimento della criminalità organizzata e la disorganizzazione e il disordine amministrativo costituiscono terreno fertile per le condotte infiltrative della criminalità organizzata, ciò che è dimostrato, peraltro, dalle continue proroghe contrattuali utilizzate per sopperire all’esigenza di continuità nell’erogazione dei servizi pubblici essenziali.

8.5. La tesi sostenuta dagli odierni appellati nel ricorso di prime cure (pp. 32-35 del ricorso) e nei motivi aggiunti (pp. 36-40), secondo cui si tratterebbe di regolari affidamenti nell’ambito di accordi quadro regolati dall’art. 59 del d. lgs. n. 163 del 2006 e, ora, dall’art. 54 del d. lgs. n. 50 del 2016, si scontra però con il rilievo, ben messo in rilievo dall’Avvocatura Generale dello Stato nella memoria depositata in primo grado (p. 37), che secondo il sistema in uso presso il Comune di -OMISSIS- pochi mesi prima che scadesse l’accordo quadro spesso l’aggiudicatario, che aveva eseguito prestazioni inferiori al prezzo a base d’asta offerto dall’aggiudicatario stesso, recuperava il ribasso offerto con l’esecuzione di ulteriori prestazioni, remunerate dal Comune con i risparmi derivanti dal ribasso d’asta, con la conseguenza che l’ente comunale, in virtù di successivi affidamenti rientranti formalmente nello schema dell’accordo quadro, non conseguiva mai alcun reale risparmio di spesa in base a detto meccanismo, poiché faceva sempre eseguire ulteriori prestazioni recuperando ben poco o nulla del ribasso offerto dall’aggiudicatario.

8.6. Se è vero che il mero disordine amministrativo o che semplici prassi quanto meno opinabili, come quella ora descritta, o addirittura estese sequenze di atti illegittimi adottati dal Comune non bastano, in sé, a giustificare la misura dissolutoria, secondo quanto afferma la costante giurisprudenza di questo Consiglio, non si può negare però che le irregolarità nella gestione dei pubblici appalti, come dimostra in modo evidente la vicenda di -OMISSIS- o anche quella di -OMISSIS-, possono costituire un indice significativo della grave compromissione che l’esercizio delle funzioni amministrative risente per effetto della penetrazione ormai diffusa delle logiche mafiose all’interno dell’apparato politico e amministrativo locale, ad ogni livello, come ora si dirà.

9. Occorre ricordare che l’art. 143 del T.U.E.L., al comma 1 (nel testo novellato dall’art. 2, comma 30, della l. n. 94 del 2009), richiede che gli elementi capaci di evidenziare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato devono essere «concreti, univoci e rilevanti» ed assumere una valenza tale da determinare «un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati».

9.1. Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono, quindi, caratterizzarsi per concretezza ed essere, anzitutto, assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; per univocità, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; per rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale (Cons. St., sez. III, 19 febbraio 2019, n. 1165).

9.2. Questo Consiglio di Stato, anche nella sua più recente giurisprudenza (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 18 luglio 2019, n. 5077, Cons. St., sez. III, 17 giugno 2019, n. 4026), ha osservato che il condizionamento può rilevare come fattore funzionale, allorquando, cioè, le cosche incidono sulla gestione amministrativa dell’ente, ricevendone sicuri vantaggi, e solo una valutazione complessiva, contestualizzata anche sul piano territoriale, può condurre ad un appropriato esame della delibera di scioglimento, quale tutela avanzata approntata dall’ordinamento giuridico, in virtù di una valutazione degli elementi, posti a base della delibera, che costituisca bilanciata sintesi e mai mera sommatoria dei singoli elementi stessi.

9.3. A questi principî, però, non si è attenuto il giudice di prime cure, allorquando non ha esaminato nel loro complesso, come doveva, l’insieme di tali elementi, oggettivi e soggettivi, dai quali si traeva la ragionevole conclusione di un più che probabile condizionamento mafioso dell’ente, anche a discapito della volontà, e del contributo, dei singoli amministratori.

9.4. Gli odierni appellati, nel sostenere l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza dell’appello proposto dal Ministero, richiamano la necessità che sussistano elementi oggettivi, nel caso di specie a loro dire mancanti, perché, come essi deducono richiamando un autorevole indirizzo di questo stesso Consiglio, «ciò che occorre, in altre parole, evitare è che la eventuale “debolezza” degli elementi soggettivi e la eventuale “debolezza” di quelli oggettivi, nella ricostruzione dell’interprete, si “stampellino” reciprocamente, con il risultato di produrre un quadro dove la suggestione del disegno complessivo oscuri e nasconda il difetto di elementi concreti, ovvero la loro (incerta) rilevanza ed univocità» (Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2016, n. 876).

9.5. E tuttavia, si deve qui rilevare, l’indubbio nesso di interdipendenza che deve esistere tra gli elementi soggettivi – i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con le associazioni mafiose, di cui si dirà tra breve – e quelli oggettivi – tra i quali figura anche, ma non solo (come ora si dirà), il regolare funzionamento dei servizi affidati alla pubblica amministrazione – elementi i quali devono entrambi sussistere, va valutato, complessivamente e non atomisticamente, secondo una logica probabilistica, tipica del diritto della prevenzione (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758, Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105), alla quale sicuramente anche lo scioglimento di cui all’art. 143, comma 1, del T.U.E.L., per sua stessa finalità anticipatoria, appartiene, e non già secondo il criterio della certezza raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio, propria dell’accertamento penale, perché la stessa giurisprudenza amministrativa, richiamata dagli appellati, ben avverte che «operazioni ermeneutiche del tipo indicato possono porre all’amministrazione, a maggior ragione nel caso di piccole comunità, che per dimensione, coesione interna e eventuale chiusura o limitata apertura verso l’esterno, offrono elementi di difficile reperimento e, ove raccolti, di incerta o difficile decifrazione», con «un costante e concreto aggancio ad elementi rilevanti ed univoci che, pur non assurgendo al rango di prova, contribuiscono ad indicare un percorso di ragionevolezza valutativa e di proporzionalità ed adeguatezza della misura adottata» (Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2016, n. 876).

9.6. E nel caso di specie non si può negare, proprio nel seguire tale percorso di ragionevolezza valutativa e di proporzionalità, il nesso di interdipendenza, secondo la logica della c.d. probabilità cruciale e nell’ottica di una complessiva valutazione, sussista, in quanto i condizionamenti mafiosi sulla vita amministrativa dell’ente, per i collegamenti diretti o indiretti dei suoi amministratori con la ‘ndrangheta, si sono riflessi in un generale disordine amministrativo nella gestione degli appalti pubblici, con affidamenti diretti e proroghe in favore delle medesime imprese, e almeno in un caso – quello della -OMISSIS- – nell’affidamento di una commessa ad una impresa condizionata dalla mafia senza nemmeno attendere che spirasse il termine di cui all’art. 92, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011 per l’acquisizione della documentazione antimafia, all’esito di un iter procedimentale contraddistinto da irregolarità.

10. Gli odierni appellati, nel porre l’enfasi sulla coesistenza di elementi oggettivi ed elementi soggettivi indubbiamente necessaria ad integrare la fattispecie dell’art. 143 del T.U.E.L., pretendono che gli uni possano e debbano sussistere, anzitutto, separatamente dagli altri e poi essere collegati, dandone una rappresentazione statica e dicotomica e non invece, come deve essere, dinamica e sinergica, ma questo ragionamento atomistico trascura che la vita politica e amministrativa di un ente, nella sua complessità, non può essere letta e valutata, ai fini che qui rilevano, in modo esasperatamente analitico, sicché, se è vero che elementi oggettivi e soggettivi devono sussistere entrambi, è anche vero che essi devono essere letti insieme, secondo una connessione che, per quanto non assolutamente certa, deve apparire almeno altamente probabile e assistita da una valida spiegazione razionale, rispetto alla quale tutte le altre spiegazioni risultino meno plausibili.

10.1. Nel caso qui disaminato occorre rilevare che le spiegazioni alternative fornite dagli odierni appellati in ordine alla vicenda di -OMISSIS-, a fronte delle puntuali contestazioni della commissione d’accesso, appaiano inverosimili e non degne di fede sul piano di una logica causale di stampo probabilistico, in una situazione di generalizzato disordine amministrativo e di irregolarità nella gestione degli appalti pubblici e, soprattutto, in un contesto che ha visto molti consiglieri comunali legati a soggetti ed interessi riconducibili a contesti mafiosi.

10.2. Ai fini preventivi, che qui soli rilevano, può bastare infatti anche soltanto un atteggiamento di debolezza, omissione di vigilanza e controllo, incapacità di gestione della macchina amministrativa da parte degli organi politici che sia stato idoneo a beneficiare soggetti riconducibili ad ambienti controindicati (Cons. St., sez. III, 7 dicembre 2017, n. 5782).

10.3. Gli appellati, al pari della sentenza impugnata, trascurano peraltro e comunque che la compromissione dell’ente con logiche e influenze mafiose può essere tanto radicale da inficiare, in radice, la formazione stessa della volontà dell’ente, sicché la prevalenza e la pregnanza degli elementi soggettivi può essere tale da comportare ex se, secondo la ridetta logica probabilistica, l’alterazione di una libera volontà democratica all’interno delle istituzioni locali e la conseguente adozione della misura dissolutoria.

10.4. I singoli elementi sintomatici del condizionamento o collegamento possono non avere tutti, ciascuno singolarmente considerato, le caratteristiche richieste dal novellato art. 143 del T.U.E.L., nel senso sopra precisato della loro concretezza, univocità e rilevanza, ma sicuramente deve essere il loro complesso a denotare tale concretezza, univocità e rilevanza, sicché la prognosi sfavorevole al sano, limpido, fisiologico esplicarsi delle libertà democratiche nella vita dell’ente, per via dell’inquinamento mafioso, si deve fondare su un quadro indiziario fondato su presunzioni gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell’art. 2729 c.c.

10.5. Lo scioglimento del consiglio comunale, va qui ribadito, costituisce la sintesi e non la somma dei singoli elementi, sicché è errato considerare atomisticamente il significato di ciascuno di essi, pur necessario presupposto della loro valutazione secondo un iniziale giudizio analitico, senza poi valutare la loro intima interconnessione e il loro nesso sistematico, in un giudizio sintetico e conclusivo, irrinunciabile, che verifichi se il significato di alcuni, per quanto dubbi, non possa spiegarsi invece alla luce di altri, di più certa e chiara pregnanza, in un inquadramento generale della vita dell’ente, che si cali nel contesto ambientale e tenga ben presenti le coordinate di tempo e di luogo che lo contraddistinguono.

10.6. L’astratta previsione dell’art. 143 del T.U.E.L., in altri termini, deve misurarsi e fare i conti con la realtà del singolo ente comunale (Cons. St., sez. III, 20 gennaio 2016, n. 196).

11. E nel caso la nitida rappresentazione di questa realtà, nel quale è maturata l’indagine sull’ente comunale demandata alla commissione d’accesso e poi compendiata nella relazione del Prefetto di -OMISSIS- e nella proposta del Ministro dell’Interno, ha preso le mosse dall’operazione di polizia giudiziaria “-OMISSIS-” del -OMISSIS- 2017, all’esito della quale è emerso che la cosca -OMISSIS-, per opera diretta del “reggente” -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, ha fornito appoggio elettorale al candidato a sindaco -OMISSIS- e ai candidati al consiglio comunale -OMISSIS- e -OMISSIS-, inseriti nella lista elettorale denominata “–OMISSIS-”.

11.1. Le indagini hanno coinvolto direttamente -OMISSIS-, eletto consigliere comunale di minoranza del Comune di -OMISSIS-, che è stato sospeso solo dopo il suo arresto, avvenuto -OMISSIS- 2017 nell’ambito dell’operazione “-OMISSIS-”, mentre -OMISSIS-, eletto consigliere comunale e successivamente nominato anche vice-OMISSIS- del consiglio comunale di -OMISSIS-, si è dimesso solo -OMISSIS- 2017, dopo la notifica dell’informazione di garanzia nell’ambito del procedimento “-OMISSIS-”.

11.2. Gli esiti dell’operazione hanno condotto anche all’autosospensione e, poi, alle dimissioni del consigliere di maggioranza -OMISSIS-, -OMISSIS- di -OMISSIS-, tratto in arresto perché indagato per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti nell’ambito della più complessa indagine “-OMISSIS-”, e alle dimissioni di -OMISSIS-, assessore agli affari legali e generali, contenzioso e contratti, società e partecipate, trasparenza, informatizzazione, semplificazione amministrativa, comunicazione istituzionale, smart city del Comune di -OMISSIS- e già -OMISSIS-.

11.3. L’operazione “-OMISSIS-” vede il coinvolgimento diretto, però, anche di -OMISSIS-, già -OMISSIS- del consiglio comunale, poi dimessosi dopo l’esito delle operazioni, e attualmente consigliere comunale di maggioranza, che avrebbe goduto di una mercificazione dei voti, favorita dalle cosche locali, al fine di appoggiarne l’elezione, poi puntualmente avvenuta con esiti pressoché plebiscitari.

11.4. Né va trascurata la figura del consigliere -OMISSIS-, -OMISSIS-, imprenditrice -OMISSIS- -OMISSIS- il quale, secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia -OMISSIS-, ha avuto rapporti sinallagmatici con il pregiudicato -OMISSIS-.

11.5. Sia -OMISSIS- che -OMISSIS- sono imprenditori da anni impegnati nel settore -OMISSIS-, e indagati per gravi delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale e preferenziale, e attinti dalla misura cautelare interdittiva di cui all’art. 290 c.p., con divieto di esercitare imprese, in qualsiasi forma.

12. L’insieme di questi elementi, la cui pregnanza e univocità appare difficilmente contestabile, dimostra l’esistenza di una fittissima rete di intrecci, legami, cointeressenze tra i vertici politici del Comune, che essi appartengano alla maggioranza o alla minoranza, e una irrimediabile compromissione del governo locale con soggetti e logiche di stampo criminale mafioso, considerata persino la contestazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa ad alcuni degli amministratori locali.

13. I contrari rilievi degli appellati (pp. 11-15 della memoria) non scalfiscano la purtroppo inquietante solidità del quadro indiziario, che ha condotto al legittimo scioglimento dell’ente comunale, in quanto, ai fini di cui all’art. 143 del T.U.E.L., non rileva che i consiglieri eletti siano di maggioranza o di minoranza, ma che essi siano stati eletti con l’appoggio determinante della mafia e siano espressione non già del libero, inconcusso, esercizio del voto popolare, ma di accordi preelettorali e di intese tra esponenti politici locali con questa, che ne ha favorito l’elezione con l’apporto dell’intimidazione e dell’omertà mafiosa, o anche solo di pressioni finalizzate all’appoggio di esponenti politici nel consiglio comunale senza che vi sia stata alcuna spontanea, preventiva, dissociazione di questi da tale appoggio se non ad indagini già avviate (v., sul punto, anche Cons. St., sez. III, -OMISSIS- 2018, -OMISSIS-).

13.1. Il fatto stesso che il consiglio comunale sia espressione, anche in parte minoritaria, dell’appoggio elettorale mafioso dato ad una lista o un’altra o, come nel caso di specie, che persino il -OMISSIS- e -OMISSIS- del consiglio comunale, poi dimessisi da tale carica, siano coinvolti in oscure vicende elettorali oggetto di indagine, che vedono il contributo determinante della mafia nel condizionare il voto popolare, è tale da inficiare irrimediabilmente il funzionamento del consiglio comunale per un suo vizio genetico, essendo difficilmente credibile, secondo la logica della probabilità cruciale, che un consiglio comunale i cui componenti siano eletti in parte con l’appoggio della mafia, per una singolare eterogenesi dei fini, possa e voglia adoperarsi realmente e comunque effettivamente, non solo per mero perbenismo legalitario, per il ripristino di una effettiva legalità sul territorio e per la riaffermazione del potere statuale contro l’intimidazione, l’infiltrazione e il sopruso di un ordinamento delinquenziale, come quello mafioso, ad esso avverso per definizione.

13.2. Né può certo sovvertire tale evidente verità, comprovata dall’esperienza applicativa delle norme in materia, l’affermata consapevolezza, da parte delle cosche -OMISSIS-, che con il sindaco -OMISSIS- e la sua amministrazione non avrebbero potuto esercitare condizionamenti di alcun genere sulla gestione dell’ente comunale, come affermano gli odierni appellati, anche sulla scorta di alcune conversazioni intercettate nel corso delle indagini.

13.3. Gli esiti dell’operazione “-OMISSIS-” hanno dimostrato, invero, che così non è perché esponenti della maggioranza, a cominciare dal -OMISSIS- del consiglio comunale (-OMISSIS-, dimessosi non a caso da tale carica, ma tuttora consigliere comunale, eletto con l’aiuto di -OMISSIS-, legato indiscutibilmente ad ambienti mafiosi, ma anche -OMISSIS- e -OMISSIS-, tralasciando qui ogni considerazione su -OMISSIS-, non decisiva ai fini del presente giudizio), sono stati attinti da indagini o informative di polizia che mettono a fuoco l’esistenza di elementi concreti circa un loro collegamento o vicinanza con ambienti della malavita locale, sicuramente valorizzabili e correttamente valorizzati dal Prefetto e dal Ministro ai fini dell’art. 143 del T.U.E.L.

13.4. Ne esce confermato un quadro di elementi concreti, univoci, e pregnanti che dimostra, ad avviso del Collegio, come i collegamenti, diretti e indiretti, di molti degli amministratori locali, di maggioranza o di minoranza, con la criminalità organizzata, quali emersi dalle operazioni di polizia giudiziaria “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-”, denotano una grave compromissione dell’ente con logiche e interessi di stampo mafioso, tale da inficiarne irrimediabilmente il funzionamento secondo un principio democratico.

14. L’insieme degli elementi sin qui esposti, ben lungi dall’apparire meramente “impressionistico” e suggestivo, è del tutto persuasivo e pienamente giustifica in un’ottica preventiva l’adozione della misura dissolutoria, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, la cui statuizione, pertanto, merita integrale riforma per avere indebitamente trascurato o svalutato la coerenza e la significatività di tali elementi, tali da determinare, quantomeno, «un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi» e da «compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali».

14.1. Come ha di recente ribadito la Corte costituzionale nella sentenza n. 195 del 24 luglio 2019, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, del d.l. n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, nella legge n. 132 del 2018, gli elementi che conducono allo scioglimento dell’ente devono raggiungere un livello di coerenza e significatività tali da poterli qualificare come «concreti, univoci e rilevanti» (art. 143, comma 1, del T.U.E.L.) e tali essi sono nel caso di specie, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice.

15. Si devono ritenere assorbite, pertanto, tutte le censure formulate anche con motivi aggiunti in prime cure e qui riproposte dagli odierni appellati con riferimento alla valutazione degli elementi sin qui considerati, pienamente bastevoli a giustificare lo scioglimento del consiglio comunale, nonché quelle formulate in ordine a tutti gli altri elementi, ininfluenti, sul piano giuridico, ai fini del decidere, stante la piena sufficienza di quelli, sin qui evidenziati, a giustificare la misura dissolutoria, e ciò indipendentemente dall’attribuzione ai singoli di specifiche condotte, aventi rilievo penale, in quanto non di questo si controverte evidentemente nel presente giudizio.

15.1. Come ha ben messo in evidenza la relazione del Prefetto di -OMISSIS- (p. 2), del resto, le dimissioni “a tappeto” di importanti esponenti politici locali dalle loro rispettive cariche, con conseguenti surroghe, che sono seguite – e, si direbbe, conseguite – all’insediamento della commissione d’accesso non modificano, ma anzi aggravano il quadro di insieme, perché «costituiscono un ulteriore indizio del sistema utilizzato per nascondere l’infiltrazione ed il condizionamento della criminalità organizzata dietro un apparente perbenismo».

15.2. Né rileva, in senso contrario, che la giunta comunale, prima del provvedimento dissolutorio, avesse posto in essere anche una significativa attività volta al recupero dei beni confiscati alla criminalità organizzata, con successiva assegnazione degli stessi, o alla costituzione di parte civile del Comune in processi di criminalità organizzata, oltre che una significativa azione di risanamento in molti settori della vita pubblica, perché simili azioni, quando pure possano considerarsi sincera, lodevole e non meramente perbenistica, appunto, opera di contrasto all’egemonia della ‘ndrangheta e di riaffermazione della legalità sul territorio -OMISSIS-, come ha ritenuto il Tribunale di -OMISSIS- nella sentenza -OMISSIS- del 2018 nel rigettare la richiesta di incandidabilità di -OMISSIS-, non hanno certo potuto scongiurare la irrimediabile compromissione della vita politica e amministrativa dell’ente determinata dalla capillare infiltrazione delle cosche locali nei più alti livelli della vita cittadina, come pure quel Tribunale non ha mancato di rilevare nel ritenere integrato il requisito del condizionamento richiesto dall’art. 143 del T.U.E.L.

15.3. Ogni futura azione politica e amministrativa, che risulterà dall’esito delle prossime elezioni, dovrà recidere qualsiasi rapporto, qualsiasi compromesso con il potere mafioso, senza scendere a patti con esso per convenienza o connivenza o mero timore, se vorrà essere autenticamente rispettosa del principio democratico, che anima la Costituzione (art. 1, comma secondo) nelle forme e nei limiti da essa previsti, pena, altrimenti, la dissoluzione del consiglio comunale ai sensi dell’art. 143, comma 1, del T.U.E.L., quale necessaria extrema ratio a tutela dell’ordinamento costituzionale e dei suoi più basilari valori, la dignità e la libertà della persona, dai quali nemmeno una volontà popolare, inquinata dalla minaccia o dalla corruzione mafiosa, o l’accordo tra politica e mafia può decampare, poiché questa dignità e questa libertà, valori irrinunciabili per chiunque, costituiscono il fondamento, ma anche il limite di questa volontà in un ordinamento non solo formalmente, ma autenticamente democratico.

16. Quanto, poi e infine, alle censure di ordine procedimentale, qui riproposte dagli odierni appellati, la Sezione non può che ribadire, ancora una volta, che la procedura, pur nella sua complessità, si connota per una particolare speditezza e riservatezza, giustificate dalla delicatezza degli interessi coinvolti, attinenti alla sicurezza collettiva, e degli accertamenti richiesti (sovente legati o dovuti a pregresse e/o concomitanti indagini preliminari per vaste operazioni antimafia condotte dalle Procure distrettuali), che comportano, inevitabilmente, il sacrificio delle garanzie procedimentali previste in linea di principio dalla l. n. 241 del 1990, sacrificio conforme, del resto, all’elevato tasso di amministrativizzazione che contraddistingue un tipico, per quanto straordinario, procedimento c.d. di ordine pubblico come quello in esame.

16.1. Sul punto la giurisprudenza di questo Consiglio, in sintonia con l’orientamento al riguardo assunto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 309 del 1993, è ben ferma nel ribadire che, ad esempio, l’avvio del procedimento, di cui all’art. 143 del T.U.E.L., non deve essere preceduto dalla comunicazione, di cui all’art. 7 della l. n. 241 del 1990, né da particolari guarentigie procedimentali non solo per il tipo di interessi coinvolti che non concernono, se non indirettamente, le persone, ma la complessiva rappresentazione operativa dell’ente locale e, quindi, in ultima analisi, gli interessi dell’intera collettività comunale, ma anche perché la difesa delle ragioni degli amministratori coinvolti e dei componenti del consiglio disciolto, scaturenti dal principio del giusto procedimento, è comunque assicurata – per quanto posticipata – alla sede del controllo giurisdizionale.

16.2. È dunque sul piano della tutela giurisdizionale che si sposta, essenzialmente, il controllo sull’emissione di queste misure preventive, straordinarie ed eccezionali, tutela giurisdizionale che, appunto, il presente giudizio ha inteso assicurare.

16.3. La Corte costituzionale, con una affermazione di principio fondamentale, ha enunciato a chiare lettere, del resto, l’orientamento secondo cui, a fronte di «misure caratterizzate dal fatto di costituire la reazione dell’ordinamento alle ipotesi di attentato all’ordine ed alla sicurezza pubblica», non è ipotizzabile alcuna violazione dell’art. 97 Cost. per l’assenza o per la diminuzione delle garanzie partecipative, «dato che la disciplina del procedimento amministrativo è rimessa alla discrezionalità del legislatore nei limiti della ragionevolezza e del rispetto degli altri principi costituzionali, tra i quali […] non è compreso quello del “giusto procedimento” amministrativo, dato che la tutela delle situazioni soggettive è comunque assicurata in sede giurisdizionale dagli artt. 24 e 113 Cost.» (Corte cost., 19 marzo 1993, n. 103).

16.4. Di qui, all’evidenza, l’infondatezza delle censure con le quali gli odierni appellati hanno lamentato, in prime cure, che il Prefetto, in asserita violazione dell’art. 10, comma 1, lett. b), della l. n. 241 del 1990, non avrebbe tenuto in alcuna considerazione le memorie depositate in sede procedimentale sponte sua dal sindaco, memorie che però l’autorità procedente, proprio per l’assenza di qualsivoglia obbligo di tenerne conto, non doveva e non poteva considerare in quanto solo i soggetti, di cui all’art. 7, o quelli intervenuti, di cui all’art. 9 della stessa legge, hanno il diritto di presentare memorie, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare, ove pertinenti rispetto all’oggetto del procedimento.

17. Da quanto esposto discende, conclusivamente, che l’appello della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di -OMISSIS- è fondato, mentre risultano essere infondate le censure, sia di carattere procedimentale che sostanziale, proposte con il ricorso originario e con i motivi aggiunti, formulate dagli odierni appellati, ricorrenti in prime cure, con la conseguenza che, in integrale riforma della sentenza impugnata, detto ricorso e detti motivi devono essere totalmente respinti, con assorbimento di tutte le censure inerenti a profili fattuali ultronei rispetto a quelli esaminati, sufficienti e decisivi per giustificare la misura dissolutoria, pienamente legittima ai sensi dell’art. 143, comma 1, del T.U.E.L.

18. Le spese del doppio grado del giudizio, attesa la integrale soccombenza nel merito degli odierni appellati, sono liquidate in dispositivo a loro carico in via solidale.

18.1. Sempre per la soccombenza rimane definitivamente a carico degli appellati anche il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso e dei motivi aggiunti in prime cure, mentre essi devono essere condannati a versare il contributo unificato prenotato a debito dalle pubbliche amministrazioni, vittoriose all’esito del presente giudizio, per la proposizione dell’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’Interno e dall’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di -OMISSIS-, lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso e i motivi aggiunti proposti in primo grado da -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- e conferma la legittimità dello scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS- disposto con il decreto del Presidente della Repubblica del -OMISSIS- 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del -OMISSIS-2017.

Condanna in solido -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- a rifondere in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri le spese del doppio grado del giudizio, che liquida nel complessivo importo di € 10.000,00 (€ 4.000,00 per il primo grado ed € 6.000,00 per il secondo grado di giudizio), oltre gli accessori come per legge.

Pone definitivamente a carico di -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado.

Condanna in solido -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- a rimborsare il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità e di ogni dato riguardante il Comune di -OMISSIS-, la Prefettura o il Prefetto di -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, l’operazione “-OMISSIS-”, l’operazione “-OMISSIS-”, -OMISSIS-, la cosca -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, lista elettorale “–OMISSIS-”, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019.

Depositata in Cancelleria il giorno 26 settembre 2019.