Tifosi distruggono lo stadio e attaccano le forze dell’ordine: condannati per devastazione aggravata (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 15 aprile 2022, n. 14769).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giuseppe – Presidente –

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere –

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere –

Dott. POSCIA Giorgio – Rel. Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS) LUIGI nato a Napoli il 01/01/19xx;

(OMISSIS) AGOSTINO nato a Portici il 07/12/19xx;

(OMISSIS) ENRICO nato a Napoli il 22/06/19xx;

avverso la sentenza del 09/01/2020 della Corte di appello di Napoli;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. GIORGIO POSCIA;

lette le conclusioni scritte, per la parte civile costituita Comune di Avellino, dell’avvocato OLINDO PAOLO (OMISSIS) che ha chiesto -previa conferma della responsabilità penale degli imputati- la condanna degli stessi al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede ed al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva nonché la liquidazione delle spese del presente grado;

letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. LUIGI BIRRITTERI, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 9 gennaio 2020 la Corte di appello di Napoli -in riforma della sentenza 18 gennaio 2011 del Tribunale di Avellino impugnata dagli imputati Daniele (OMISSIS), Luigi (OMISSIS), Luigi (OMISSIS), Agostino (OMISSIS) ed Enrico (OMISSIS)- previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti nei riguardi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha rideterminato la pena in anni 5 e mesi 4 di reclusione in relazione al capo A) della rubrica riguardante il delitto di devastazione aggravata (commesso il giorno 20 settembre 2003 in Avellino in occasione dell’incontro di calcio tra la locale squadra ed il Napoli), ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli stessi imputati in ordine ai residui reati loro ascritti per intervenuta prescrizione ed ha confermato nel resto la decisione del Tribunale con condanna degli appellanti al pagamento delle spese processuali in favore del Comune di Avellino costituitosi parte civile.

1.1. In particolare, la Corte di appello ha dato atto che gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nel corso del giudizio di secondo grado, avevano reso dichiarazioni spontanee ammettendo i fatti loro addebitati ed avevano rinunciato ai motivi di appello relativi al merito (nel verbale di udienza del 7 novembre 2019 si fa riferimento alla rinuncia a tutti i motivi riguardanti la richiesta di assoluzione); pertanto, con riferimento alla loro posizione, la Corte territoriale ha confermato la sussistenza della responsabilità in ordine al reato di devastazione aggravata riducendo, però, la condanna in considerazione della loro condotta processuale, del loro cambiamento di vita e della assenza di condanne per fatti successivi a quelli oggetto del processo.

1.2. La Corte territoriale ha poi ritenuto sussistente, nella fattispecie, la contestata devastazione aggravata; al riguardo ha ricordato che il giorno 20 settembre 2003, in occasione dell’incontro di calcio del campionato di serie B tra l’Avellino ed il Napoli che doveva tenersi nello stadio Partenio di Avellino alle ore 20:30, si erano verificati gravi disordini provocati dai tifosi napoletani nel corso dei quali aveva perso la vita il tifoso Sergio (OMISSIS).

La partita non si era disputata proprio a causa degli ingenti danni riportati dagli impianti e dalla struttura dello stadio per gli atti vandalici commessi dai tifosi napoletani.

Le indagini svolte nella immediatezza avevano consentito di acquisire immagini chiare di quanto accaduto per mezzo di fotografie e riprese video amatoriali e delle reti televisive e, in tal modo, di ricostruire la vicenda e di individuare la fisionomia, i vari dettagli somatici, i segni distintivi e particolari dell’abbigliamento di molti dei partecipanti ai disordini; inoltre, nel ‘corso del giudizio di primo grado la responsabilità degli imputati aveva trovato conferma nelle testimonianze rese dagli operanti del Commissariato P.S. di Avellino.

In particolare la Corte di appello, oltre a condividere quanto evidenziato nella sentenza di primo grado, a conferma della sussistenza del reato di devastazione ha evidenziato che:

i) già prima dell’incontro erano stati sequestrati dalle forze di polizia oggetti pericolosi;

ii) intorno alle ore 19.50 era iniziato un fitto lancio di sassi e di bottiglie ad opera di parte della tifoseria napoletana già presente all’interno dello stadio Partenio;

iii) molti tifosi che si trovavano fuori dello stadio avevano cercato di farvi ingresso forzando i cancelli e premendo conto le forze dell’ordine tanto da cagionare lesioni ad alcuni degli agenti in servizio;

iv) successivamente, all’interno dell’impianto sportivo, si erano verificati violenti tafferugli — dei quali il vice questore Gennaro (OMISSIS) e l’agente della Digos Antonio (OMISSIS) erano stati diretti testimoni- tanto che era stato necessario soccorrere un tifoso con l’ingresso di una autoambulanza sul terreno di gioco;

v) una volta reso possibile l’ingresso dell’autoambulanza mediante la creazione di un varco tra la folla, tale varco era stato utilizzato dai tifosi napoletani che si trovavano all’esterno per invadere il campo con strumenti contundenti per poi aggredire le forze dell’ordine e danneggiare gravemente le strutture, gli impianti, le attrezzature ed i servizi igienici dello stadio.

1.3. Con riferimento alla identificazione degli odierni ricorrenti, i quali come visto hanno ammesso le loro responsabilità nel corso del giudizio di secondo grado, questa è risultata possibile sulla base del materiale video e fotografico acquisito e dal quale erano stati estrapolati fotogrammi poi sottoposti all’esame della polizia scientifica.

Inoltre, la Corte territoriale ha dato atto che la relativa informativa della Digos, nel corso del giudizio di primo grado, era stata acquisita agli atti sull’accordo delle parti e che pertanto essa era sicuramente utilizzabile.

1.4. Rispetto alla sussistenza del delitto di devastazione aggravata previsto dall’art. 419 cod. pen. il giudice di appello ha poi ritenuto che, quanto all’elemento materiale del reato, esso è integrato da comportamenti che causano danni ingenti e diffusi, realizzati anche per reagire alle forze dell’ordine e dunque caratterizzati dalle violenze verso le attrezzature e gli impianti nonché dalle azioni violente commesse contro i rappresentanti delle forze di polizia come verificatosi nella circostanza ed a prescindere dalla circostanza che alcune parti dello stadio non erano state danneggiate o lo erano state in modo non grave.

Rispetto all’elemento psicologico del reato lo stesso è consistito nella consapevolezza, in capo a ciascuno degli imputati, della partecipazione all’altrui azione delittuosa essendo sufficiente il dolo generico.

1.5. Pertanto, avendo gli imputati lanciato bottiglie, pietre, corpi contundenti, ed avendo danneggiato le attrezzature e gli impianti dello stadio ed attaccato, travisati, le forze dell’ordine all’atto della invasione del campo da gioco, essi avevano nell’occasione leso sia beni di natura patrimoniale sia l’ordine pubblico.

2. Avverso la predetta sentenza, a mezzo dei rispettivi difensori con tre distinti atti depositati rispettivamente il 22 maggio 2020, il 16 giugno 2020 ed il 25 giugno 2020, propongono ricorso per cassazione Agostino (OMISSIS), Luigi (OMISSIS) ed Enrico (OMISSIS) chiedendone l’annullamento per varie ragioni.

2.1 In particolare Enrico (OMISSIS) lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., l’erronea applicazione della legge penale, atteso che la condotta a lui contestata integra gli estremi del meno grave reato di danneggiamento previsto dall’art. 635 cod. pen.

Il ricorrente, infatti, sostiene che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che la sua condotta integrasse gli estremi del reato di devastazione nonostante l’assenza di un medesimo intento criminoso da parte dei vari partecipanti ai disordini in questione; inoltre, le azioni poste in essere dai soggetti che hanno fatto ingresso nella zona degli spogliatoi e dei servizi igienici dello stadio non possono essere addebitate a chi, come il Di (OMISSIS), è rimasto soltanto per pochi attimi sul campo di gioco.

Nell’occasione, l’imputato si è unicamente impossessato di un altoparlante ed è comunque rimasto sul terreno di gioco, di talché non può essere ritenuto responsabile del delitto di devastazione, ma unicamente di danneggiamento.

2.2. Agostino (OMISSIS), dal canto suo, censura la sentenza della Corte territoriale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza o contraddittorietà della motivazione nonché per inosservanza, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., del combinato disposto di cui agli artt. 517, 520, 522 e 604 del codice di rito.

In particolare, osserva di avere proposto appello avverso la decisione del Tribunale di Avellino eccependo, come primo motivo, la nullità della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 522 cod. proc. pen. per i capi A) e B1) per violazione del combinato disposto di cui agli artt. 517 e 530 cod. proc. pen. ed evidenzia che – come risultante dal decreto che dispone il giudizio ed in parte anche dalla intestazione della sentenza di primo grado – egli non è mai stato imputato per il reato di devastazione aggravata di cui al capo A) della rubrica e nemmeno per quello di cui al capo B1), ma unicamente per il reato di cui al capo B4) riguardante il concorso in violenza, minaccia e lesioni aggravate a pubblico ufficiale; ciò nonostante il Tribunale di Avellino lo ha condannato per il delitto di cui all’art. 419 cod. pen. mai contestatogli, nonché per i delitti di violenza e lesioni a pubblico ufficiale di cui agli artt. 337 e 582 cod. pen. riportati nei capi B4) e B1) della rubrica, sebbene anche quest’ultimo reato non gli sia mai stato contestato.

Pertanto il ricorrente ha concluso per la declaratoria di nullità della condanna rispetto ai reati sub A) e B1) con l’eliminazione della pena corrispondente e la riforma della sua condanna al risarcimento dei danni in favore del Comune di Avellino costituitosi parte civile.

Il ricorrente, inoltre, evidenzia che con gli altri motivi di appello aveva chiesto l’assoluzione dall’imputazione del reato di devastazione in forza delle risultanze istruttorie, l’assoluzione dall’imputazione di cui al capo B4) dovendosi riqualificare i relativi fatti come resistenza a pubblico ufficiale e che infine aveva chiesto il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 3, cod. pen. per avere agito per suggestione di una folla in tumulto e, in ogni caso, la concessione delle attenuanti generiche prevalenti rispetto alle contestate aggravanti.

Alla udienza tenutasi avanti la Corte di appello di Napoli il giorno 7 novembre 2019 il (OMISSIS) ha ammesso gli addebiti e ha dichiarato altresì di rinunciare a tutti i motivi di appello riguardanti le richieste di assoluzione; pertanto, non avendo rinunciato al primo motivo la Corte territoriale è incorsa, secondo il ricorrente, nel vizio di omessa motivazione in ordine alla prima censura riguardante la nullità della condanna inflitta dal Tribunale per violazione dell’art. 522 cod. proc. pen.

2.3. Lugi (OMISSIS) impugna la citata sentenza della Corte di appello di Napoli, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per erronea qualificazione giuridica del fatto ritenendo che gli episodi oggetto di imputazione devono essere inquadrati nella meno grave ipotesi del danneggiamento tenuto conto che condotte incriminate sono iniziate quando l’ambulanza che aveva soccorso il tifoso Sergio (OMISSIS) aveva lasciato il terreno di gioco, per poi terminare quando le forze dell’ordine avevano trovato riparo negli spogliatoi per un lasso temporale complessivamente non superiore a due o tre minuti.

Ne consegue, secondo il ricorrente, che tale breve arco di tempo non si concilia con la sussistenza del reato di devastazione che, invece, richiede per la sua invasività un periodo sicuramente più lungo.

3. Il Comune di Avellino, già costituitosi parte civile, ha concluso come in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi proposta da Luigi (OMISSIS) e da Enrico (OMISSIS) sono tempestivi tenuto conto della sospensione dei termini processuali dal giorno 9 marzo 2020 sino al giorno 11 maggio 2020, prevista dall’art. 83 del d.l. n. 18/2020 e dall’art. 36 del d.l. n. 23/2020.

Inoltre, in assenza di impugnazione sul punto, è passato in giudicato il capo della sentenza della Corte di appello di Napoli che ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati per i reati sub B1) in quanto estinti per prescrizione.

2. Ciò posto la Corte rileva che i due ricorsi sopra indicati sono manifestamente infondati e, in quanto tali, devono essere dichiarati inammissibili.

2.1. Nel caso concreto è stata pronunziata sentenza di condanna a carico del (OMISSIS) e del (OMISSIS) con valutazione conforme del giudice di appello.

Quanto alle censure articolate occorre considerare, dunque, che è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 18521 del 11/1/2018, Ferri, Rv. 273217-01; in senso conforme, v. Sez. 4, n. 1219 del 14/9/2017, dep. 2018, Colomberotto, Rv. 271702-01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217- 01; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, dep. 2019, Battaglia, Rv. 275100-01).

Sono dunque inammissibili nel giudizio di legittimità, tutte quelle censure che attengono a vizi diversi dalla mancanza di motivazione, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo.

Da ciò consegue l’inammissibilità di tutte le doglianze che criticano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento, rappresentando tutto ciò una non ammissibile interferenza con la valutazione del fatto riservata al giudice del merito (Sez. 6, n. 13809 del 17/3/2015, 0., Rv. 262965).

2.2. La Corte di appello ha puntualmente analizzato le risultanze dell’istruttoria dibattimentale ed ha confermato con motivazione accurata e persuasiva la ricorrenza di un quadro probatorio a carico dei due ricorrenti del tutto univoco e convergente, tenuto conto anche delle loro ammissioni di responsabilità, della documentazione video fotografica e delle testimonianze rese dal personale delle forze dell’ordine intervenuto sul luogo dei fatti.

Le osservazioni delle difese dei due ricorrenti non consentono di rilevare effettivamente forme di contraddittorietà, illogicità o sostanziale mancanza della motivazione nel ricostruire gli elementi indicativi della responsabilità degli stessi in ordine al reato di devastazione aggravata.

La ricostruzione effettuata dai giudici di merito infatti si presenta tra l’altro rispettosa dei criteri in tema di sussistenza del reato di devastazione come delineato dalla giurisprudenza di legittimità.

Al riguardo va ricordato che il concetto di devastazione non comporta la distruzione totale del bene protetto dalla norma, ove gli atti compiuti attingano tutte le strutture disponibili e raggiungibili coi mezzi a disposizione (che non sono, ovviamente, quelli di un esercito in armi); e, come nella specie, siano diretti con furia incontrollata e consapevole proprio al raggiungimento di tale fine; dall’altro, ciò che riconduce i comportamenti come sopra descritti al paradigma dell’art. 419 cod. pen. è proprio la lesione dell’ordine pubblico inteso come civile e corretta convivenza, nel quadro del rispetto delle leggi e dei diritti della persona, oltre che di quelli istituzionali.

Non risulta quindi condivisibile il tentativo di minimizzazione dei dati valutativi sostenuto dai ricorrenti nel riportare i fatti alla previsione dell’art.635 cod. pen. , come se quelli avvenuti nell’occasione fossero stati comportamenti singoli, diretti a specifici beni materiali e non già ad un complesso patrimoniale (lo stadio Partenio di Avellino), depauperato nella sua maggior parte e in presenza di una chiara intenzione aggressiva verso le forze dell’ordine, tale da mettere in serio e grave pericolo il bene giuridico tutelato dalla norma penale come verificatosi nella fattispecie.

Va infatti ricordato che i fatti, per i quali i due ricorrenti sono stati riconosciuti colpevoli ed hanno ammesso la loro responsabilità, sono consistiti nel danneggiamento di n.10 dieci lavabi, n. 11 orinatoi, n. 1 lavabo a mensola per disabili, porte interne di legno a struttura cellulare, n. 1 maniglione antipanico a barra orizzontale basculante, n. 50 altoparlanti per la diffusione sonora, n. 2 armadietti in vetroresina, pannelli in policarbonato e in plexiglass, serrature e maniglie, impianto idrico antincendio, reti di protezione retrostanti la porta di gioco, una telecamera marca ‘Spedd Dome’, n. 33 cartelli pubblicitari e n. 2 automezzi in dotazione ai Carabinieri: Fiat Brava targata CC AU661 e Fiat Brava targata CC BC647 (lett. A della rubrica).

Inoltre ai fini della configurabilità del delitto di devastazione e saccheggio, trattandosi di reato contro l’ordine pubblico, è comunque indifferente la gravità del danno in concreto prodotto, purché sia accertato che i fatti posti in essere abbiano leso non soltanto il patrimonio, ma anche l’ordine pubblico come verificatosi nella fattispecie (vedi, sul punto, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11912 de/ 18/1/2019 .Rv. 275322; Cass. Sez. 1, sentenza n.25104 del 16/04/2004).

3. Deve invece essere accolto il ricorso proposto da Agostino (OMISSIS) risultando lo stesso fondato; invero, la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sul primo motivo di appello relativo alla dedotta nullità (di carattere intermedio) per difetto di contestazione, ai sensi dell’art. 522 cod. proc. pen., della sentenza di primo grado per avere condannato il ricorrente per i delitti di devastazione e di violenza e minaccia a pubblico ufficiale nei riguardi del (OMISSIS) (lettere A e B1 della rubrica, quest’ultimo poi dichiarato prescritto dalla Corte territoriale), sebbene egli fosse stato imputato soltanto di quello riportato sub B4), come risulta sia dal decreto di citazione a giudizio che dalla sentenza di primo grado.

Tale vizio determina la nullità delle sentenze di primo e di secondo grado in quanto esse hanno pronunciato condanna nei riguardi del (OMISSIS) per un fatto nuovo a lui mai contestato.

Deve aggiungersi che non è possibile pervenire a diversa conclusione sulla base della intervenuta rinuncia, effettuata dal (OMISSIS) nel corso della udienza del 7 novembre 2019, rispetto ai motivi di appello riguardanti il merito considerato che essa non ha riguardato le censure di natura processuale come, per l’appunto, quella in esame.

3.1. Pertanto, limitatamente alla posizione del (OMISSIS), vanno annullate senza rinvio sia la sentenza impugnata sia quella di primo grado pronunciata dal Tribunale di Avellino nella parte in cui lo ha condannato per il reato di cui alla lettera A) della rubrica, ai sensi dell’art.620, comma 1, lett. f), cod. proc. pen. e dell’art. 604, comma 3, cod. proc. pen.; della presente sentenza deve poi essere data notizia, ai sensi dell’art. 621 cod. proc. pen., al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino per le sue determinazioni.

4. All’inammissibilità delle impugnazioni proposte dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la loro condanna al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata; gli stessi ricorrenti vanno poi condannati al pagamento delle spese del presente grado, in favore della parte civile costituita, nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio, nei confronti di (OMISSIS) Agostino, ai sensi degli artt. 620, comma 1, lett. f), e 604, comma 3, cod. proc. pen., la sentenza impugnata e quella del Tribunale di Avellino del 18 gennaio 2011 nella parte in cui lo condanna per il reato di cui al capo A) dell’imputazione.

Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) Luigi e (OMISSIS) Enrico e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Condanna, altresì, (OMISSIS) Luigi e (OMISSIS) Enrico alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa in favore della parte civile Comune di Avellino, che liquida in complessivi euro 4.050,00, oltre accessori di legge.

Visto l’art. 621, comma 1, cod. proc. pen., dispone che del presente provvedimento sia data notizia al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino per le sue determinazioni.

Così deciso il 22 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.