REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da:
Ernestino Luigi Bruschetta – Presidente –
Giacomo Nonno – Consigliere –
Filippo D’Aquino – Consigliere –
Roberto Succio – Consigliere Relatore –
Andrea Antonio Salemme – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2493/2016 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis) (omissis) C. s.n.c. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’avv. (omissis) (omissis) (PEC: (omissis);
– ricorrente –
Contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’avvocatura generale dello Stato con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi n. 12 (PEC: (omissis);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria 506/01/15 depositata in data 06/10/2015, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 24/05/2023 dal Consigliere dott. Roberto Succio;
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. Roberto Mucci che ha concluso per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
La società contribuente (omissis) (omissis) s.n.c. impugnava la cartella di pagamento notificatale a seguito di un avviso di accertamento e derivante da iscrizione a ruolo straordinario ex art. 15-bis del d.P.R. 602 del 1973; l’Amministrazione – a seguito di attività di verifica avente ad oggetto il rapporto tra la contribuente e l’Università di (omissis) consistente nella commissione alla società di una ricerca su telai di vetture d’epoca – contestava la fittizietà del rapporto tra i due soggetti che sarebbe stato documentato unicamente al fine di valersi del credito d’imposta, erogato e utilizzato dalla società.
Da tale fittizietà derivava, secondo l’Ufficio, l’utilizzo da parte della (omissis) (omissis) s.n.c. di fatture per operazioni inesistenti, con conseguente emissione degli atti impositivi, con i quali era recuperata a tassazione la materia imponibile sottratta con l’utilizzo del credito non dovuto.
La CTP rigettava l’impugnazione; appellava la società.
Con la pronuncia gravata, la CTR rigettava l’appello ritenendo legittima la cartella impugnata, in quanto emessa anteriormente alla sospensione dell’avviso di accertamento e solamente notificata in seguito a tale sospensione; riteneva poi dovuti gli interessi, in quanto la sospensione della cartella non ne impediva il decorso; motivata la cartella quanto alla identificazione del debito da essa portato con il mero richiamo all’avviso di accertamento; irrilevanti i motivi di doglianza proposti avverso l’avviso di accertamento, stante la considerazione in ordine alla quale la cartella può impugnarsi solo per vizi propri.
Ricorre a questa Corte la società contribuente con atto affidato a tre motivi, illustrati da memoria;
l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 47 del d. Lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere erroneamente ritenuto irrilevante la sospensione degli atti di recupero del credito di imposta ai fini della emissione e della notifica della cartella di pagamento, che non poteva – ancorché emessa prima della sospensione degli atti presupposti – esser notificata una volta che tali atti erano stati sospesi dal giudice tributario.
Il motivo è fondato.
Ritiene il Collegio di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con motivazione del tutto esauriente e convincente, secondo il quale (in termini la recente Cass. Sez. 5, Sentenza n. 40047 del 14/12/2021) nell’ipotesi in cui il contribuente ottenga la sospensione giudiziale dell’esecuzione dell’avviso di accertamento impugnato, ai sensi dell’art. 47 del d. Lgs. 546 del 1992, sono inibiti, dopo tale pronuncia, alla Amministrazione la formazione del ruolo e la successiva iscrizione “provvisoria”, rispettivamente, ex artt. 12 e 15 del d.P.R. n. 602 del 1973.
È evidente, che se l’avviso di accertamento è stato impugnato ed il contribuente ha conseguito la sospensione dell’efficacia esecutiva dello stesso, il ruolo non può divenire esecutivo e non può neppure essere “formato”, mancandone i presupposti.
Ancora, per quanto l’art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 202 del 1973, relativo all’iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi, consentiva l’iscrizione a ruolo delle imposte corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio “ma non ancora definitivi” (quando l’avviso di accertamento è stato impugnato), tuttavia, è altrettanto vero che, quando l’avviso di accertamento è stato impugnato, ma, su istanza del contribuente, è stata sospesa l’efficacia dell’atto presupposto (l’avviso di accertamento, appunto) da parte della Commissione tributaria provinciale, è evidente che è inibita all’Agenzia delle entrate la possibilità di iscrizione a ruolo a titolo provvisorio.
In tale seconda ipotesi, infatti, non è possibile superare la decisione di sospensione dell’efficacia dell’avviso di accertamento imposta dal giudice di prime cure, su richiesta del contribuente ricorrente, ai sensi dell’art. 47 d.lgs. n. 546 del 1992.
E’ invero evidente il pregiudizio per il contribuente che, nonostante abbia conseguito la sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento, ha visto il compimento da parte dell’Agenzia delle entrate di attività successiva, del tutto incompatibile con la sospensione giudiziale pronunciata dalla Commissione tributaria provinciale, vale a dire la notifica della cartella di pagamento del 19 agosto 2013.
È quindi conseguenza altrettanto evidente che, dinanzi ad una sospensione giudiziale dell’esecuzione dell’atto di recupero, pronunciata dalla CTP il 9 luglio 2013 non era possibile per l’Amministrazione Finanziaria e per il riscossore procedere alla notifica della cartella dovendosi, come effettivamente è poi avvenuto, procedere invece allo sgravio della somma alla quale essa si sarebbe dovuta riferire, in attesa della pronuncia sul merito della lite, risultando impedita qualsiasi iscrizione a ruolo, anche a titolo provvisorio, ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973 oltre che in forza del seguente art. 15 bis del medesimo d.P.R. difettandone i presupposti in forza del comando giudiziale intervenuto.
Devesi quindi, nel presente caso, così come operato dalla giurisprudenza citata che ne ha dato conto e ragione espressamente in motivazione confermare il superamento del diverso indirizzo espresso da altro precedente di questa Corte (Cass., sez. 6-5, 28 settembre 2020, n. 20361), in cui si è affermato (peraltro senza dar conto dell’orientamento difforme espresso da Cass. Sez. 5, Sentenza n. 40047 del 14/12/2021, come rilevato in sede di ordinanza interlocutoria n. 5250/2023 resa da questa Corte all’esito dell’adunanza camerale del 27 gennaio 2023) che la sospensione dell’atto impositivo, concernendo l’esecuzione, non spiega effetti diretti sulla cartella di pagamento, che è atto prodromico dell’esecuzione ed ha carattere meramente consequenziale agli avvisi di accertamento e – secondo questo orientamento, ora superato – la cartella, ove impugnata, deve essere a propria volta oggetto di richiesta di sospensione, qualora la parte ritenga che possa derivarle un danno grave ed irreparabile.
Peraltro, va osservato che il caso trattato dalla ordinanza citata che il Collegio non condivide nella conclusione alla quale in diritto è addivenuta, atteneva alla diversa fattispecie di impugnazione di una cartella di pagamento emessa dopo che il relativo avviso di accertamento prodromico era stato ritenuto legittimo con la sentenza del giudice tributario; fattispecie questa evidentemente differente da quella in esame, nella quale la tutela cautelare in ordine all’atto presupposto era stata invece accordata dal giudice di primo grado.
La conclusione cui qui si addiviene risulta del tutto in linea con le indicazioni già fornite da questa Corte (Cass. Sez. UU., Sentenza n. 758 del 13/01/2017; seguita da Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22938 del 21/10/2020) secondo la quale l’iscrizione nei ruoli straordinari dell’intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, risultante dall’avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, dagli artt. 11 e 15 bis del d.P.R. n. 602 del 1973, costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell’atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante, sicché, qualora intervenga una sentenza del giudice tributario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte tale atto, l’ente impositore, così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale, sia ove l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio, o eventualmente di rimborso dell’eccedenza versata.
Ritiene infine la Corte, sul punto, opportuno enunciare il seguente principio di diritto:
“la sospensione giudiziale dell’esecuzione di cui all’art. 47 del d. Lgs. n. 546 del 1992, come ogni ordine giudiziale di sospensione dell’esecuzione, arresta temporaneamente la possibilità per il creditore di agire in esecutivis; quindi essa preclude all’Amministrazione Finanziaria e al riscossore la possibilità di notificare la cartella di pagamento e ogni ulteriore atto diretto a far proseguire l’esecuzione, che deve medio tempore arrestarsi; ove l’iscrizione a ruolo sia avvenuta anteriormente alla ridetta sospensione, non va dato corso agli atti successivi – inclusa la notifica della cartella che veicola il ruolo o la presa in carico, che per alcuni tributi ha sostituito la cartella – dovendo l’Amministrazione viceversa adottare a seguito della ridetta sospensione del giudice tutti provvedimenti interni di segno e in direzione contraria alla prosecuzione dell’esecuzione. Ciò in attesa della pronuncia sul merito della lite o della revoca della sospensione giudiziale, risultando impedita nel mentre qualsiasi iscrizione a ruolo, anche a titolo provvisorio, ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973 oltre che in forza del seguente art. 15 bis del medesimo d.P.R., difettandone i presupposti in forza del comando giudiziale intervenuto”.
Pertanto, il primo motivo di ricorso è accolto; alla luce della decisione che precede i restanti motivi sono assorbiti in quanto divenuti irrilevanti ai fini del decidere.
La sentenza, quindi, è cassata; non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può decidersi nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente.
Le spese dell’intero giudizio, sussistendone giuste ragioni alla luce della questione posta in ricorso, sono compensate integralmente tra le parti.
p.q.m.
accoglie il primo motivo di ricorso;
dichiara assorbiti i restanti motivi;
cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso della società contribuente;
compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2023.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2023.