“Se mi tocchi, ti contagio…”: la frase rivolta dal ladro al vigilante del supermercato non basta per parlare di rapina (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 17 febbraio 2022, n. 5647).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VERGA Giovanna – Presidente –

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere –

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –

Dott. PARDO Ignazio – Rel. Consigliere –

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) MARCELLO nato a ROMA il 23/11/19xx;

avverso la sentenza del 11/03/2021 della CORTE APPELLO di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. IGNAZIO PARDO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. STEFANO TOCCI che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso

udito il difensore avv.to (OMISSIS) (OMISSIS) Massimo che si riporta ai motivi.

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza in data 11 marzo 2021, la corte di appello di Roma, confermava la pronuncia del tribunale monocratico di Roma del 22 settembre 2020 che aveva condannato (OMISSIS) Marcello alle pene di legge perché ritenuto colpevole di tentata rapina di merce sottratta all’interno di un supermercato.

In particolare al (OMISSIS) era stato contestato di essersi rivolto con fare minaccioso all’indirizzo del vigilante del supermercato Eataly che lo aveva bloccato al momento della sottrazione di numerosa merce al pagamento rivolgendogli l’espressione: “tanto non mi puoi fare un ca…. perchè ho l’aids e se mi tocchi ti contagio“.

1.2 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato che, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp. att. cod.proc.pen., lamentava violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione alla ritenuta portata minacciosa della frase rivolta dal ricorrente all’indirizzo del vigilante, che si assumeva essere priva di valenza intimidatoria, e, con la quale, si era soltanto comunicato il proprio reale stato patologico; inoltre, si deduceva ancora che non potesse valere ai fini della qualificazione dei fatti il comportamento successivo il fermo ” del ricorrente, il quale doveva ritenersi avere agito al solo fine di impedire condotte aggressive in suo danno come dimostrato anche dall’arresto in flagranza avvenuto sul piazzale del parcheggio del supermercato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.

In tema di minaccia quale elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art. 628 cod.pen. questa Corte di cassazione ha prima affermato come per la configurabilità del reato di rapina (art. 628 cod. pen.), ad integrare l’elemento della minaccia è sufficiente qualsiasi comportamento o atteggiamento verso il soggetto passivo idoneo ad incutere timore e a suscitare la preoccupazione di un danno ingiusto (Sez. 7, Ordinanza n. 35619 del 12/07/2006 Rv. 234869 – 01).

Più recentemente è stato ripetutamente ribadito come la minaccia necessaria ad integrare l’elemento oggettivo della rapina può consistere in qualsiasi comportamento deciso, perentorio e univoco dell’agente che sia astrattamente idoneo a produrre l’effetto di turbare o diminuire la libertà psichica e morale del soggetto passivo (Sez. 2, n. 48955 del 11/09/2019 Rv. 277783 – 01).

Orbene, l’applicazione dei sopra esposti principi in tema di serietà ed univoca conducenza dell’intimidazione a coartare l’altrui libertà di determinazione sino a comprimerla totalmente, determinano l’esclusione della contestata fattispecie nel caso in esame; invero, la frase rivolta dal (OMISSIS), ritualmente riportata nell’imputazione, all’indirizzo del vigilante dell’esercizio commerciale appare priva di concreta ed effettiva valenza intimidatoria; nel capo di imputazione viene infatti contestata la fattispecie di rapina in relazione alla minaccia che (OMISSIS) avrebbe rivolto all’indirizzo della vittima, dopo l’impossessamento di beni dal supermercato, rappresentando allo stesso l’impossibilità di essere fisicamente bloccato perché, un’azione del genere, avrebbe esposto il vigilante al contagio dell’AIDS, sindrome da immunodeficienza da cui risultava affetto lo stesso ricorrente.

Orbene, è notorio che tale patologia non è trasmissibile per mero contatto fisico, occorrendo il contatto con il plasma infetto, così che, avere rappresentato all’addetto alla vigilanza la possibilità di contagio per mero contatto non può comportare alcun concreto effetto intimidatorio.

Né può valere a qualificare ex art. 628 cod.pen. la condotta successiva posta in essere dallo stesso (OMISSIS) che, peraltro, sarebbe comunque priva di rituale contestazione; invero la sentenza di appello da atto che dopo l’alterco il (OMISSIS), senza porre in essere alcuna azione violenta, abbandonava la merce e si allontanava in direzione della vicina stazione ferroviaria ove veniva immediatamente tratto in arresto dalla Polizia allertata proprio dal vigilante.

Ne deriva affermare che né in occasione dell’alterco all’interno del supermercato né immediatamente dopo, Mercuri abbia posto in essere azioni violente o minacciose tali da potere concretamente arrecare danno alla sfera psicologica della vittima od alla sua integrità fisica.

I fatti devono pertanto essere ricondotti all’ipotesi del furto aggravato; invero deve farsi applicazione del principio secondo cui sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. – “sub specie” di esposizione della cosa per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, – nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi della merce sottratta dai banchi di un supermercato, considerato che nei supermercati – in cui la scelta delle merci avviene con il sistema del “self service” – la vigilanza praticata dagli addetti è priva di carattere continuativo e si connota come occasionale e/o a campione, mentre l’esclusione dell’aggravante in questione richiede che sulla cosa sia esercitata una custodia continua e diretta, non essendo sufficiente, a tal fine, una vigilanza generica, saltuaria ed eventuale (Sez. 5, n. 6416 del 14/11/2014 Rv. 262663 – 01).

3. I fatti devono pertanto essere qualificati come ipotesi di furto aggravato dall’esposizione alla pubblica fede e dalla contestata recidiva e, disposto l’annullamento con rinvio dell’impugnata pronuncia, gli atti trasmessi ad altra sezione della corte di appello di Roma per la determinazione della pena.

P.Q.M.

Qualificati il fatto ex artt. 624, 625 n. 7 cod.pen. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Roma per la determinazione della pena.

Roma, 14 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.