Strisce blu: legittima la deroga ai posti liberi se la zona interessata è nel centro storico e patrimonio Unesco (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 2 agosto 2024, n. 21824).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Rosa Maria DI VIRGILIO – Presidente –

Dott. Patrizia PAPA – Rel. Consigliere –

Dott. Linalisa CAVALLINO – Consigliere –

Dott. Giuseppe GRASSO – Consigliere –

Dott. Danilo CHIECA – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20743-2021 proposto da:

COMUNE DI CATANIA, in persona del sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. (omissis) (omissis) (omissis), giusta procura allegata al ricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;

-ricorrente-

contro

(omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avv. (omissis) (omissis), giusta procura a margine del controricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 2301/2021 del TRIBUNALE di CATANIA, pubblicata il 19/5/2021 e notificata il 31/5/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/1/2024 dal consigliere dott.ssa PATRIZIA PAPA.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2301/2021, il Tribunale di Catania, in riforma della sentenza del Giudice di pace di Catania n. (omissis), annullò il verbale di accertamento n. (omissis) del 17/12/2013, elevato nei confronti di (omissis) (omissis) per la violazione dell’art. 7 del Codice della strada, per aver sostato all’interno di un parcheggio contrassegnato dalle strisce blu senza esporre il dovuto tagliando di avvenuto pagamento.

Il Tribunale ritenne fondata l’opposizione per non avere il Comune provato di aver ottemperato all’obbligo prescritto dal comma 8 dell’art. 7: questa norma, dopo aver previsto alla lett. f del primo comma che nei centri abitati i comuni possono, con ordinanza del sindaco, stabilire, previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe in conformità alle direttive del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le aree urbane, prevede, quindi, al successivo comma ottavo, che il Comune, qualora assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lettera f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta.

2. Avverso questa sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi, a cui (omissis) (omissis) ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il Comune di Catania ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 8 del Codice della strada per non avere il Tribunale considerato che la via in cui è stata commessa la violazione è compresa nella zona omogenea definita «A» dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, cioè in una zona sottratta all’obbligo di «riserva» previsto nella prima parte della norma.

1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il Comune ricorrente ha invece lamentato la violazione dell’art. 2697 cod. civ., per non avere il Tribunale rilevato il mancato assolvimento, da parte del ricorrente, dell’onere della prova della irragionevolezza della scelta discrezionale della delimitazione della zona «A».

2. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per continuità di argomentazione, in quanto involgenti i limiti del sindacato del Giudice sulle scelte di gestione del territorio del centro urbano da parte dell’ente territoriale, sono fondati.

Per principio consolidato, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, l’Amministrazione, sebbene formalmente convenuta in giudizio, assume sostanzialmente la veste di attrice: le spetta, quindi, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., fornire la prova dell’esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata, mentre compete all’opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi o estintivi.

In particolare, in riferimento alla fattispecie qui esaminata, risulta incontestata la condotta addebitata, ma, come già statuito da questa Corte, trattandosi di infrazione del codice della strada per sosta in violazione dell’art. 157, comma 6, era onere dell’Autorità amministrativa dare la prova dell’adozione dei necessari provvedimenti amministrativi individuanti, nella zona interessata, di un’adeguata area destinata a parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata, ovvero, in mancanza, dimostrare l’esistenza della delibera che rendeva inoperante l’obbligo stabilito dall’art. 7, comma 8, dello stesso codice (Cass. Sez. 6 – 2, n. 15678 del 23/07/2020; Sez. 6 – 2, n. 18575 del 03/09/2014).

Nel caso di specie, l’opponente (omissis), sia in primo grado che con i motivi di appello, aveva allegato di non aver trovato spazi liberi per il parcheggio nelle vicinanze del luogo in cui era avvenuta l’asserita violazione, sostenendo quindi la violazione, da parte del Comune opposto, proprio dell’obbligo prescritto dal comma 8 dell’art. 7, di riservare, nelle immediate vicinanze di stalli a pagamento, una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta.

Il Comune, sin dal primo grado, ha prodotto la delibera di Giunta comunale n. 2810/1995 con cui, all’interno del centro abitato già delimitato con precedente delibera, era stata individuata la zona sottratta all’obbligo di riserva perché «interessata da intenso traffico».

Il Tribunale ha ritenuto di dover disapplicare, per motivazione apparente, questa delibera, perché non vi sarebbero adeguatamente indicati i presupposti, previsti dalla seconda parte del comma 8 citato, della insussistenza di un obbligo di riserva, ma sarebbe unicamente ripetutala previsione dell’eccezione come descritta nella norma.

Così decidendo, tuttavia, il Tribunale non ha correttamente esercitato il potere di disapplicazione degli atti amministrativi.

L’art. 7 del codice della strada prevede, infatti, al comma 8, che il Comune che «assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lettera f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze» non abbia l’obbligo di «riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta» nelle «zone definite a norma dell’art. 3 “area pedonale” e “zona a traffico limitato”, nonché per quelle definite “A” dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444».

Al successivo comma 9, quindi, prescrive in dettaglio che la delimitazione delle «altre zone di rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze particolari di traffico, di cui al secondo periodo del comma 8» avvenga con deliberazione della Giunta.

Così ricostruite le norme disciplinanti il caso di specie, risulta immediatamente evidente l’attribuzione del potere di individuazione di queste zone con «particolari esigenze» a un organo politico e non tecnico, la Giunta comunale, connotato in conseguenza da ampia discrezionalità amministrativa, confinante proprio con valutazioni politiche.

A ciò si aggiunga che, nella fattispecie, come rappresentato dal Comune, la zona per cui è giudizio trova la sua individuazione in altra specifica disposizione, l’art. 2 del dm 1944/1968, secondo cui sono comprese nella zona «A» «le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi».

Tutta la disciplina delle zone non soggette all’obbligo di riserva(le zone pedonali, le zone a traffico limitato, le zone A, le altre zone di rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze particolari di traffico) è , allora, caratterizzata dal coinvolgimento di interessi ambientali, culturali e di sviluppo complessivo del territorio che sono gli stessi in gioco in tutta la gestione del centro urbano da parte dell’ente territoriale, dal momento della pianificazione urbanistica fino al dettaglio della regolamentazione della viabilità e della circolazione (come definita, quest’ultima, dal n. 9 del comma 1 dell’art. 3 del codice della strada) e, perciò, ancor più specificamente, fino alla individuazione delle zone di sosta e del numero degli stalli.

Ciò posto, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, l’individuazione delle zone di cui al comma 8 non costituisce affatto esercizio di un potere di carattere eccezionale che richieda particolari motivazioni o particolari attività istruttorie, in quanto riconducibile proprio all’ordinario potere di gestione del centro urbano.

La delibera n. 2810/1995, disapplicata dal Tribunale, nel «provvedere a opportunamente individuare e delimitare le zone, all’interno del centro abitato, nelle quali sussistono esigenze e condizioni particolari di traffico», ai sensi del suddetto comma 8, ha richiamato la precedente delibera 1055 del 1993 con cui era stato perimetrato il centro abitato, ai sensi dell’art. 4 del cod. strada e, all’interno di questo perimetro, ha operato l’individuazione mediante cartografia, secondo l’indicazione del XV Settore Gestione del territorio.

Come puntualizzato dal Comune, la via Sisto, dove è accaduta la violazione, rientra nel perimetro individuato nella cartografia in quanto si trova nella zona definita «A» dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 perché si trova in zona circostante il cuore del centro storico, in quanto è parallela alla via Umberto e conduce alla via Etnea che, dal 2002, è sito del patrimonio Unesco.

Nella fattispecie, dunque, la delibera contiene una motivazione sufficiente, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale e, come tale, non è affetta da alcun vizio di legittimità e non poteva essere disapplicata.

Per principio consolidato, invero, il provvedimento emanato a seguito di una pluralità di valutazioni non soltanto strettamente tecniche, ma anche ampiamente discrezionali e attinenti , perciò, al merito dell’attività amministrativa, non è suscettibile di sindacato da parte dell’autorità giudiziaria, ordinaria od amministrativa, ai fini della disapplicazione per l’una o dell’annullamento per l’altra, se non per i soli vizi di legittimità, nella specie, come detto, insussistenti (cfr., in materia di individuazione delle strade – o di singoli tratti di esse – diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, nelle quali non è possibile il fermo di un veicolo, Sez. 2, n. 4242 del 22/02/2010, Sez. 2, n. 27401 del 20/09/2022).

3. Il ricorso è, perciò, accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata perché il Tribunale non ha deciso in conformità con i principi suesposti.

Non risultando necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto dell’opposizione di (omissis) (omissis) avverso il verbale di accertamento n. 8762502 del 17/12/2013 e, in conseguenza, con una nuova regolamentazione delle spese del primo e del secondo grado, secondo la liquidazione operata in dispositivo, da porsi interamente a carico dell’opponente (omissis) e in favore del Comune.

Le spese di questo grado di legittimità sono pure poste a carico di (omissis) (omissis) in favore del Comune, per soccombenza, secondo la liquidazione operata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione di (omissis) (omissis) avverso il verbale di accertamento n. (omissis) del 17/12/2013;

liquida le spese del giudizio di primo grado in Euro 180,00, e di secondo grado in Euro 354,00, oltre rimborso forfettario, accessori e spese come già riconosciuti nella sentenza impugnata, ponendole interamente a carico di (omissis) (omissis) e in favore del Comune di Catania;

condanna (omissis) (omissis) al pagamento, in favore del Comune di Catania, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della seconda sezione civile in data 31.1.2024.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.