Sorprende la vittima, filmandola, a tagliare degli alberi e, per evitare di denunciarlo ai forestali, chiede 200 euro. E’ estorsione (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 18 ottobre 2017, n. 47934).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMU Giacomo – Presidente –

Dott. GALLO Domenico – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere –

Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Stefano, nato a Roma il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 14/11/2013 della Corte di appello di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione della causa svolta dal consigliere Dott. Giuseppe Sgadari;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Marilia Di Nardo, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

CONSIDERATO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Ancona confermava la sentenza del Tribunale di Pesaro del 6 luglio del 2010 che aveva condannato l’imputato alla pena di giustizia in relazione ad un unico reato di estorsione, quello di cui al capo A), in esso assorbita la condotta di cui al capo B).

2. La Corte riteneva provato che l’imputato, il 9 aprile del 2009, dopo aver scorto la persona offesa intenta a tagliare un albero sulle sponde di un fiume ed aver filmato la scena con una telecamera che aveva indosso, minacciava la vittima di denunciarla al Corpo Forestale, trattandosi di attività vietata e percependo la somma di duecento euro per “sistemare” la questione, fingendo di essere un dipendente della Provincia.

Successivamente, l’imputato aveva ricontattato la persona offesa per ottenere altro denaro, sempre dietro minaccia di denunciare quel fatto ed era stato infine arrestato nell’occasione in cui la vittima gli aveva consegnato altri duecento euro in base a preventivo accordo con i carabinieri ai quali aveva riferito la vicenda estorsiva.

3. Ricorre per cassazione Stefano (OMISSIS), a mezzo del suo difensore e con unico atto, deducendo:

1) violazione di legge e vizio di motivazione sotto il profilo della illogicità, per avere la Corte ritenuto sussistente la minaccia nei confronti della persona offesa da parte del ricorrente, idonea a coartarne la volontà.

Lamenta il ricorrente come non sarebbe stata tenuta in conto dalla Corte di Appello la versione difensiva fornita dal medesimo imputato con le sue dichiarazioni, secondo cui la somma di danaro di duecento euro gli sarebbe stata elargita spontaneamente dalla vittima nella prima occasione, al fine di ringraziarlo per il fatto di essersi impegnato a non denunciare l’evento del taglio del bosco ed a non consegnare il video che ritraeva tale azione alle autorità competenti.

Le altre successive interlocuzioni tra le parti sarebbero state mirate ad effettuare un nuovo sopralluogo al fine di predisporre un secondo video che sostituiva il precedente, nel quale non si sarebbe più evidenziata la condotta illecita del (OMISSIS), tenuto conto che il primo video poteva essere richiesto all’imputato dal teste (OMISSIS), che era stato messo al corrente della vicenda.

Se così non fosse, non si spiegherebbe come mai il ricorrente avesse riferito a due finanzieri di doversi recare dal (OMISSIS), senza nulla temere per questa confidenza o avesse ammesso di aver ricevuto il denaro pur in assenza di testimoni che avrebbero potuto confermare il racconto della persona offesa;

2) vizio della motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, nonostante la stessa Corte di Appello avesse messo in luce le incongruenze del suo resoconto dei fatti, in ordine all’effettivo taglio di piante da parte sua, prima negato in denuncia e poi affermato in dibattimento;

3) vizio della motivazione per non avere tenuto in conto le conferme alla tesi difensiva provenute dal teste (OMISSIS) Maurizio;

4) vizio della motivazione in ordine alla mancata assunzione di una prova decisiva, costituita dal filmato eseguito dal ricorrente che ritraeva il (OMISSIS) nell’atto di tagliare un albero;

5) violazione di legge, segnatamente dell’art. 521 cod. proc. pen., e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione del fatto come estorsione anziché come truffa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. Deve premettersi che il ricorrente è stato condannato con giudizio conforme in entrambi i gradi di merito.

Trattandosi di cosiddetta doppia conforme in punto di responsabilità dell’imputato, è pacifico, nella giurisprudenza della Corte di cassazione, che le motivazioni della sentenza d’appello e di quella di primo grado si integrino reciprocamente formando un’unica entità (da ultimo, Sez.3, n.44418 del 16/07/2013, Argentieri; Sez.3, n. 13926 del 01/12/2011, Valerio).

La doppia conformità della decisione di condanna dell’imputato, ha decisivo rilievo con riguardo ai limiti della deducibilità in cassazione del vizio di travisamento della prova lamentato dal ricorrente.

E’ pacifico, infatti, nella giurisprudenza di legittimità, che tale vizio può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta doppia conforme, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (cosa non verificatasi nella specie), sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, Capuzzi; Sez.4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine).

2. Fatte queste premesse, deve rilevarsi che la Corte ha adottato una motivazione priva dei segnalati macroscopici vizi logico-giuridici deducibili in questa sede; avendo affrontato e risolto tutti le questioni riproposte in ricorso, che si rivelano di puro merito.

In primo luogo, quella relativa alla attendibilità della persona offesa, che aveva superato le iniziali incertezze sullo svolgimento da parte sua, come ammesso al dibattimento con chiarezza, di una attività vietata costituita dal taglio di un albero vegeto in quelle circostanze di tempo e di luogo nelle quali era stata sorpresa e filmata dall’imputato che poi l’aveva minacciata al fine di ottenere una somma per non denunciarla.

La Corte, in proposito, ha spiegato le ragioni per le quali non poteva accedersi alla diversa tesi difensiva della dazione spontanea del danaro da parte della persona offesa al ricorrente, evidenziando come questa ricostruzione fosse logicamente inverosimile anche in considerazione dei successivi comportamenti del ricorrente tenuti dopo il primo incontro, che erano culminati con una seconda dazione di 200 euro da parte della vittima, dopo alcune richieste minacciose avvenute per mezzo del telefono ed oggettivamente provate, a seguito della quale era intervenuto l’arresto del ricorrente.

Sotto questo profilo, la Corte ha sottolineato, con motivazione altrettanto ragionevole e priva di vizi logici, l’inverosimiglianza della tesi difensiva secondo la quale i successivi incontri sarebbero stati destinati a realizzare altro filmato diverso dal primo ed a favore della vittima, tenuto conto che il ricorrente avrebbe molto più comodamente potuto sostenere di avere cancellato il primo filmato nella supposta e solo ipotizzata ipotesi, piuttosto fantasiosa, che il teste (OMISSIS) avesse chiesto la consegna del primo filmato.

Inoltre, la Corte ha superato anche le perplessità difensive sul contatto del ricorrente con i finanzieri e con il teste (OMISSIS), sostenendo che erano stati mezzi artatamente messi in opera dall’imputato – soggetto con precedenti specifici e gravi – per precostituirsi una scusa e, dunque, non attribuendo alcun rilievo decisivo alla testimonianza del (OMISSIS); a fronte della ingenuità della vittima a motivo delle sue condizioni, dell’età e della dimostrata assenza di interesse verso l’esito del giudizio tratto dalla mancata costituzione quale parte civile.

Le ammissioni della parte offesa circa il compimento da parte sua di una attività vietata e consistente nel taglio dell’albero, la Corte ha posto, ancora, a ragionevole supporto del rigetto della richiesta di acquisizione del filmato eseguito dal ricorrente, che tale attività documentava.

Infine, la supposta violazione di legge in ordine alla diversa qualificazione giuridica del reato, è censura inammissibile per non avere formato oggetto dei motivi di appello o dedotta in quel giudizio, ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., trattandosi di questione volta a configurare una nullità a regime intermedio, che andava eccepita al giudice di secondo grado e non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (Sez. 4, n. 19043 del 29/03/2017, Privitera, Rv. 269886; Sez. 6, n. 31436 del 12/07/2012, Di Stefano, Rv. 253217).

3. Il ricorso, con assorbimento di ogni altra argomentazione, deve, quindi, essere dichiarato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1500 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro millecinquecento alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, udienza pubblica del 28.09.2017.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2017.

SENTENZA – copia non ufficiale -.