Si mette in centro strada e blocca uno scuolabus per poi scagliarsi contro un Brig. dei CC, intervenuto per allontanarlo, sferrandogli un pugno in pieno volto (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 13 agosto 2021, n. 31681).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. PEZZULLO Rosa – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) TEODORO nato a (OMISSIS) il 28/08/19xx;

avverso la sentenza del 07/02/2020 della CORTE APPELLO di VENEZIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa ROSA PEZZULLO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. LUIGI BIRRITTERI che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 febbraio 2020, la Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Belluno in data 8 maggio 2019, ha ridotto la pena inflitta ad (OMISSIS) Teodoro per il reato di cui all’art. 341 bis c.p. (sub capo a) e di cui all’art. 582 c.p. (sub capo b) a mesi tre e giorni venti di reclusione.

1.1. All’imputato sono state ascritte le condotte dell’aver offeso l’onore e il prestigio del Brigadiere Ventura (OMISSIS), proferendo nei suoi confronti espressioni ingiuriose e per averlo colpito – dopo che questi era intervenuto sul posto per fermare appunto l’imputato, che, ponendosi sulla carreggiata, impediva ad uno scuolabus di linea il normale traffico – con un pugno al volto che gli cagionava lesioni guaribili in giorni tre.

2. Avverso la sentenza della Corte d’appello ha proposto ricorso per cassazione l’avv. Andrea (OMISSIS), difensore dell'(OMISSIS), sviluppando tre motivi, con i quali lamenta plurime violazioni d! legge (art. 606 comma 1 lett. b) e c) c.p.p.), e segnatamente:

2.1. con il primo motivo, la mancata applicazione della sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità, sul presupposto per cui l’imputato non effettuava alcuna produzione documentale, atteso che risulta assente nell’ordinamento una disposizione che preveda la possibilità o il dovere per l’imputato, di stabilire lui stesso l’attività da svolgere a favore della collettività, l’ente presso il quale svolgerla, nonché i tempi e le modalità di esecuzione della stessa, essendo sufficiente solo la sua non opposizione;

2.2. con il secondo motivo, l’inosservanza dell’art. 546 lett. er punto 1 c.p.p. in relazione all’art. 341 bis c.p., per insussistenza del requisito della plurioffensività, laddove non è più sufficiente la lesione del solo onere del pubblico ufficiale, ma è sempre necessario che l’offesa si riverberi sulle qualità pubbliche rivestite dalla persona offesa; nel caso in esame, l’imputato con le proprie espressioni – becere ed esecrabili – offendeva i pubblici ufficiali disprezzandoli singolarmente quali persone, nonché per lo spiegamento di forze inusitato rispetto a quanto commesso;

2.3. con il terzo motivo, la violazione di legge (art. 606 comma 1 lett. b) c.p.p.) ed il vizio di motivazione (art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p.), relativamente all’art. 341 bis c.p. giacché l’oltraggio per essere tale, necessità della sussistenza contemporanea del luogo pubblico e della presenza di più persone, diverse dal pubblico ufficiale offeso, presupposti tuttavia assenti nel caso in esame; invero, la Corte veneziana, non raggiungeva la prova che altre persone avessero potuto percepire le espressioni irriguardose e poneva il focus non sulla concretezza della percezione, bensì sulla potenzialità della medesima, siccome neppure l’unico teste escusso, Sig.ra Gabri (OMISSIS), ricordava le parole pronunciate dall’imputato.

3. Il procuratore generale in sede, in persona del sostituto procuratore dr. Luigi Birritteri, ai fini della decisione del ricorso, ha fatto pervenire le sue richieste scritte, ai sensi del comma 8 dell’art. 23 del dl. n. 137/2020, conv. con modificazioni nella L. 176/2020, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.

4. In data 21.5.2021 l’imputato ha depositato memoria, con la quale, tra l’altro, invoca l’intervenuta prescrizione dei reati ed ha ulteriormente argomentato in merito ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento.

1. Va preliminarmente evidenziato che il termine massimo di prescrizione ex artt. 157 e 161 c.p. per i reati oggetto di imputazione è di sette anni e sei mesi, a decorrere dal 27.11.2014 (data di commissione dei reati), sicché all’evidenza tale termine non è ancora decorso scadendo il 27.5.2022.

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, siccome generico e comunque manifestamente infondato.

2.1. Ed invero, confusamente il ricorrente si duole della mancata sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità e delle motivazioni a sostegno del diniego, invocando in ricorso le norme di cui al D. Lgvo n. 274 del 2000.

Tali norme, tuttavia, risultano coniate per il processo innanzi al Giudice di Pace, al quale è specificamente è demandata la possibilità di applicare la pena del lavoro di pubblica utilità su richiesta dell’imputato, ai sensi dell’ art. 54 D.Lgvo n. 274/2000, sicché tale richiamo risulta inconferente.

2.2. Nella memoria del 21.5.2021 l’imputato ha, poi, addotto che l’art. 168 bis c.p.p., introdotto dalla legge n. 67/2014, fa riferimento ai reati con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sicché tale norma ha riguardo ai reati di competenza del Tribunale.

Tuttavia, la norma richiamata riguarda la sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato e non risulta che l’imputato abbia inteso avvalersi tale procedura (non vi è menzione di ciò nelle sentenze di merito e neppure nelle stesse allegazioni dell’imputato in ricorso).

Né la Corte territoriale risulta essere stata sollecitata alla concessione della sospensione condizionale della pena (e dei suoi presupposti), subordinandola all’esecuzione dei lavori di pubblica utilità.

Ne consegue, pertanto, che, alla luce della genericità delle allegazioni dell’imputato, qualsiasi seria analisi sulle deduzioni sviluppate con il primo motivo di ricorso e sulla motivazione della sentenza impugnata risulta a monte inibita, non comprendendosi in base a quale disciplina è stata invocata la sostituzione per la verifica e la valutazione delle ragioni del diniego.

3. Infondati si presentano il secondo e terzo motivo di ricorso in ordine alla configurabilità del delitto di cui all’art. 341 bis c.p.

Ed invero, va premesso, in linea generale, che immune da censure si presenta la valutazione della Corte territoriale, che ha ritenuto integrato il reato di cui all’art. 641 bis c.p. nella condotta dell’imputato, che, dopo essersi parato di fronte ad uno scuolabus, impedendone la marcia, all’intervento dei Carabinieri si rivolgeva al Brigadiere Ventura (OMISSIS) con espressioni ingiuriose (del tipo “stronzo” , non rompermi i “coglioni”), colpendolo al volto con un ceffone.

3.1. All’uopo, correttamente è stato ritenuto dai giudici di merito, che le parole utilizzate dall’imputato all’indirizzo del p.u. integrassero un’offesa rilevante ai sensi del reato in questione, essendo intrinsecamente offensive.

Invero, in tema di oltraggio a pubblico ufficiale, un’espressione intrinsecamente offensiva, anche se di uso corrente nel linguaggio moderno, ha una valenza obiettivamente denigratoria e minatoria, e non perde il carattere di antigiuridicità quando è pronunciata in circostanze che, esulando dai limiti della critica anche accesa, siano tali da incidere in senso negativo sul consenso che il pubblico ufficiale deve avere nella società (Sez. 6, n. 51613 del 08/11/2016, Rv. 268358).

Ai fini della configurabilità del reato di oltraggio di cui all’art. 341-bis cod. pen. è sufficiente che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale possano essere udite dai presenti, poiché già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la P.A. di cui fa parte„ e ulteriori rispetto a quelle ordinarie (Sez 6, n. 19010 del 28/03/2017 Rv. 269828).

3.2. Ricorre, pertanto, nella fattispecie l’elemento dell’offesa rivolta al p.u. nell’esercizio delle sue funzioni, mentre stava procedendo a intervenire a tutela della regolarità della circolazione stradale, ostacolata dall’imputato stesso.

All’uopo correttamente la Corte territoriale ha evidenziato, altresì, l’irrilevanza di un espresso riferimento nell’offesa alla qualifica di p.u. della vittima da parte dell’autore del reato.

Non è necessario, infatti, ad integrare l’offesa al pubblico ufficiale, mentre compie un atto di ufficio un riferimento, in senso dispregiativo, al munus publicum esercitato dalla p.o., essendo necessaria, invece, la valenza ingiuriosa delle parole o frasi pronunciate al suo indirizzo, mentre svolge le sue funzioni pubbliche, “disturbandolo”.

3.3. Ricorrono, altresì, nella fattispecie gli ulteriori elementi del luogo pubblico o aperto al pubblico, nonché, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, della presenza di più persone.

Più volte, questa Corte ha evidenziato come, ai fini della configurabilità del reato di oltraggio previsto dall’art. 341-bis cod. pen. è necessaria la presenza di almeno due persone (Sez. 6, n. 16527 del 30/01/2017, Rv. 270581).

Sul punto, le sentenze di merito -da leggersi congiuntamente siccome costituenti un unicum inscindibile, convergendo in merito alla affermazione di responsabilità dell’imputato- hanno evidenziato come sul posto vi fosse anche un altro Carabiniere e dal bus ad assistere alla scena, oltre ai passeggeri e al conducente del veicolo, vi fosse anche la mamma di uno dei ragazzi, che, escussa come teste, ha confermato in dibattimento i fatti narrati dalla p.o., dando così ulteriore conferma della presenza della pluralità di persone.

4. Il ricorso va, dunque, respinto ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 3.6.2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.