Testamento olografo: la data imprecisa non invalida l’atto (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 29 novembre 2021, n. 37228).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25827-2020 proposto da:

(OMISSIS) DAMIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) GIUSEPPE, (OMISSIS) BEPPE, (OMISSIS) ANGELA TERESA, (OMISSIS) AGOSTINO, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO (OMISSIS);

– controricorrenti –

(OMISSIS) FRANCESCO, (OMISSIS) PASQUA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1288/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 07/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe TEDESCO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Per quanto interessa in questa sede la presente causa riguarda la successione testamentaria di (OMISSIS) Giuseppe.

Il Tribunale di Bari, adito da alcuni degli eredi, ha dichiarato, con sentenza non definitiva, la validità del testamento del defunto, rigettando la domande proposte dal convenuto (OMISSIS) Domenico, volte a fare accertare l’invalidità della scheda, per difetto di forma in relazione alla data del testamento e per incapacità naturale del testatore; con la medesima sentenza non definitiva il Tribunale ha individuato i coeredi, le quote e i beni rientranti nella massa ereditaria.

Quindi, lo stesso Tribunale, con sentenza definitiva, ha operato la divisione in conformità a quanto statuito con la sentenza non definitiva.

Avverso le sentenze del Tribunale, non definitiva e definitiva, (OMISSIS) Damiano ha proposto appello, che è stato rigattato dalla Corte d’appello di Bari.

Questa ha rilevato che «l’appellante, con riferimento alla data del testamento (27.0994), si era limitato a reiterare l’eccezione di invalidità del testamento per errata indicazione della data, senza null’altro aggiungere a sostegno di tale asserita erroneità e della valutazione in merito operata dal tribunale».

La Corte di merito ha poi rigettato il motivo d’appello riguardante il riconoscimento, operato dal primo giudice, della capacità del testatore.

Essa ha ancora rigettato l’ulteriore censura mossa dall’appellante, il quale pretendeva che fosse esclusa dal compendio oggetto di divisione una tettoia, sostenendo trattarsi di bene di sua proprietà esclusiva.

Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) Damiano ha proposto ricorso, affidato a due motivi.

Con il primo motivo – rubricato “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tre le parti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.

Invalidità del testamento per omessa indicazione della data ai sensi dell’art. 602 c.c.” – si evidenzia che il testamento recava quale data una serie numerica “27.0994” che non identificava una data certa.

Il Tribunale aveva ritenuto che la sequenza “0994” indicasse il mese e l’anno di redazione del testamento, opinando che la mancata apposizione del punto fra tali cifre dovesse considerarsi una dimenticanza.

Secondo il ricorrente, la spiegazione data dal primo giudice integrava una mera deduzione, «non suffragata da alcun elemento oggettivo».

Egli si duole perché la Corte d’appello di Bari, dinanzi al quale fu reiterata l’eccezione, «nulla aveva affermato al riguardo, limitandosi a ritenere il gravame infondato ed omettendo, quindi, qualsivoglia esame della questione».

Il secondo motivo denuncia nullità della sentenza in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.

La Corte d’appello ha confermato la decisione del Tribunale in relazione alla tettoia, in assenza di un effettivo accertamento sulla regolarità edilizia del manufatto.

Il ricorrente sostiene che il consulente tecnico aveva segnalato che la tettoia era priva di identificazione catastale e che risultava depositata presso il Comune di Giovinazzo un’autorizzazione in sanatoria.

«Tuttavia (si legge testualmente nel ricorso) non vi è chi non veda che i Giudici di primo e di secondo grado abbiano omesso di esaminare tale documentazione, al fine di verificare se, effettivamente, a fronte di detta autorizzazione in sanatoria, trattasi di un fabbricato regolare e non abusivo».

Al fine di suffragare la censura, si richiamano i principi di giurisprudenza in base ai quali «la mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell’edificio e il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio».

(OMISSIS) Agostino, (OMISSIS) Angela Teresa, (OMISSIS) Giuseppe e (OMISSIS) Bebbe hanno resistito con controricorso.

(OMISSIS) Francesco e (OMISSIS) Pasqua rimangono intimati.

La causa è stata fissata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di inammissibilità dei due motivi di ricorso.

I controricorrenti hanno depositato memoria.

Il primo motivo è inammissibile.

Con esso è censurata nel merito una decisione che si è esaurita, in rito, con la implicita valutazione di inammissibilità della critica, che l’appellante aveva rivolto contro la sentenza di primo grado, sulla questione della data del testamento.

Si legge in proposito a pag. 5 della sentenza impugnata: «L’appellante, con riferimento alla data del testamento (27.0994), si era limitato a reiterare l’eccezione di invalidità del testamento per errata indicazione della data, senza null’altro aggiungere a sostegno di tale asserita erroneità e della valutazione in merito operata dal tribunale».

A pag. 6 della medesima sentenza è poi scritto: «Quanto all’eccezione di invalidità ed inefficacia del testamento per mancanza di data, essa risulta solo richiamata e del tutto immotivata, sicché non può neppure essere presa in considerazione da questa Corte».

Non è superfluo ricordare, solo per completezza di esame, che l’indicazione erronea della data nel testamento olografo, dovuta, cioè ad errore materiale del testatore per distrazione, ignoranza od altra causa, anche se concretantesi in una data impossibile, non voluta, però, come tale, dal testatore, può essere rettificata dal giudice, avvalendosi di altri elementi intrinseci della scheda testamentaria, così da rispettare il requisito essenziale della autografia dell’atto.

L’apprezzamento del giudice del merito circa la sussistenza di un mero errore materiale del testatore al riguardo e circa l’esclusione dell’intenzione del testatore d’indicare, invece, volutamente una data impossibile – che, come, renderebbe annullabile il testamento, perché equivalente a data inesistente — è incensurabile in cassazione, qualora sia sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi di logica o di diritto (Cass. n. 1374/1964).

Ora nella specie l’illazione che il testatore avesse omesso di separare con il punto, per pura dimenticanza, il mese dell’anno, non rileva alcun errore logico o giuridico, essendo perciò incensurabile in questa sede.

È inammissibile anche il secondo motivo di ricorso. Intanto con esso di deduce, quale causa di nullità della sentenza, in vizio che, in ipotesi, integrerebbe supposta violazione di legge.

A sua volta la violazione di legge è dedotta in via di mera ipotesi, in considerazione dell’assenza di identificazione catastale della tettoia, e ad onta dell’avvenuto rilascio di autorizzazione in sanatoria, che il ricorrente giudica non sufficiente ad escludere il carattere abusivo del manufatto.

In altre parole, il ricorrente non denuncia che la Corte di merito abbia operato la divisione nonostante il carattere abusivo del manufatto, ma che abbia compreso la tettoia nella divisione «senza verificare se, effettivamente, a fronte di detta autorizzazione in sanatoria, trattasi di fabbricato regolare e non già abusivo».

Si dimentica, però, che la concessione in sanatoria rende, di per sé, pacificamente l’immobile suscettibile di atti negoziale fra vivi (Cass. n. 22561/2020).

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che «la nullità comminata dall’art. 46 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della 1. n. 47 del 1985 va ricondotta nell’ambito del comma 3 dell’art 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile.

Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato» (Cass., S.U., n. 8230/2019).

Si deve aggiungere che la questione risulta nuova, senza che possa opporsi in contrario il principio della rilevabilità della nullità in ogni stato e grado del processo, perché il rilievo della nullità in sede di legittimità incorre nel limite del divieto degli accertamenti di fatto, che invece il ricorrente espressamente sollecita (Cass. n. 20438/2019). In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto”.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge;

ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6^ Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

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Testamento -Olografo – facsimile -.