Sì al differimento della pena per praticare le cure mediche necessarie alla tutela della salute anche per chi sta scontando la pena per reati di mafia (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 30 agosto 2023, n. 36215).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. FRANCESCO CENTOFANTI -Presidente-

Dott. BARBARA CALASELICE -Relatore – Consigliere-

Dott. MICAELA SERENA CURAMI -Consigliere-

Dott. CARMINE RUSSO -Consigliere-

Dott. FULVIO FILOCAMO -Consigliere-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza emessa in data 11/01/2023 dal Tribunale di sorveglianza di Palermo;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa BARBARA CALASELICE;

letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, Dott. Ferdinando Lignola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di sorveglianza di Palermo rigettava l’istanza, proposta da (omissis) (omissis) volta alla concessione del differimento della pena, o, in subordine, di detenzione domiciliare per motivi di salute, e disponeva la trasmissione degli atti alla Direzione della Casa circondariale di (omissis) perché, di concerto con il Dirigente sanitario ivi operante, fosse individuata tempestivamente una struttura sanitaria pubblica anche in ambito extraregionale, per la sollecita risoluzione delle esigenze terapeutiche e interventistiche di cui il detenuto necessita, in conformità a quanto disposto dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, con nota del 12 dicembre 2022.

In premessa l’ordinanza dava atto dell’elevato grado di pericolosità del detenuto, condannato per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., desunta dal ruolo verticistico rivestito nel sodalizio mafioso, dal quale non si è mai dissociato, e confermato dalle note della DDA e della DNA, che certificano l’attuale operatività dell’organizzazione.

La relazione del carcere e la consulenza cli parte rappresentavano che (omissis) è affetto da epatopatia cronica da HCV in attuale buon compenso metabolico, da carcinoma basocellulare del dorso del naso e da verruca seborroica sanguinante del cuoio capelluto, e convergevano nel ritenere incompatibili le sue condizioni di salute con il regime carcerario, in ragione della necessità di indifferibile intervento chirurgico da affrontare in ambiente ospedaliero, considerati anche i tempi di attesa non prevedibili presso i presidi esterni.

Infine, il Tribunale osservava che il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, presa visione degli elaborati medici e data l’impossibilità di effettuare i necessari interventi presso gli Istituti penitenziari, ordinava alla Direzione del carcere quanto indicato in dispositivo.

Tutto ciò premesso, secondo il giudice a quo, le esigenze terapeutiche del detenuto erano affrontabili mediante tempestivo intervento chirurgico, non richiedente standard di abilità superiori alla norma, presso struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, e non configurano di per sé condizioni di infermità particolarmente gravi, suscettibili di ricevere specifico pregiudizio dallo stato detentivo, potendo essere risolte ricorrendo ai presidi sanitari territoriali a norma dell’art. 11, comma 4, Ord. pen., in conformità a quanto già disposto dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.

2. Con il ricorso per Cassazione, il difensore dell’interessato ha proposto un solo motivo, con il quale ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla decisione relativa alla richiesta di detenzione domiciliare ex 47-ter Ord. pen., avendo il Tribunale ribaltato l’esito della valutazione dei medici senza alcuna base scientifica, posto che gli stessi concludevano per l’incompatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il carcere evidenziando, a tal fine, da una parte l’indifferibilità dell’intervento chirurgico e dall’altra parte la necessità di garantire – successivamente – tutte le curie rese necessarie dall’intervento.

3. II Sostituto Procuratore generale, Dott. Ferdinando Lignola, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando che l’ordinanza è conforme alla giurisprudenza di legittimità.

A parere della parte pubblica, nel caso di specie, non si evidenziano malattie gravi, tali cioè da porre in pericolo la vita, o da provocare conseguenze dannose, anche sul piano della dignità umana, capaci di privare la pena di significato Inoltre, le cure e i trattamenti necessari sono indicati come praticabili in regime extramurario, ricorrendo al ricovero esterno.

D’altra parte, osserva il Sostituto Procuratore generale, non vi è ragione di ritenere che (omissis) in regime di detenzione domiciliare o di libertà, potrebbe privatamente assicurarsi in tempi più rapidi l’intervento chirurgico richiesto dai sanitari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. II ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

1.1. Va ricordato che, secondo la previsione di cui all’art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen., il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena può essere concesso al condannato che risulti affetto da “una grave infermità fisica” che renda le condizioni di salute del soggetto incompatibili con il carcere.

Ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-ter, ord. pen., ove ricorra tale presupposto, può essere disposta la detenzione domiciliare in luogo del rinvio dell’esecuzione della pena, chiesto in via principale, ove il giudice ritenga che l’esigenza di contenere la residua pericolosità del detenuto con un presidio detentivo sia prevalente rispetto a quella di tutela della salute (Sez. 1, n. 21355 del 01/04/2021, Rv. 281225).

Il rigetto dell’istanza postula, in entrambi i casi, una valutazione di compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il regime carcerario al quale è sottoposto.

Si tratta di un giudizio bifasico, che deve essere effettuato dapprima in astratto, tenendo conto dell’inquadramento nosografico della patologia del detenuto e della astratta possibilità di cura, e quindi, in concreto, tenendo conto delle modalità di somministrazione delle terapie di cui il soggetto necessita, valutate in relazione all’istituto penitenziario in cui è ristretto e alle eventuali ulteriori strutture dove poterlo trasferire, nonché alla concreta incidenza della specifica situazione ambientale con il peculiare quadro clinico del detenuto (Sez. 1, n. 36875 del 15/07/2021, non massimata; Sez. 1, n. 50998 del 17/10/2018, non mass.).

Il grave stato di salute va inteso come patologia implicante un serio pericolo per la vita o la probabilità di altre rilevanti conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti tali da non poter essere praticati in regime di detenzione inframuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 ord. pen. (Sez. 1, n. 37216 del 5/03/2014, Rv. 260780; Sez. 1, n. 8936 del 22/11/2000, Rv. 218229).

Si è precisato che in questo complesso giudizio deve essere effettuato anche un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le sue condizioni complessive di salute (Sez. 1, n. 37062 del 09/04/2018, Rv. 273699).

Peraltro, il giudice che, in presenza di dati o documentazione clinica attestanti l’incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con il regime carcerario, ritenga di non accogliere l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute deve disporre gli accertamenti medici necessari, nominando un perito (Sez. 1, n. 54448 del 29/11/2016, Rv. 269200).

Infine, deve essere ‘rilevato che questa Corte ha affermato, in tema di differimento della pena per motivi di salute, che il Tribunale cli sorveglianza, ove ritenga che l’invocato rinvio dell’esecuzione non possa essere concesso, sul presupposto che è possibile praticare utilmente le cure necessarie in ambiente sanitario adeguato (nella specie quello carcerario fornito di centro clinico specializzato), deve indicare, nel provvedimento di rigetto, con precisione e non genericamente, la struttura in cui la pena deve essere espiata (Sez. 1, n. 41192 del 18/09/2015, Chilà, Rv. 264894); in definitiva ponendo in capo al Tribunale un onere diretto non solo all’individuazione concreta della struttura ex art. 11 Ord. pen., ma anche monitorare la concreta fattibilità delle cure e dei ricoveri che l’autorità sanitaria preposta indica come necessari.

2. Ciò premesso, la censura del ricorrente coglie nel segno, non avendo il giudice a quo rispettato i superiori principi, con una motivazione lineare ed esaustiva, anche alla luce del dispositivo adottato dallo stesso Tribunale di sorveglianza.

Invero, le relazioni mediche, riconfermate dal giudice a quo, descrivono una situazione patologica di rischio che richiede un intervento immediato e non rinviabile, situazione che lo stesso Tribunale ha ritenuto tale e valorizzato nella parte in cui il provvedimento ha disposto, a cura del Dirigente dell’Istituto di pena e del Dirigente sanitario, la tempestiva individuazione di struttura sanitaria pubblica, anche in ambito extraregionale, per la sollecita risoluzione delle esigenze terapeutiche ed interventistiche di cui il detenuto necessita, in conformità alla nota dello stesso Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.

A fronte di detta finale disposizione, si ravvisa una sostanziale inconciliabilità, in concreto, tra le condizioni di salute del detenuto e la detenzione in atto, quanto meno in caso di assenza dell’allocazione del detenuto presso struttura sanitaria pubblica e della sollecita risoluzione delle esigenze terapeutiche e di intervento riscontrate dai sanitari preposti.

In altri termini, a fronte dell’accertata necessità di provvedere urgentemente alle esigenze di cura del detenuto, il Tribunale di sorveglianza ha disposto quanto raccomandato nella valutazione dei sanitari, sostanzialmente affermando che in mancanza di tale attuazione, evidentemente, la rilevata compatibilità scolora in incompatibilità.

Dunque, posto che (tra le tante, Sez. 1, n. 5732 del 8/01/:2013, Rv. 254509),­ il differimento della pena per motivi di salute può essere concesso solo per l’impossibilità di praticare utilmente, in ambiente carcerario, le cure necessarie nel corso dell’esecuzione della pena, là dove il Tribunale di sorveglianza ritenga che il differimento invocato non possa essere concesso, per essere possibili utili pratiche sanitarie anche presso luoghi esterni di cura, vi è l’onere di indicare con precisione, e non genericamente, tale luogo quando ammette la necessità di assicurare l’espiazione della pena in diversa struttura, onere al quale si accompagna quello di verifica della concreta fattibilità delle cure indicate come necessarie.

3. Segue l’annullamento con rinvio per nuovo esame dell’ordinanza impugnata, nonché l’oscuramento dei dati sensibili, in caso di diffusione del provvedimento, in considerazione delle condizioni di salute del condannato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Palermo.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs.196/03 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso, il 27 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria, Roma lì 30 agosto 2023.

SENTENZA