Sinistro stradale – Il dato informativo che rimane semplicemente impresso nella memoria dello spettatore di un fatto (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 5 ottobre 2023, n. 28126).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRANCE DE STEFANO                  – Presidente –

Dott. ENRICO SCUDITTI                        – Consigliere –

Dott. MARCO DELL’UTRI                       – Rel. Consigliere –

Dott.ssa ANTONELLA PELLECCHIA     – Consigliera –

Dott.ssa STEFANIA TASSONE               – Consigliera –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26962/2022 proposto da:

(omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) elett.te domiciliati in (omissis) presso lo studio dell’avv.to (omissis) (omissis) che, unitamente all’avv.to (omissis) (omissis), li rappresenta e difende;

ricorrenti

contro

(omissis) (omissis) S.P.A., in persona del legale rappresentante, elett.te domiciliata in (omissis) presso lo studio dell’avv.to (omissis) (omissis) che la rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza n. 2963/2022 della CORTE D’APPELLO DI ROMA depositata il 4/05/2022;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2023 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

rilevato che,

con sentenza resa in data 4/5/2022, la Corte d’appello di Roma ha rigettato il ricorso per revocazione proposto da (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) avverso la sentenza (del 25 gennaio 2017), con la quale la medesima corte d’appello aveva rigettato l’appello proposto nei confronti della sentenza di primo grado, che aveva, a sua volta, disatteso la domanda proposta dagli istanti per la condanna della (omissis) (omissis) s.p.a. (in qualità di impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada) al risarcimento dei danni subiti dagli attori a seguito di un sinistro stradale verificatosi nel (omissis);

a fondamento della decisione assunta, per quel che ancora rileva in questa sede, la corte territoriale ha evidenziato come l’impugnazione per revocazione straordinaria proposta dai ricorrenti ai sensi dell’art. 395 n. 3 c.p.c. era stata dagli stessi correlata al preteso ‘ritrovamento’ (nel gennaio del 2021 e, dunque, successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata per revocazione) di un documento contenente una dichiarazione scritta resa da un soggetto che aveva riconosciuto (a seguito di un annuncio di ‘ricerca testimoni’ pubblicata su un quotidiano del marzo 2019) di aver assistito al sinistro stradale dedotto in giudizio e di essersi avveduto, in tale circostanza, dell’ascrivibilità della responsabilità relativa a tale sinistro alla condotta di guida di un soggetto che si era dileguato immediatamente dopo il fatto;

tanto premesso, l’impugnazione degli odierni istanti doveva ritenersi del tutto infondata, non potendo tale dichiarazione scritta ricondursi in alcun modo alla previsione dell’art. 395 n. 3 c.p.c., nella parte attribuisce rilievo decisivo, ai fini della revocazione, ai soli documenti ‘preesistenti’ alla decisione impugnata, non potuti produrre tempestivamente per cause di forza maggiore o per fatto dell’avversario;

avverso la sentenza della corte d’appello romana, (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

la (omissis) (omissis) s.p.a. resiste con controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memoria;

il Collegio si è riservato il deposito nei sessanta giorni successivi;

considerato che,

con l’unico motivo di impugnazione proposto, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territo- riale adita in sede di revocazione fornito un’interpretazione eccessiva- mente restrittiva, e dunque erronea, dell’art. 395 n. 3 c.p.c., confondendo il profilo della formazione del documento prodotto (nella specie della materiale stesura della dichiarazione scritta resa dal testimone oculare del sinistro stradale dedotto in giudizio) con quella del suo ‘ritrovamento’ (o ‘recupero’), dovendo ritenersi che la prova attestata da quella dichiarazione scritta fosse già esistente al momento del fatto illecito (in quanto oggetto di percezione da parte del testimone) e non potuta produrre per fatto non imputabile agli odierni ricorrenti, nella specie del tutto ignari della presenza di tale testimone sul teatro dell’illecito per essere venuti a conoscenza di tale presenza (e dalla dichiarazione resa da tale testimone) solo successivamente alla pubblicazione della sentenza d’appello impugnata per revocazione;

ciò posto, dovendo intendersi la nozione di ‘documento preesistente’ menzionata nell’art. 395 n. 3 c.p.c. come comprensiva dei dati informativi percepiti dal testimone al momento del fatto illecito del quale lo stesso era stato spettatore, indipendentemente dalla relativa formalizzazione materiale in epoca successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata per revocazione, la sentenza impugnata in questa sede doveva ritenersi emessa in palese violazione delle norme di legge richiamate in ricorso;

il motivo è infondato;

osserva il Collegio come, secondo l’insegnamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte, l’ipotesi di revocazione di cui al n. 3 dell’art. 395 c.p.c. presuppone che un documento preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto produrre a suo tempo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione, sicché essa non può essere utilmente invocata con riferimento a un documento formato dopo la decisione (v. Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 20587 del 13/10/2015, Rv. 637376 – 01; cfr. altresì, ex plurimis, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3591 del 10/02/2017, Rv. 643102 – 01, secondo cui l’ipotesi di revocazione di cui al n. 3) dell’art. 395 c.p.c. presuppone che un documento decisivo preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto a suo tempo produrre per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione, sicché non può essere utilmente invocata facendo riferimento ad un documento ‘rivelatosi’ decisivo dopo la decisione);

tale orientamento (che il Collegio condivide integralmente e fa proprio al fine di assicurarne continuità) dev’essere confermato in questa sede, dovendo ribadirsi come la necessità di intendere in termini strettamente letterali la nozione di ‘documento preesistente’ (cui fa riferimento l’art. 395 n. 3 c.p.c.) risalga a ragioni di elementare certezza processuale, avendo il legislatore inteso riservare la possibilità di un’impugnazione straordinaria come quella in esame alla sola parte che, senza alcuna colpa propria, non abbia potuto produrre in giudizio una ‘prova già esistente’, evidentemente intendendola come precostituita alla decisione assunta come viziata, con la conseguenza che la parte che sia venuta in possesso di una prova formata successivamente al giudizio non potrà evitare gli effetti di un giudicato precedentemente consolidatosi;

diversamente da quanto suggestivamente argomentato dagli odierni ricorrenti, il dato informativo che rimane semplicemente impresso nella memoria dello spettatore di un fatto, senza estrinsecarsi in alcuna forma esteriormente percepibile, non potrà mai intendersi, né alla stregua di un ‘documento’, né più in generale, alla stregua di una ‘prova’ (da ritenersi, in ipotesi, preesistente alla formazione del giudicato sui fatti che tale memoria soggettiva dovrebbe attestare), dovendo viceversa valorizzarsi, al fine di aggredire la stabilità del giudicato, il più elevato grado di certezza processuale di regola attribuita alle rappresentazioni assicurate da una prova documentale ‘materialmente’ già formata e quindi tecnicamente precostituita rispetto alla decisione che si pretende invalidamente assunta, rispetto a un mero ‘interno psichico’ la cui obiettiva entità e il cui effettivo valore rappresentativo risultano (si ripete, in assenza di alcuna precedente ed obiettiva estrinsecazione in forme esteriormente percepibili) di impossibile apprezzamento;

del tutto correttamente, pertanto, il giudice a quo ha escluso la fondatezza della revocazione proposta dagli odierni ricorrenti, negando ingresso alla valutazione di una dichiarazione testimoniale materialmente venuta in essere solo successivamente alla formazione del giudicato impugnato in questa sede;

le considerazioni che precedono, in ordine all’obiettiva rilevanza costituzionale dell’interesse alla certezza e alla stabilità delle decisioni processuali (univocamente conferita dalla ‘normale’ intangibilità del giudicato), come pure alla relativa revocabilità unicamente a fronte del successivo rinvenimento di prove preesistenti dotate della ragionevole attendibilità di un documento (come traccia materiale e percepibile dotata di valenza rappresentativa), valgono a giustificare la manifesta infondatezza delle eccezioni di legittimità costituzionale sollevate dalla parte ricorrente nella memoria da ultimo depositata: essendo evidente la prevalenza di essenziali esigenze di certezza del diritto a presidio del giudicato sul diritto di difesa della parte, legittimamente riconosciuto soltanto in relazione agli strumenti di prova già esistenti, incolpevolmente ignorati, di cui quindi è mancata la sottoposizione al giudicante al momento di assumere la decisione che si pretende viziata;

sulla base di tali premesse, rilevata l’infondatezza della censura esaminata, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;

le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;

p. q. m.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versa- mento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contri- buto unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione del 12 settembre 2023.

Il Presidente

Dott. Franco De Stefano

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.