Se si abita l’immobile sequestrato è legittimo il pagamento di un canone di occupazione (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 2 luglio 2024, n. 25832).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE PENALE

Composta da:

ANNA PETRUZZELLIS – Presidente –

IGNAZIO PARDO – Consigliere –

PIERLUIGI CIANFROCCA – Relatore –

GIUSEPPE COSCIONI – Consigliere –

GIOVANNI ARIOLLI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di

(omissis) (omissis), nata il 2.3.1957 ad (omissis) (omissis),

contro il decreto del Tribunale di Torino del 5.2.2024;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Fulvio Baldi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con provvedimento del 5.2.2024 Il Tribunale di Torino ha respinto l’istanza di revoca del provvedimento con cui lo stesso ufficio, in data 17.11.2023, aveva disposto il pagamento dell’indennità di occupazione dell’immobile sito in (omissis) (omissis) via (omissis) n. 3;

2. ricorre per cassazione (omissis) (omissis) a mezzo del difensore di fiducia che deduce violazione di legge con riferimento all’art. 40 comma 1-bis del D. Lg.vo 159 del 2011:

rileva che, respingendo l’istanza di revoca inoltrata nell’interesse dell’odierna ricorrente, il Tribunale è incorso in violazione di legge con riguardo alla disciplina suindicata che non prevede affatto come obbligatoria la corresponsione di una indennità di occupazione dell’immobile soggetto a sequestro e nel caso di differimento dello sgombero;

sottolinea che il tenore letterale della norma non consente una sua interpretazione in palese contrasto con il diritto di abitazione;

ribadisce come la (omissis) non abiti nell’immobile e non disponga di risorse necessarie a corrispondere la indennità di occupazione;

3. la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso: sottolinea come sia corretta la affermazione del Tribunale secondo cui il differimento dello sgombero dell’immobile ben possa essere condizionato al pagamento di una indennità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate.

1. Il provvedimento ha segnalato, in primo luogo, l’irrilevanza delle allegazioni difensive circa il fatto che la (omissis) non vivesse più con il (omissis) (ovvero il proposto) nell’immobile di cui si discute così come, anche, la riconducibilità dello stesso alla sola odierna ricorrente.

Soprattutto, poi, ha correttamente evidenziato che, alla luce del richiamo operato dall’art. 40, comma 2-bis, all’art. 47 L.F., al di fuori delle condizioni indicate dalla norma l’esclusione dell’indennità di occupazione può avvenire soltanto in caso di emergenza abitativa o di indigenza e che “… nel caso di specie non emerge una situazione di patente difficoltà economica in capo alla ricorrente, se non nella misura conseguente ai sequestri effettuati” e “neppure risulta una condizione di inabilità lavorativa come sostenuto” (cfr., dal provvedimento impugnato).

È dunque errato quanto sostenuto in ricorso, secondo cui il Tribunale avrebbe operato una applicazione “automatica” dell’art. 40 del D. Lg.vo 159 del 2011 risultando invece che i giudici merito hanno positivamente escluso che, nel caso concreto, ricorressero le condizioni per esonerare dal pagamento dell’indennità evocando, a tal fine, una serie di elementi fattuali con cui il ricorso non si confronta.

2. In tal modo, dunque, il Tribunale ha dato continuità al principio, assolutamente consolidato, secondo cui è legittima l’imposizione di un canone di locazione ovvero di una congrua indennità di occupazione nei confronti del proposto per consentirgli di continuare ad abitare nell’immobile sottoposto a sequestro, rimanendo onere della parte interessata dimostrare la eventuale sussistenza di condizioni di esonero da detta imposizione, costituite da una situazione di emergenza abitativa e dalla indisponibilità di redditi adeguati o di altri immobili di proprietà (cfr., Sez. 5, n. 13832 del 25/01/2018, Giacchetto, Rv. 273040 – 01; Sez. 2, n. 27809 del 05/06/2015, Inzitari, Rv. 264140 – 01; Sez. 1, n. 51458 del 19/11/2013, Bordonaro, Rv. 257658; Sez. 6, n. 25289 del 12/05/2015, Zara, Rv. 263843).

È rimasta infatti isolata quella decisione (cfr., Sez. 2, n. 9908 del 24/02/2011, Scagliarini, Rv. 249672) che aveva ritenuto illegittima la richiesta di versamento di un canone di locazione, sul rilievo che la casa di abitazione resta a disposizione del proposto fino alla confisca e non può dirsi che sia da questi posseduta “sine titulo” come se fosse divenuta di proprietà dell’amministrazione; si tratta di un precedente fondato sull’erroneo presupposto che l’abitazione resti nella disponibilità del proposto fino alla confisca, quando invece già con il sequestro, ai sensi dell’art. 21 del D. Lg.vo 159 del 2011, si realizza lo spossessamento del bene.

Tale impianto è stato come è noto recepito dal legislatore nella novella n. 161 del 2017 che ha introdotto nell’art. 40 il comma 2-bis per regolare specificamente la materia stabilendo che “nel caso previsto dal secondo comma dell’articolo 47 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e, comunque, nei casi previsti dal comma 3-ter, primo periodo, del presente articolo, il Tribunale, con decreto revocabile in ogni momento, dispone il differimento dell’esecuzione dello sgombero non oltre il decreto di confisca definitivo.

Il beneficiano, pena la revoca del provvedimento, è tenuto a corrispondere l’indennità eventualmente determinata dal tribunale e a provvedere a sue cure alle spese e agli oneri inerenti all’unità immobiliare; è esclusa ogni azione di regresso. Il tribunale, con il provvedimento con cui rigetta la richiesta, dispone l’esecuzione dello sgombero se precedentemente differito”.

Si è pertanto ribadita la legittimità della imposizione di una indennità al soggetto autorizzato ad occupare l’immobile assoggettato a sequestro di prevenzione anche nella disciplina anteriore alla legge n. 161 del 2017, meramente ricognitiva degli arresti giurisprudenziali sul punto.

Tale indennità non sarà dovuta soltanto in presenza di una “emergenza abitativa” integrata dalla mancanza di “redditi adeguati” o di “altri immobili di proprietà” spettando alla parte che invoca l’esonero l’onere di dimostrare la sussistenza degli indicati presupposti.

3. Nel caso di specie il Tribunale ha negato che ricorressero gli estremi per l’esenzione mentre il ricorso, come si è visto, si limita a dedurre la erroneità “in diritto” della decisione che, a dire della ricorrente, avrebbe invece applicato in maniera “automatica” la norma sopra richiamata.

4. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 6.6.2024

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.