Stupefacenti: la detenzione di 35 grammi non può giustificare l’arresto (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 11 marzo 2020, n. 9733).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Rel. Consigliere

Dott. Gianni Filippo Reynaud – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto dal

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi, nel procedimento a carico di:

Ligorio Angelo, nato a xxxxxxxxx il xx/xx/xxxx;

avverso l’ordinanza del 12-04-2019 del G.I.P. presso il Tribunale di Brindisi;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Fabio Zunica;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Giuseppina Casella, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Brindisi ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 12 aprile 2019, con cui il G.I.P. presso il Tribunale di Brindisi non ha convalidato l’arresto di Angelo Ligorio, operato il 10 aprile 2019 dai Carabinieri di Ceglie Messapica, in relazione al reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, contestato all’indagato per aver detenuto a fini di spaccio sostanze stupefacenti, ovvero 25 grammi di marijuana e 10 grammi di hashish, suddiviso in un pezzo da 9 grammi e due da 0,5 grammi.

Con l’unico motivo di ricorso, il Sostituto Procuratore di Brindisi deduce l’erronea applicazione degli art. 391 comma 4 e 381 comma 4 cod. proc. pen., evidenziando, a differenza di quanto ritenuto dal G.I.P., l’arresto doveva essere ritenuto legittimo, avendo la Polizia giudiziaria ragionevolmente considerato la pluralità delle sostanze detenute da Ligorio e il possesso da parte di questi degli strumenti normalmente utilizzati per il confezionamento dello stupefacente, da ciò desumendosi che l’arrestato fosse un detentore non episodico di droghe, come del resto era stato rivelato da una fonte confidenziale di prova attendibilità.

Né infine, secondo il Procuratore ricorrente, potevano definirsi pochi i 35 grammi di sostanze oggetto di sequestro, posto che dalle stesse potevano ricavarsi 10 dosi medie di hashish e 100 di marijuana, se avessero rispettivamente contenuto una percentuale in valore medio di principio attivo pari soltanto al 2,5 % e al 5 %.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Occorre innanzitutto premettere che il G.I.P. ha riqualificato la condotta per cui si procede nella fattispecie ex art. 73 comma 5 del d.P.R. n. 309 del 1990, valorizzando in tal senso, con argomentazioni non illogiche, il quantitativo modesto dello stupefacente nella disponibilità dell’indagato (35 grammi di droghe leggere), non potendosi sottacere che le considerazioni sull’entità delle dosi medie ricavabili sono state formulate nella stessa imputazione, oltre che nell’odierno ricorso, in termini ipotetici, senza alcun concreto riferimento a un accertamento tecnico.

Ciò posto, a seguito della riqualificazione giuridica del fatto, in sé non censurabile in questa sede, in quanto basata su rilievi di merito non illogici, l’arresto è stato coerentemente qualificato come facoltativo e non come obbligatorio, in forza della espressa previsione di cui all’art. 380 comma 2 lett. h) cod. proc. pen.

Pertanto, il G.I.P. ha verificato la configurabilità dei requisiti della gravità del fatto e della pericolosità dell’arrestato, escludendoli entrambi in ragione della condizione di Ligorio di soggetto incensurato dedito a una onesta attività lavorativa, avendo egli peraltro spontaneamente consegnato la non eccessiva droga in suo possesso.

2. Orbene, l’impostazione del giudice della cautela non presta il fianco alle censure sollevate nel ricorso, dovendosi al riguardo richiamare la condivisa affermazione della giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 1814 del 26/10/2015, dep. 2016, Rv. 265885), secondo cui, in tema di arresto facoltativo in flagranza, il giudice della convalida deve operare un controllo di mera ragionevolezza, ponendosi nella stessa situazione di chi ha operato l’arresto, per verificare, sulla base degli elementi al momento conosciuti, se la valutazione di procedere all’arresto rimanga nei limiti della discrezionalità della polizia giudiziaria e trovi quindi ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità del soggetto, senza estendere il predetto controllo alla verifica dei presupposti per l’affermazione di responsabilità.

3. In applicazione di tale premessa interpretativa, deve ritenersi che l’apparato argomentativo con cui è stata esclusa la sussistenza della gravità del fatto e della pericolosità dell’indagato non presenti vizi di legittimità, avendo il G.I.P. operato una disamina non irrazionale delle risultanze investigative delineate nel verbale di arresto, esaurendosi le doglianze articolate nel ricorso in una differente valutazione sull’esistenza dei requisiti di legittimità dell’arresto, che sottende considerazioni di merito non suscettibili di trovare ingresso in questa sede.

4. Di qui l’infondatezza del ricorso proposto dal Pubblico Ministero.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso il 15/11/2019.

Depositato in Cancelleria l’11 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.