Sentenza esecutiva pronunciata nei confronti di un soggetto non più esistente e oneri del debitore (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 22 dicembre 2021, n. 41263).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

TERZA SEZIONE CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro –  Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso n. 35124/18 proposto da:

-) Luca (OMISSIS), Cristiano (OMISSIS) e Andrea (OMISSIS), elettivamente domiciliati a Peschiera Borromeo, v. (OMISSIS) n. 2, difesi dall’avvocato Stefano (OMISSIS) in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

-) Martino (OMISSIS), Maddalena (OMISSIS) e Marco (OMISSIS), elettivamente domiciliati a Milano, v. della (OMISSIS) 15, difesi dall’avvocato Carlo Felice (OMISSIS) in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 20.7.2018 n. 3547;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 ottobre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2010 Martino (OMISSIS), Marco (OMISSIS) e Maddalena (OMISSIS) convennero dinanzi al Tribunale di Milano la società SAR s.r.I., chiedendone la condanna alla rimozione di un impedimento all’esercizio di una servitù di passaggio vantata dagli attori.

Con sentenza 9.11.2012 la domanda venne rigettata, e gli attori condannati alla rifusione delle spese di lite in favore della società resistente, quantificate in euro 6.000.

2. Nelle more del suddetto giudizio, in data 29 novembre 2011, la società SAR s.r.I., a conclusione della procedura di liquidazione, venne cancellata su sua domanda dal registro delle imprese.

Il bilancio finale di liquidazione non evidenziò la pendenza della suddetta controversia possessoria.

3. Nel 2014 gli ex soci della SAR s.r.l. (e cioè Luca (OMISSIS), Cristiano (OMISSIS) e Andrea (OMISSIS)) intimarono precetto a Martino (OMISSIS), Marco (OMISSIS) e Maddalena (OMISSIS), al fine di ottenere il pagamento delle spese di lite che i debitori erano stati condannati a rifondere alla SAR s.r.I..

I debitori suddetti proposero opposizione all’esecuzione, sostenendo che i tre creditori procedenti non potevano giovarsi di un titolo esecutivo formato nei confronti della società loro dante causa dopo l’estinzione di questa.

4. Con sentenza 15 giugno 2016 n. 4765 il Tribunale di Milano accolse l’opposizione.

La sentenza venne appellata dai soccombenti.

Con sentenza 20 luglio 2018 n. 3547 la Corte d’appello di Milano rigettò il gravame.

A fondamento della decisione la Corte d’appello di Milano ritenne che:

-) il diritto della società SAR s.r.l. alla rifusione delle spese di lite era sorto solo con la sentenza conclusiva del giudizio possessorio, e tale sentenza venne pronunciata dopo la cancellazione della società;

-) le Sezioni Unite della Corte di cassazione, chiamate a stabilire quale fosse la sorte dei crediti sociali dopo la cancellazione della società, hanno stabilito che i crediti controversi, i crediti liquidi, e le “mere pretese della società, ancorché azionate in giudizio”, debbono ritenersi rinunciati se non vengano indicati nel bilancio finale di liquidazione;

-) nel caso di specie, il bilancio finale di liquidazione della SAR s.r.l. non evidenziava alcuna pretesa alla rifusione delle spese di lite nei confronti di Martino (OMISSIS), Marco (OMISSIS) e Maddalena (OMISSIS), sicché il relativo credito doveva ritenersi rinunciato.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da Luca (OMISSIS), Cristiano (OMISSIS) e Andrea (OMISSIS) con ricorso fondato su un solo motivo.

6. Martino (OMISSIS), Marco (OMISSIS) e Maddalena (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’articolo 2495 c.c..

Tale norma, secondo i ricorrenti, sarebbe stata violata perché il giudice di merito ha commesso l’errore di escludere l’efficacia esecutiva d’una sentenza pronunciata a favore di una società commerciale estintasi durante la pendenza della lite.

Tale affermazione di diritto viene dai ricorrenti sostenuta con i seguenti argomenti:

-) i soci di una società estinta non possono pretendere di subentrare nei crediti che, al momento dell’estinzione della società, erano “incerti o illiquidi”; ma nel caso di specie il credito messo in esecuzione era certo e liquido, in quanto risultante dal titolo esecutivo, “benché formatosi dopo l’estinzione della società”;

-) se si escludesse l’efficacia esecutiva della sentenza pronunciata a favore di una società estinta, “si svuoterebbe di significato il principio stabilito dall’articolo 2495 c.c.”;

-) la mancata appostazione del credito di cui si discute nel bilancio finale di liquidazione non consentiva di ritenere che a quel credito la società avesse rinunciato, perché la rinuncia presuppone la consapevolezza dell’esistenza del diritto, mentre nel caso di specie al momento della pretesa rinuncia il diritto era controverso; al contrario, la circostanza che l’estinzione della società non fosse stata dichiarata dal suo difensore nel giudizio presupposto, e che la causa fosse stata coltivata nonostante l’estinzione della società, avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello ad escludere “una volontà abdicativa della società al rimborso delle spese di lite”.

2. Il ricorso è fondato.

Quando venga posto in esecuzione un titolo esecutivo giudiziale, pronunciato a favore d’una società commerciale estinta al momento in cui inizi l’esecuzione, non posson darsi che due possibilità: o l’estinzione è avvenuta dopo la formazione del titolo, o prima.

2.1. Se la società creditrice si estingua dopo la formazione del titolo, il credito da esso nascente può essere fatto valere dai soci, nei limiti ed alle condizioni in cui questi possano assumere la veste di “successori” della società (condizioni stabilite da Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013).

In questi casi è consentito al debitore esecutato far valere in sede di opposizione i fatti modificativi od estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo: ad esempio, la rinuncia al credito da parte della società, avvenuta prima dell’estinzione (rinuncia che, comunque, non può ravvisarsi nella mera ed unica circostanza che quel credito non sia stato appostato nel bilancio finale di liquidazione: Sez. 3 – , Ordinanza n. 28439 del 14/12/2020, Rv. 659863 – 01; è conforme Sez. 1 – , Sentenza n. 9464 del 22/05/2020, Rv. 657639 – 01).

2.2. Quando, invece, il titolo esecutivo giudiziale venga pronunciato dopo l’estinzione della società creditrice (vuoi che ciò avvenga perché l’evento estintivo non sia stato dichiarato in giudizio dal difensore della società costituita; vuoi che ciò avvenga per mero errore), non è consentito al debitore far valere, attraverso l’opposizione all’esecuzione, circostanze anteriori alla formazione del titolo, che in tesi ne avrebbero determinato il formarsi in modo viziato.

Qualunque vizio nella formazione d’un titolo esecutivo giudiziale, infatti, deve essere censurato impugnando quest’ultimo con le forme ordinarie (per tutte, Cass. Sez. U. 23/07/2019, n. 19889, punto 31 delle ragioni della decisione).

Così, nel caso di specie, colui il quale assume che una società commerciale, prima della formazione del titolo esecutivo giudiziale a suo favore, aveva già rinunciato ad un credito, ha l’onere di impugnare la sentenza di condanna, allegando e dimostrando che il giudice di merito ha pronunciato condanna a favore di un soggetto che creditore non era, a causa della estinzione dell’obbligazione per remissione del debito.

2.3. Ma una volta che il titolo esecutivo sia venuto ad esistenza non è più possibile in sede di opposizione all’esecuzione sindacare se il creditore, prima della formazione del titolo, abbia o non abbia rinunciato al proprio credito.

Con la pronuncia della sentenza, infatti, la fonte dell’obbligazione del creditore non è più il contratto o il fatto illecito, ma il titolo giudiziale, rispetto al quale in sede di opposizione all’esecuzione possono essere dedotti soltanto i fatti estintivi o modificativi successivi alla sua formazione.

Pertanto, quando un titolo esecutivo sia azionato da chi assume essere successore del soggetto a favore del quale il titolo è stato pronunciato, in sede di opposizione potrà discutersi se il creditore esecutante sia effettivamente il successore del soggetto estinto, ma non potrà discutersi del fatto che il soggetto estinto fosse davvero il creditore, “pena la nullificazione del titolo esecutivo”, come già stabilito da questa in fattispecie analoga (Sez. 3 – , Sentenza n. 20155 del 18/08/2017, in motivazione).

2.4. Alla luce di tali princìpi, non è conforme a diritto l’affermazione della Corte d’appello (p. 7, 1° e 2° capoverso, della sentenza impugnata) nella parte in cui, dopo avere accertato in facto che “al tempo dell’estinzione [della società] il titolo giudiziale non esisteva”, ha concluso in iure che i soci non erano succeduti alla società nel diritto di mettere in esecuzione il titolo esecutivo.

È vero, invece, l’esatto contrario: qualsiasi vicenda estintiva del credito anteriore ad una sentenza di condanna esecutiva andava fatta valere impugnando quest’ultima e non proponendo un’opposizione all’esecuzione.

2.5. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, la quale nell’esaminare ex novo l’appello proposto da Luca (OMISSIS), Cristiano (OMISSIS) e Andrea (OMISSIS) applicherà il seguente principio di diritto: “nel caso in cui sia pronunciata una sentenza esecutiva nei confronti di un soggetto non più esistente al momento della pronuncia, il debitore il quale intenda sostenere che l’obbligazione dedotta in giudizio si sia estinta per remissione del debito prima della pronuncia di condanna ha l’onere di impugnare quest’ultima con le forme ordinarie; la suddetta deduzione è invece inammissibile in sede di opposizione all’esecuzione iniziata dal successore del creditore estinto”.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

Va in dispositivo dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002.

P. q. m.

(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.