Spedizione a mezzo raccomandata dell’assegno: sussiste il concorso di colpa del mittente (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 7 ottobre 2024, n. 26209).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARCO MARULLI -Presidente

Dott.ssa GIULIA IOFRIDA -Consigliere

Dott.ssa RITA RUSSO -Consigliere

Dott.ssa ALESSANDRA DEL MORO -Consigliere – Rel.

Dott. PAOLO FRAULINI -Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2891/2023 R.G. proposto da:

(OMISSIS) ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliata in TORINO (OMISSIS) (OMISSIS) N. 57 DOM DIG, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) che la rappresenta e difende

-ricorrente-

contro

POSTE ITALIANE SPA, elettivamente domiciliata in ROMA V.LE (OMISSIS) 190, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS)

-controricorrente-

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2233/2022 depositata il 24/06/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere dott.ssa ALESSANDRA DAL MORO.

FATTI DI CAUSA

1.- (OMISSIS) Assicurazioni s.p.a. ha convenuto avanti al Tribunale di Milano Poste Italiane s.p.a. per chiederne la condanna al risarcimento del danno pari a 7.853,08 euro derivante dall’illegittima negoziazione di due assegni di traenza non trasferibili tratti sul proprio conto aperto presso (OMISSIS) (OMISSIS) di Brescia s.p.a., emessi a favore di (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS), spediti il primo a mezzo di posta raccomandata il secondo a mezzo posta ordinaria, ed incassati da soggetti non legittimati ma apparentemente corrispondenti ai prenditori indicati sul titolo.

2.- La sentenza con la quale il Tribunale ha accolto la domanda e condannato la convenuta al pagamento della somma predetta ed escluso il concorso di colpa del danneggiato per la spedizione dell’assegno tramite posta, è stata impugnata da Poste Italiane e parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Milano con riguardo all’accertamento del concorso di colpa di (OMISSIS) Assicurazioni nella determinazione del danno per la condotta relativa alla spedizione a mezzo posta dei titoli.

3.- Avverso detta sentenza ha presentato ricorso (OMISSIS) Assicurazioni, affidandolo a tre motivi di cassazione. Ha resistito, con controricorso, Poste Italiane.

(OMISSIS) ha depositato memoria ex art. 380-bis1c.p.c. con cui ha ribadito le proprie difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ricorrente (OMISSIS) Assicurazioni SpA con i tre motivi di cassazione intende censurare la sentenza della Corte d’Appello nella parte in cui ha ritenuto di stabilire il suo concorso di colpa per il danno lamentato in ragione della spedizione dei titoli per cui è causa.

1.1- Il primo motivo riguarda la violazione e falsa applicazione degli articoli 1227 c.c. comma 1, 43 L.A. nonché 1218 c.c., 115 c.p.c., 2727 e 1176 2° c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. nonché degli artt. 41/42 c.p. sul nesso di causalità tra inadempimento e danno.

Reputa la ricorrente che la Corte territoriale abbia errato nel fare applicazione dei principi stabiliti dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 9769/2022 poiché – per quel che si comprende dall’argomentazione del ricorrente – «occorreva dar prova delle premesse da cui muovono le Sezioni Unite, tra cui l’impossibilità (o la difficoltà) di distinguere la falsità del documento servito alla identificazione» poiché solo se non ci fosse colpa grave – ovvero laddove fosse stato impossibile/difficile percepire la non genuinità dei documenti di identificazione esibiti – si potrebbe ritenere non reciso il nesso causale tra la condotta del danneggiato che ha spedito l’assegno e il danno derivatone, e quindi valutare l’incidenza – in termini di interferenza causale – tra la spedizione e l’illecito incasso; mentre in caso di colpa grave detto nesso risulterebbe reciso essendo la condotta successiva, quella della banca negoziatrice, tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti.

In altre parole la ricorrente sembra voler richiamare – benché la sua argomentazione sia sul punto oltremodo criptica – il principio della causalità efficiente di cui al secondo comma dell’art.41 c.p. in base al quale l’evento dannoso può essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto.

Ma sarebbe onere del debitore inadempiente fornire detta prova, non potendola dare il creditore, mentre – a suo dire – il ragionamento della Corte d’Appello «costringe – di fatto – il creditore danneggiato a fornire una prova (la facile apprensione delle falsità dei documenti serviti alle identificazioni) – quindi la sussistenza di una colpa grave – che nessuno, tanto meno il detto creditore danneggiato – può, o avrebbe potuto, fornire».

1.1- Il motivo è inammissibile poiché è del tutto inconferente rispetto alla ratio decidendi della Corte d’appello, che non disquisisce della sussistenza o meno di una colpa grave dell’istituto negoziatore agli effetti del ragionamento decisorio onde concludere per la sussistenza del concorso di colpa della emittente; né la ricorrente censura la decisione per omessa pronuncia su una specifica eccezione volta a far valere l’avvenuta l’interruzione, nella specie, del nesso causale, non indicando infatti – in conformità al principio di autosufficienza del ricorso – in quali atti e con quali argomenti detta questione fosse stata proposta nel giudizio.

Sicché, attraverso la deduzione di un vizio di legge – declinato peraltro in modo confuso con riguardo ad una pluralità di norme che attengono a diversi istituti sostanziali e processuali senza idonea spiegazione del motivo per cui ciascuna di esse sarebbe stata violata dalla decisione – la ricorrente finisce per pretendere sul punto una rinnovazione dello scrutinio di merito.

2.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. poiché, per quanto concerne l’assegno intestato ad (OMISSIS) e la sua avvenuta spedizione per posta raccomandata, la Corte milanese ha, comunque, ritenuto sussistente il concorso di colpa della ricorrente in ragione della mancata allegazione e prova di quei controlli sul percorso del plico che tale tipologia di servizio offre quale possibilità tecnica di tracciare la corrispondenza e di verificare tempestivamente l’avvenuta consegna o meno della raccomandata all’effettivo beneficiario.

Reputa la ricorrente che tale passaggio argomentativo determini la nullità della sentenza, non solo perché essa sarebbe «in rotta di collisione» con i principi affermati da S.U. 9769/2022 non confermando «un criterio di indagine circa l’asserita ‘maggior sicurezza’ della spedizione raccomandata rispetto a quella ordinaria», ma anche perché stabilirebbe «una diretta efficienza causale che non si ricollega alla scelta del mezzo di spedizione, e dunque alla (supposta) deliberata assunzione di rischio; ma bensì ad una specifica omissione successiva, di cui non c’è prova, che non è di per sé sanzionabile, e che non è stata neppure allegata da controparte nel corso del processo, tanto meno in appello, concernente le verifiche nel percorso postale».

In ordine a dette affermazioni contesta, quindi, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato poiché la Corte avrebbe affermato il concorso di colpa non sulla base dell’assunzione di un rischio, ma di una condotta diversa, omissiva, di cui non v’è deduzione né domanda in causa.

Nella specie la ricorrente invoca una violazione di legge sotto il profilo dell’error in procedendo tale da produrre la nullità della sentenza deducendo che la Corte territoriale sarebbe incorsa in un vizio di ultrapetizione.

2.1- Il motivo è inammissibile perché in tende mettere in discussione in questa sede di legittimità il convincimento motivatamente raggiunto dal giudice di merito circa la sussistenza in concreto del concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione del danno, nonché la determinazione del grado di efficienza causale di ciascuna condotta colposa.

2.2- Come noto il vizio invocato ricorre solo se il giudice contravviene al divieto di sostituire la domanda proposta dalle parti con una diversa, perché fondata su una diversa causa petendi, ovvero di alterare il petitum, e cioè di attribuire un bene diverso da quello domandato, essendo preclusa l’introduzione nel tema controverso di nuovi elementi di fatto; come affermato da questa Corte «relativamente al giudizio di appello, sussiste, in particolare, il vizio di ultrapetizione qualora il giudice di secondo grado esamini una questione che neppure possa ritenersi tacitamente proposta, perché non in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate, se di queste non costituisce neppure l’antecedente logico-giuridico (Cass. 15/07/2004, n. 13104)».

Ciò precisato si osserva che nel caso di specie la Corte d’Appello non è incorsa in alcun vizio di ultrapetizione, poiché essa si è pronunciata sui fatti posti a fondamento della domanda riconvenzionale di Poste Italiane, volta all’accertamento della sussistenza del concorso di colpa di (OMISSIS) assicurazioni per aver spedito – in particolare – uno degli assegni con posta raccomandata.

Nello scrutinare la questione non ha valutato una condotta diversa da quella dedotta, bensì esattamente quella invocata dall’appellante che ha ritenuta costituire una imprudente ed incauta scelta di spedizione del titolo non trasferibile, costituente perciò un antecedente causale idoneo agli effetti dell’invocato concorso di (OMISSIS) alla produzione dell’evento di danno costituito dall’avvenuto pagamento dell’assegno al soggetto non legittimato.

A detta conclusione la Corte di merito è giunta considerando che il fatto che (OMISSIS) – mutando una linea difensiva che sino a quel momento si fondava sull’irrilevanza di un’indagine sull’effettivo grado di pericolosità cui è esposto un plico spedito, indipendentemente dalle modalità non offrendo la spedizione a mezzo raccomandata a/r o assicurata diverse o maggiori garanzie rispetto alla spedizione per posta ordinaria (v. sent. pag. 9) – si limitasse ad invocare, per quell’assegno, la spedizione postale prescelta (la raccomandata) «in sé», non fosse sufficiente ad escludere la sussistenza di un nesso causale e di un concorso di colpa del danneggiato secondo i criteri interpretativi ed applicativi individuati dalle SS.UU., non avendo la stessa né dedotto né dimostrato – onde escludere la sussistenza del proprio concorso di colpa – di avere operato quei controlli sul percorso del plico che tale tipologia di servizio offre (ovvero la possibilità tecnica di tracciare la corrispondenza e quindi controllarne l’avvenuta consegna) e di essersi, così, messa al riparo – anziché esposta – al rischio del trafugamento, della circolazione impropria del titolo e del suo indebito incasso.

La Corte d’Appello non ha, quindi, esaminato fatti diversi, ma ha escluso che l’invocare in sé la modalità di spedizione per raccomandata – già dedotta da controparte a fini opposti – fosse significativo e rilevante agli effetti di escludere la sussistenza sul piano soggettivo di un concorso di colpa, compiendo, in effetti, quel giudizio in concreto «sul fatto» che compete al giudice di merito per affermare o escludere la sussistenza, nello specifico caso, del nesso di causalità tra la condotta di spedizione ed il danno.

Ed a tali conclusioni è giunta con argomenti che, vale la pena di precisare, non collidono affatto con i principii affermati dalle SS.UU nella sentenza n. 9769/2020, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente.

2.3- Invero le SS.UU. – richiamati tutti i principi che regolano la sussunzione di una fattispecie concreta nell’ipotesi normativa del concorso di colpa- hanno affermato, in sintesi:

– che in caso di sottrazione di un assegno non trasferibile non consegnato direttamente al prenditore, le modalità prescelte per la trasmissione del titolo possono spiegare un’efficienza causale ai fini della riscossione del relativo importo da parte di un soggetto non legittimato, poiché il pagamento al soggetto non legittimato – quand’anche frutto di una negligente negoziazione – non può aver luogo in mancanza della materiale disponibilità dell’assegno che costituisce il presupposto indispensabile della sua presentazione alla banca per l’incasso, sicché, «qualora la sottrazione sia stata cagionata o comunque agevolata dall’adozione di modalità di trasmissione inidonee a garantire, per quanto possibile, che l’assegno pervenga al destinatario, non può dubitarsi che la scelta delle predette modalità costituisca, al pari dell’errore nell’identificazione del presentatore, un antecedente necessario dell’evento dannoso, che rispetto ad esso non si presenta come una conseguenza affatto inverosimile o imprevedibile»;

– infatti siffatta condotta – ovvero « l’adozione di modalità di trasmissione inidonee a garantire, per quanto possibile, che l’assegno pervenga al destinatario» – si traduce – ha affermato la Corte – «nella consapevole assunzione di un rischio da parte del mittente che non può non costituire oggetto di valutazione ai fini dell’individuazione della causa dell’evento dannoso», poiché, come ritenuto da questa stessa Corte, «la riduzione della responsabilità del danneggiante è configurabile non solo in caso di cooperazione attiva del danneggiato nel fatto dannoso posto in essere dal danneggiante, ma in tutti i casi in cui il danneggiato si esponga volontariamente ad un rischio superiore alla norma, in violazione di norme giuridiche o di regole comportamentali di prudenza avvertite come vincolanti dalla coscienza sociale del suo tempo» e dunque «si ponga al di sopra della soglia della normalità, dal momento che in tal caso il comportamento tenuto dal danneggiato si inserisce nel processo eziologico che conduce all’evento dannoso, divenendo un segmento della catena causale (cfr. Cass., Sez. III, 6/12/2018, n. 31540; 26/05/ 2014, n. 11698; 23/05/2014, n. 15332)»;

– ciò in conformità al paradigma della responsabilità del danneggiato di cui al primo comma dell’art. 1227 c.c. che presuppone una suo comportamento «colposo» (dunque illecito) donde «l’affermazione della dottrina e della giurisprudenza secondo cui, nell’ambito della predetta disposizione, la colpa non costituisce un mero criterio d’imputazione soggettiva del fatto, ma la misura della rilevanza causale dello stesso, nel senso che, in mancanza di tale requisito, il comportamento del danneggiato non può considerarsi causa o concausa del danno»;

– perciò occorre, non solo verificare l’idoneità «oggettiva» della condotta del mittente ad innescare la sequenza causale che conduce al pagamento dello assegno in favore di un soggetto diverso da quello effettivamente legittimato, bensì anche quella «soggettiva», ovvero che la condotta in questione per le sue specifiche caratteristiche comporti l’esposizione del mittente al rischio della sottrazione o dello smarrimento, ponendosi in contrasto con norme giuridiche o con regole di condotta suggerite dalla comune prudenza;

– il che rende necessario « prendere in esame le prescelte modalità di prestazione del servizio postale in modo da verificare se, in relazione all’oggetto della spedizione ed alle garanzie di sicurezza previste per ciascuna modalità di trasmissione, possa ritenersi giustificata l’affermazione che la scelta effettuata dal mittente ne abbia comportato l’esposizione ad un margine di rischio superiore a quello ritenuto accettabile alla stregua delle regole di comune prudenza».

Alla luce di tali principii la SS.UU. – chiamate in quel caso a pronunciarsi sulla idoneità della modalità di spedizione per posta «ordinaria» – hanno concluso che l’esame delle disposizione che regolano la prestazione del servizio postale mettono in risalto «le particolari cautele apprestate dalla normativa per la spedizione, la trasmissione e la consegna della posta raccomandata ed assicurata, rispetto alle corrispondenti modalità previste per la posta ordinaria», le quali, invero, «consentono di seguire in tempo reale lo stato di lavorazione del plico ed il percorso dallo stesso compiuto dal momento della spedizione a quello della consegna, nonché la previsione che quest’ultima abbia luogo a mani del destinatario o di persona di famiglia o addetta al suo servizio, anziché mediante la semplice immissione nella cassetta»; e che perciò «se non possono considerarsi di per sé sufficienti ad impedire la sottrazione del plico, consentono però al mittente, in caso di ritardo prolungato nella consegna, di attivarsi tempestivamente per evitarne il pagamento o quanto meno per segnalare l’anomalia alla banca trattaria, affinché adotti le necessarie precauzioni»; mentre così non è per la posta ordinaria, la cui utilizzazione implica la perdita di ogni controllo della fase della trasmissione e della possibilità di verificarne l’esito, almeno fino a quando il destinatario del plico non ne segnali la mancata ricezione.

2.4- Ciò precisato, reputa il Collegio, che nella sentenza di legittimità in questione l’affermazione del principio di diritto conclusivo (per cui «la spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d’intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l’affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore»), che , come detto attiene alla modalità di spedizione per posta ordinaria, non implica che la scelta di spedizione del plico contenente un assegno di traenza non trasferibile con «raccomandata» escluda, di per sé, «l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda»; poiché, anzi, proprio in quanto le SS.UU., per affermare detto principio, hanno richiamato le specifiche caratteristiche di siffatto diverso servizio che consentono al mittente di seguire la spedizione, ed in caso in caso di ritardo prolungato nella consegna, di attivarsi tempestivamente per evitarne il pagamento o quanto meno per segnalare l’anomalia alla banca trattaria affinché adotti le necessarie precauzioni, individuano proprio nell’attivazione di dette possibilità, connesse allo specifico mezzo e che lo differenziano da quello di posta ordinaria, quella condotta diligente che consente di evitare l’esposizione ad un margine di rischio superiore a quello ritenuto accettabile alla stregua delle regole di comune prudenza e, quindi, di evitare l’imputazione soggettiva del concorso di colpa. In conclusione si deve affermare che, è corretto quanto affermato dalla Corte d’Appello di Milano, e cioè che il mero riferimento al mezzo di spedizione in questione (la raccomandata) non vale di per sé a escludere la configurabilità di un concorso di colpa del mittente danneggiato, poiché – in linea con quanto affermato dalle SS.UU. 9769/2020 è – proprio e solo l’ attivazione dei controlli che il mezzo consente di effettuare che permette di affermare che la condotta del mittente, anziché superficiale ed incauta, è stata diligente ed in linea «con il dovere di agire in modo da preservare gl’interessi di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, ove ciò non comporti un apprezzabile sacrificio a proprio carico, e ciò in ossequio al principio solidaristico di cui all’art. 2 Cost., che a livello di legislazione ordinaria trova espressione proprio nella regola di cui all’art. 1227 cod. civ., operante sia in materia extracontrattuale, in virtù nell’espresso richiamo di tale disposizione da parte dell’art. 2056 cod. civ., sia in materia contrattuale, come riflesso dell’obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, previsto dall’art. 1175 cod. civ. in riferimento sia alla formazione che all’interpretazione e all’esecuzione del contratto (cfr. Cass., Sez. Un., 21/11/2011, n. 24406; Cass., Sez. III, 26/05/2014, n. 11698; 5/03/2009, n. 5348)» (Cass. SS.UU. giò cit.).

3. – Con il terzo motivo la ricorrente censura la decisione della Corte territoriale di compensare le spese per entrambi i gradi di giudizio per «il carattere controverso delle questioni trattate ed i recenti mutamenti giurisprudenziali, unitamente all’esito del giudizio» (così la sentenza gravata); poiché, sostiene la ricorrente, a fronte della fondatezza delle proprie domande «ed alle inconsistenti motivazioni rese dalla Corte ricorsa, a riguardo della stabilita concorsualità, le spese di lite tutte dovranno comunque far carico a Controparte, nel rispetto dell’art. 91 cpc altrimenti violato».

3.1 Il motivo è inammissibile, non solo perché la ricorrente non indica neppure quale vizio di legittimità il passaggio motivazionale censurato integri, riemettendo alla Corte la sua individuazione quale preliminare antecedente logico all’esame della censura; ma soprattutto perché invoca una diversa pronuncia sulle spese in ragione di una soccombenza della controparte nel presente giudizio di legittimità che nulla a che vedere con le ragioni della compensazione decisa in appello e che – comunque – nella prospettiva della auspicata cassazione in punto concorrenza della efficienza causale della condotta di (OMISSIS), non spetterebbe, certo, a questa Corte bensì al giudice dell’eventuale disposto giudizio di rinvio.

4.- Pertanto Il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente (OMISSIS) Assicurazioni s.p.a. al pagamento delle spese in favore di Poste Italiane s.p.a liquidate nell’importo di euro 2.200,00 cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10.9.2024.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.