Sull’acquisto dell’immobile gravato da servitù da parte del proprietario del fondo dominante (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 19 ottobre 2021, n. 28853).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15101-2016 proposto da:

(OMISSIS) GIANCARLA, in proprio e quale erede di Eugenio (OMISSIS), (OMISSIS) ALFIO e (OMISSIS) (OMISSIS) E (OMISSIS) S.R.L., rappresentati e difesi dall’Avvocato CARMELO (OMISSIS) e dall’Avvocato FABIO PAOLO (OMISSIS) per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ARTI (OMISSIS) (OMISSIS) S.R.L., rappresentata e difesa dall’Avvocato MADDALENA (OMISSIS) e dall’Avvocato PAOLO (OMISSIS) per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4743/2015 della CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata il 11/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4/5/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;

lette le conclusioni depositate in data 14/4/2021 dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. ALESSANDRO PEPE.

FATTI DI CAUSA

La Arti (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Monza, Eugenio (OMISSIS), Alfio (OMISSIS), Mirella (OMISSIS) e la (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l. chiedendo che fosse accertata e dichiarata l’esclusiva proprietà, in capo alla stessa, del terreno sito nel Comune di Lazzate, censito al P. 10, ex mappale 127, e che, per l’effetto, i convenuti fossero condannati alla restituzione alla società attrice del suddetto terreno, oltre al risarcimento dei danni subiti.

I convenuti, a loro volta, hanno contestato la fondatezza delle domande proposta dall’attrice, chiedendone il rigetto, ed hanno domandato, in via riconvenzionale, che fosse accertato e dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione, decennale o ventennale, della striscia di terreno in questione ovvero, in via subordinata, che fosse accertata e dichiarata la sussistenza del diritto di servitù così come costituita con atto di compravendita del 29/3/1982 ovvero, in via ulteriormente subordinata, l’acquisto per usucapione del diritto di superficie o del diritto di proprietà superficiaria.

Il tribunale ha accolto, sia pure in parte, le domande proposte dalla società attrice e rigettato le domande proposte in via riconvenzionale dai convenuti, ed ha, quindi, accertato e dichiarato che la Arti (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l. aveva la piena ed esclusiva proprietà, libera da servitù, diritti di superfici, diritto di proprietà superficiaria o di altro diritto reale di terzi, del terreno in Lazzate, identificato al f. 10, ex mappale 127, condannando i convenuti alla immeditata restituzione, in favore della stessa, del predetto terreno, libero da persone e cose, oltre nonché a pagarle la somma complessiva di €. 15.000,00, a titolo di risarcimento dei danni conseguenti alla mancata disponibilità del bene per dieci anni avendo riguardo al canone locativo annuale dell’area che l’attrice avrebbe potuto percepite, così come determinato dal consulente tecnico d’ufficio “sia nel caso di piena proprietà sia nel caso che sia gravata di servitù”.

Eugenio (OMISSIS), Alfio (OMISSIS), in proprio e nella qualità di erede di Mirella (OMISSIS), nonché la (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l. hanno proposto appello avverso la predetta sentenza.

La Arti (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l. ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto.

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello ed ha, quindi, confermato la sentenza impugnata.

La corte, in particolare, per quanto ancora rileva, dopo aver escluso che gli appellanti avessero acquistato la proprietà della striscia di terreno per cui è causa, e cioè la p.11a 127, per usucapione ventennale ovvero per usucapione decennale, ha esaminato il motivo con il quale gli appellanti si erano doluti del fatto che il tribunale aveva ritenuto che gli stessi non fossero titolari della servitù costituita sulla p.11a 127, in favore delle p.11e 33-35 delle quali sono proprietari, con l’atto traslativo del 1982 (dai venditori Giancarla (OMISSIS) e Alfio (OMISSIS) ai compratori (OMISSIS) e (OMISSIS)), sul rilievo che, in realtà, tale atto, pienamente opponibile al Banco di Desio, che aveva trascritto il pignoramento sulla p.11a 127 nel 1990 (e quindi dopo il 1982), lo era, a cascata, anche alla società acquirente Arti (OMISSIS) (OMISSIS), e che tale servitù, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale, non si era estinta per la confusione tra i proprietari del fondo dominale (p.11e 33 e 35) e i proprietari del fondo servente (p.11a 127) che era conseguita all’atto del 1995: e ne ha ritenuto l’infondatezza.

La corte, sul punto, dopo aver premesso che la servitù in esame è stata trascritta anteriormente al pignoramento ed è, quindi, opponibile ai creditore procedente e all’aggiudicataria (rimanendo, peraltro, irrilevante che la stessa, una volta che l’atto costitutivo sia stato trascritto, non risulti menzionata nei successivi atti di alienazione del fondo asservito), ha ritenuto che l’atto del 1995, che aveva comportato la confusione tra i proprietari del fondo servente ed i proprietari del fondo dominante nelle persone degli acquirenti (OMISSIS)-(OMISSIS), aveva determinato, pur se inopponibile al creditore pignorante ed al successivo acquirente, l’estinzione di tale servitù, non trattandosi di un pregiudizio, come invece pretende l’art. 2919 c.c., ai danni di questi ultimi.

La corte, poi, ha valutato la censura con la quale gli appellanti avevano dedotto di aver acquistato per usucapione la servitù perpetua o il diritto di superficie di mantenere il muretto di cinta e quanto sopra costruitovi sul rilievo che l’utilità di tale servitù, negata apoditticamente dal tribunale, consisteva proprio nell’assicurare e meglio delimitare il passaggio e le manovre consentite con la servitù del 1982: e l’ha ritenuta infondata, non comprendendosi l’utilità di mantenere strutture come quelle in esame oramai del tutto svincolate dall’inesistente diritto di passaggio e manovra che gli appellanti avevano invocato.

La corte, infine, ha valutato il motivo con il quale gli appellanti avevano dedotto l’erroneo riconoscimento del danna da indebita occupazione, ritenendone l’infondatezza.

L’appellata, infatti, ha osservato la corte, ha precisato non soltanto di non aver mai potuto entrare nel materiale possesso dei beni acquistati ma ha anche specificato che, ove ciò le fosse stato consentito, li avrebbe utilmente adoperati, in quanto confinanti con i suoi immobili produttivi, a maggior vantaggio ed utilità di questi ultimi.

La corte, in definitiva, ha rigettato l’appello ed ha, quindi, confermato la sentenza impugnata.

Giancarla (OMISSIS), in proprio e nella qualità di Eugenio (OMISSIS), Alfio (OMISSIS), in proprio e nella qualità di erede di Mirella (OMISSIS), nonché la (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.I., con ricorso notificato il 13/6/2016, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente notificata il 21/4/2016.

La Arti (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.

Il Pubblico Ministero ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.

La controricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione degli artt. 2919, 2913 e 1072 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che la servitù di passaggio costituita in favore del fondo dei convenuti (p.11e 33-35) con atto del 23/3/1982, trascritto prima della trascrizione del pignoramento del fondo servente (mappale 127) in data 30/3/1990 e, come tale, opponibile al creditore procedente, si fosse estinta, ai sensi dell’art. 1072 c.c., per effetto della confusione conseguita all’acquisto del fondo servente da parte dei medesimi convenuti, già proprietari del fondo dominante, con atto di compravendita del 10/3/1995, senza, tuttavia, considerare che la confusione era l’effetto conseguente all’acquisto della proprietà del fondo servente da parte dei convenuti e che, pertanto, in quanto prodotta da un atto successivo al pignoramento, era inopponibile, al pari dell’acquisto della proprietà del fondo servente da parte dei convenuti, al creditore pignorante e, quindi, alla società attrice, che l’ha acquistato all’incanto per effetto di decreto di trasferimento del 5/7/2000.

La corte d’appello, del resto, riconoscendo alla società attrice un diritto maggiore rispetto a quello del quale era titolari i debitori esecutati, ha violato l’art. 2919 c.c., a norma del quale la vendita forzata trasferisce all’acquirente solo i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l’espropriazione.

2. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione degli artt. 99 c.p.c., 112 c.p.c., 115 c.p.c., 183, comma 40, c.p.c.. e dell’art. 2907 c.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che la società attrice avesse allegato l’elemento costitutivo della fattispecie, ossia il danno conseguenza derivante dall’occupazione illegittima, senza, tuttavia, considerare che l’ipotizzata allegazione era, in realtà, avvenuta, per la prima volta, nel giudizio d’appello o, al più, nella memoria di replica alla conclusionale, depositata nel giudizio di primo grado, e, quindi, oltre il termine preclusivo fissato dall’art. 183 c.p.c. .

3. Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione degli artt. 2056, 1223 e 2043 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha riconosciuto alla società attrice il danno da occupazione illegittima senza, tuttavia, considerare che la Arti (OMISSIS) (OMISSIS) srl non aveva allegato e poi provato o offerto di provare l’elemento costitutivo della fattispecie, rappresentato dal cd. danno conseguenza quale risultato immediato e diretto dell’occupazione.

La striscia di terreno in questione, infatti, hanno osservato i ricorrenti, era posta al servizio degli stessi in quanto titolari della servitù, costituita nel 1982, avente ad oggetto il diritto di adibirla a strada carrabile, posa tubazioni, accesso e scarico per cui l’attrice, per poter sostenere di aver subito una lesione al proprio patrimonio, avrebbe dovuto allegare e poi provare le utilità che, direttamente o indirettamente, avrebbe potuto ricavarne, compatibilmente con il predetto diritto di servitù.

Il valore locativo che il consulente tecnico d’ufficio ha accertato, infine, come già dedotto all’esito del deposito della relazione, non ha tenuto conto dell’impossibilità di fatto di trarre sfruttamento dalla striscia di terreno oggetto di causa, costituita da una striscia di terreno di sei metri, estesa per tutta la linea di confine tra le due proprietà, interamente asservita e destinata al passaggio carrabile dei veicoli, per lo più autoarticolati, dei ricorrenti ed usata per l’accesso, la manovra e lo scarico degli stessi veicoli.

4.1. Il primo motivo, nei limiti che seguono, è fondato ma per ragioni giuridiche diverse da quelle prospettate dai ricorrenti.

Questa Corte, del resto, in ragione della funzione del giudizio di legittimità, che è quella di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché per omologia con quanto prevede la norma di cui al secondo comma dell’art. 384 c.p.c., può, nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario l’esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando (ma non è questo il caso) che l’esercizio del potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto (Cass. n. 6935 del 2007; Cass.n. 3437 del 2014; Cass. n. 18775 del 2017).

4.2. Come visto, la corte d’appello, dopo aver premesso, in fatto:

– che gli appellanti, proprietari delle p. 11 e 33-35 (fondo dominante), erano titolari, per atto del 1982, di una servitù sul terreno corrispondente alla p. 11 a 127;

– che il Banco di Desio, nel 1990, ha trascritto un pignoramento sulla p. 11 a 127 la cui proprietà, per effetto di decreto di trasferimento del 2000, è stata acquistata dalla società Arti (OMISSIS) (OMISSIS);

– che gli appellanti, a loro volta, con atto del 1995, hanno acquistato la proprietà del fondo servente (p. 11 a 127); ha ritenuto che la predetta servitù, della quale gli appellanti avevano chiesto l’accertamento, pur se trascritta anteriormente al pignoramento (e, come tale, opponibile al creditore procedente e all’aggiudicataria), si era nondimeno estinta per effetto dell’atto con il quale, nel 1995, i relativi titolari, proprietari del fondo dominante (p. 11 e 33-35), avevano acquistato la proprietà del fondo servente (p. 11 a 127), a nulla rilevando a tal fine che l’atto che aveva determinato tale confusione, in quanto trascritto dopo il pignoramento, era inopponibile al successivo acquirente in mancanza di pregiudizio al creditore pignorante.

4.3 Tale decisione, però, non è giuridicamente corretta.

L’art. 2913 c.c., invero, prevede, che “non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione” (e, quindi, a norma dell’art. 2919, secondo periodo, c.c., nei confronti del terzo che acquista con la vendita forzata il bene pignorato) “gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento…”.

Il pignoramento, quindi, ha l’effetto di rendere inefficaci, nei confronti del creditore pignorante e di quelli intervenuti, gli atti di alienazione dei beni che ne sono stati l’oggetto.

Si tratta, com’è noto, di un’inefficacia solo relativa poiché l’atto traslativo del bene pignorato, sebbene privo di effetti nei confronti del creditore che ha proceduto al pignoramento, è, per il resto, oltre che valido, anche efficace, sia pur con l’onere costituito dalla sua inopponibilità verso quest’ultimo, tra le parti che lo hanno stipulato e verso i terzi.

4.4 L’atto, quindi, produce, tutti gli effetti giuridici che direttamente o indirettamente è in grado di produrre, purchè si tratti di effetti che non pregiudichino il creditore pignorante: a partire, evidentemente, dall’acquisto del diritto di proprietà di tale bene da parte del terzo il quale, pertanto, proprio per aver acquistato la proprietà del bene con atto che non deve pregiudicare il creditore che lo aveva già pignorato, non può, evidentemente, far valere tale diritto, con le relative facoltà, nei confronti di quest’ultimo e, per l’effetto, del terzo che, in seguito, l’abbia a sua volta acquistato con la vendita forzata dello stesso.

4.5 Resta, tuttavia, il fatto che tale atto, nei limiti in cui non pregiudichi il creditore procedente (e l’acquirente del bene con la sua vendita forzata), produce tutti gli effetti giuridici che dalla sua stipulazione derivano, come l’acquisto, sia pur recessivo rispetto a chi procede in via esecutiva sul bene e di chi lo acquisterà in sede forzata, della proprietà del bene in capo al terzo (il quale, infatti, non a caso è legittimato a partecipare alla distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita forzata del bene medesimo eventualmente residuato dopo che siano stati soddisfatti il creditore procedente ed i creditori intervenuti nell’espropriazione: Cass. n. 15400 del 2010, Cass. n. 22807 del 2013, in motiv.) nonché, di conseguenza, tutti gli ulteriori effetti che, tra le parti e verso i terzi, l’acquisto della proprietà del bene è, a sua volta, in grado di realizzare: compreso quello di determinare la confusione, quale causa di automatica estinzione della servitù gravante sul fondo servente a norma dell’art. 1072 c.c., se, come nel caso in esame, il terzo che l’ha acquistato sia anche il proprietario del fondo dominante.

4.6 Rileva, tuttavia, la Corte che, a norma dell’art. 2862, comma 2°, c.c., le servitù esistenti sul fondo servente, che si sarebbero dovute estinguere per confusione a seguito del suo acquisto da parte del proprietario del fondo dominante, riprendano la loro efficacia, ove quest’ultimo subisca l’esecuzione, nei confronti del terzo che lo acquisti in sede coattiva.

La ratio della norma, invero, è quella di evitare, per ragioni esclusivamente equitative (“nemo locupletari debet cum aliena iattura”) che, in conseguenza della vendita coattiva dell’immobile (già gravato dalla servitù), il terzo che acquista possa beneficiare dell’effetto estintivo della stessa solo perché l’immobile in precedenza era stato acquistato dal proprietario del fondo dominante il quale, in effetti, pur dovendo, di conseguenza, subire la relativa esecuzione, con la successiva vendita forzata del bene ipotecato, non intendeva certo privarsi, in favore del creditore ipotecario, dei diritti, come la servitù, dei quali godeva prima dell’acquisto. In proposito, questa Corte con una risalente pronuncia (Cass. n. 139 del 1949) ebbe ad affermare che “la reviviscenza delle ipoteche, delle servitù e degli altri diritti reali che al terzo acquirente spettavano sull’immobile, di cui ha eseguito il rilascio o sofferto l’espropriazione, si fonda, com’è noto, su un principio di giustizia: sulla considerazione del vantaggio che i creditori ipotecari conseguirebbero con danno del terzo, qualora nell’espropriazione non si dovesse tener conto delle ipoteche e degli altri diritti reali che a costui spettavano prima dell’acquisto e che avrebbero dovuto essere rispettati, se l’immobile fosse rimasto presso il debitore.

È giusto che l’acquisto effettuato dal terzo non leda i diritti dei creditori ipotecari, ma è del pari giusto che costoro dal semplice fatto del trasferimento non ritraggano vantaggio a detrimento del terzo”.

4.7 Ritiene la Corte che, come nell’ipotesi prevista dall’art. 2862, comma 2°, c.c., così nella vicenda in esame, l’acquisto dell’immobile gravato da servitù da parte del proprietario del fondo dominante non possa impedire, in deroga all’effetto estintivo che conseguirebbe alla confusione, la conservazione del relativo diritto se, come è accaduto nel caso di specie, il pignoramento già gravante sull’immobile abbia comportato, in ragione dell’inopponibilità dell’acquisto, la sua vendita forzata in favore di un terzo, con la conseguente perdita della proprietà che quell’effetto aveva medio tempore determinato.

Tanto nell’uno, quanto nell’altro caso, in effetti, si tratta di evitare (e in tal senso la norma dell’art. 2862, comma 2°, c.c., pur essendo derogatoria rispetto al principio per cui la confusione della proprietà del fondo servente con la proprietà del fondo dominante determina l’estinzione della servitù, è senz’altro suscettibile di interpretazione estensiva, la quale, infatti, in caso di disposizioni eccezionali o derogatorie rispetto ad una avente natura di regola generale, è consentita nelle ipotesi in cui il significato aggiuntivo, che s’intenda attribuire alla norma interpretata, non riduca la portata della norma costituente la regola con l’introduzione di nuove eccezioni, bensì si limiti, come nella vicenda in esame, ad individuare nel contenuto implicito della norma eccezionale o derogatoria già codificata un’altra fattispecie avente identità di ratio con quella espressamente contemplata: Cass. n. 9205 del 1999; Cass. n. 4657 del 2018, in motiv.) che il creditore procedente possa, al pari di chi acquisti l’immobile con la vendita forzata, beneficiare del tutto irragionevolmente dell’effetto estintivo di una servitù che grava sull’immobile, ad essi opponibile, solo perché chi l’abbia acquistato dal debitore era anche il proprietario del fondo dominante ed abbia, però, subito, in ragione dell’ipoteca nel primo caso e del pignoramento nel secondo caso, già trascritti al momento della trascrizione del suo acquisto e quindi a lui opponibili, l’esecuzione sull’immobile costituente il fondo servente e, quindi, la successiva vendita forzata dello stesso, perdendo in tal modo la relativa proprietà.

Del resto, “questa ragione di giustizia su cui si fonda la reviviscenza delle ipoteche e degli altri diritti reali che spettavano al terzo acquirente” aveva già indotto questa Corte ad affermarne la sussistenza anche “nel caso in cui, acquistato l’immobile all’incanto in sede di esecuzione forzata, l’acquirente, per la mancata trascrizione del provvedimento che gli trasferiva la proprietà del bene, abbia sofferto l’espropriazione da parte dei creditori che posteriormente alla vendita, appunto per non esser stata dal provvedimento traslativo della proprietà operata la trascrizione, abbiano sull’immobile iscritto ipoteca contro il precedente proprietario” (cfr. Cass. n. 139 del 1949 cit.).

4.8 L’acquirente in sede forzata dell’immobile gravato dalla servitù non può, d’altra parte, dolersi della sopravvivenza della servitù già spettante al proprietario del fondo dominante che, senza effetto nei confronti del creditore procedente (art.2913 c.c.) ovvero, come nel caso di cui all’art. 2862, comma 2°, c.c., del creditore ipotecario, abbia acquistato la proprietà del fondo servente: se solo si considera che, tanto nell’uno, quanto nell’altro caso, al momento della trascrizione del pignoramento ovvero dell’iscrizione dell’ipoteca, tale servitù era già stata costituita sull’immobile ed era, come tale, opponibile, pur se in stato di quiescenza (fino alla perdita della proprietà), tanto al creditore procedente o ipotecario, quanto a chi ha in seguito acquistato il bene in sede forzata: quest’ultimo, del resto, a norma dell’art. 2919 c.c., acquista solo i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l’espropriazione, vale a dire la proprietà dell’immobile gravata dalla servitù, la quale, in definitiva, dopo la vendita di tale fondo, uscendo dallo stato di quiescenza nella quale si era venuta a trovare in conseguenza dell’acquisto da parte del proprietario del fondo servente, “riprende” la sua originaria efficacia giuridica e può essere, in quanto tale, fatta valere erga omnes.

5. Il secondo ed il terzo motivo, ad onta di quanto ritenuto dalla controricorrente, sono assorbiti.

Non può, in effetti, seriamente dubitarsi del fatto che il danno da illegittima occupazione del terreno in questione (che non sussiste in re ipsa e dev’essere, quindi, allegato e provato, sia pur a mezzo di presunzioni semplici, da chi ne chiede il risarcimento, il quale, in particolare, ha l’onere di allegare l’intenzione concreta del proprietario di mettere l’immobile a frutto: Cass. n. 11203 del 2019; Cass. n. 7280 del 2021), ove mai correttamente invocato in giudizio, deve necessariamente tener conto della servitù gravante sullo stesso e della concreta incidenza che tale diritto determina sulla residua fruttuosità del bene in favore del suo proprietario.

6. Con il quarto motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, dopo aver affermato l’estinzione per confusione della servitù costituita nel 1982, ha ritenuto che non vi fosse alcun motivo per esaminare la questione dell’usucapione della superficie o proprietà superficiaria ovvero della servitù avente ad oggetto il mantenimento del muretto con sovrastante recinzione metallica realizzato sin dal 1982.

7. Con il quinto motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, partendo dall’erroneo presupposto che la servitù si era estinta per confusione, ha ritenuto che non vi sarebbe più alcuna utilità di mantenere il muretto con la sovrastante recinzione, negando, quindi, l’interesse degli stessi ad agire per la declaratoria dell’usucapione del diritto di superficie o di servitù avente ad oggetto il mantenimento della suddetta struttura.

8. Il quarto e il quinto motivo sono assorbiti.

9. Il ricorso dev’essere, quindi, accolto, e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Milano che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio e si atterrà al seguente principio di diritto: “in caso di acquisto della proprietà del fondo servente da parte del proprietario del fondo dominante, ove quest’ultimo, in conseguenza dell’inopponibilità del suo titolo di acquisto nei confronti del creditore pignorante, subisca la conseguente esecuzione forzata, la servitù, costituita anteriormente al pignoramento, riprende la sua originaria efficacia nei confronti del terzo che abbia acquistato il fondo servente in sede coattiva”.

P.Q.M.

La Corte così provvede: accoglie, nei limiti esposti in motivazione, il primo motivo di ricorso, assorbiti tutti gli altri; cassa, nei predetti limiti, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame,  alla Corte d’appello di Milano che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.