REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23408-2016 proposto da:
CONDOMINIO (OMISSIS) DI AURONZO DI CADORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) (OMISSIS) 48, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) ANGELINA, elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO (OMISSIS) (OMISSIS) 326, presso lo studio dell’avvocato STEFANO (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato PIER FRANCESCO (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 467/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 04/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
viste le conclusioni motivate, ai sensi dell’art. 23, comma 8- bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa ANNA MARIA SOLDI, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Il Condominio (OMISSIS) di via (OMISSIS) n. 17, Auronzo di Cadore, ha proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza n. 467/2016 della Corte d’appello di Venezia, pubblicata il 4 marzo 2016.
2. Resiste con controricorso Angelina (OMISSIS).
3. La Corte d’appello di Venezia, accogliendo il gravame avanzato da Angelina (OMISSIS) contro la sentenza resa in primo grado il 9 aprile 2013 dal Tribunale di Belluno – sezione distaccata di Pieve di Cadore – ha dichiarato nulle le delibere assembleari del Condominio Cortina approvate il 19 agosto 2010 (con cui erano state ripartite secondo i valori millesimali le spese relative alla ritinteggiatura degli elementi lignei del fabbricato) ed il 30 ottobre 2010 (con cui i medesimi lavori di tinteggiatura erano stati ritenuti conformi alla volontà espressa dai condomini nella prima deliberazione, nonché soddisfacenti sotto il profilo tecnico ed estetico).
Il Tribunale aveva dichiarato tardiva rispetto al termine ex art. 1137 c.c. l’impugnazione della deliberazione 19 agosto 2010, proposta dalla condomina Angelina (OMISSIS) con citazione del 29 novembre 2010, ed improponibile l’impugnazione della delibera 30 ottobre 2010 per carenza di interesse ad agire.
La Corte d’appello di Venezia ha viceversa affermato che la delibera del 19 agosto 2010 era da ritenersi nulla, poiché l’intervento di ritinteggiatura, come evincibile dalla allegata documentazione fotografica, non aveva riguardato esclusivamente “gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore” dei balconi aggettanti, bensì i poggioli nel loro complesso, nonché gli infissi, la parte esterna delle persiane e gli stipiti, costituenti porzioni di proprietà esclusiva, con la conseguenza che alla condomina (OMISSIS) era stata addebitata una spesa riguardante elementi non condominiali.
Parimenti nulla, in quanto affetta da eccesso di potere, è stata reputata dai giudici di secondo grado la delibera del 30 ottobre 2010, giacché con essa l’assemblea aveva espresso un giudizio positivo sul risultato ottenuto dai lavori di manutenzione, benché fosse evidente il contrasto di colori tra le parti lignee trattate e quelle originali, colori che invece la delibera del 19 agosto 2010 aveva deciso di uniformare a quello del balcone di pertinenza dell’unità abitativa (OMISSIS).
Stante il conclamato eccesso di potere assembleare e la “plateale lesione del decoro architettonico dell’edificio, bene comune, per la Corte di Venezia sussisteva perciò l’interesse della (OMISSIS) ad impugnare la deliberazione del 30 ottobre 2010.
4. Il ricorso è stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui all’art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso del Condominio (OMISSIS) di via (OMISSIS) n. 17, Auronzo di Cadore, è strutturato in due parti:
la prima racchiude i motivi:
1.1 (violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1137 e 1123 c.c.),
1.2. (violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1117 e 1123 c.c.),
1.3. (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizi);
1.4. (illogicità della sentenza “per contraddittorietà e/o confusione tra presupposti – veri o supposti – e conseguenze) ed è relativa alla impugnazione della delibera assembleare del 19 agosto 2010;
la seconda parte comprende il motivo:
2.1. (violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1135 e 1136 c.c.) ed è relativa alla deliberazione del 30 ottobre 2010.
2. In data 27 maggio 2021 l’avvocato Andrea (OMISSIS) ha tuttavia depositato atto recante le sottoscrizioni del medesimo avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente, nonché dell’avvocato Pier Francesco (OMISSIS), difensore della controricorrente, in cui si dà atto “che è stato raggiunto di recente un accordo transattivo tra le parti” e si chiede che “sia dichiarata la cessazione della materia del contendere e, per l’effetto, l’estinzione del giudizio per carenza di interesse delle parti”.
Come spiegato da Cass. Sez. U, 11/04/2018, n. 8980, nel caso in cui, nel corso del giudizio di legittimità, le parti definiscano la controversia con un accordo convenzionale (come qui esposto dai difensori nella istanza del 27 maggio 2021), va dichiarata cessata la materia del contendere, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate dagli artt. 382, comma 3, 383 e 384 c.p.c. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello stesso.
Non avendo detto le parti alcunché sulla regolamentazione delle spese, si deve intendere implicato dall’accordo negoziale che esse abbiano volute che la Corte ne debba disporre la compensazione, astenendosi dall’individuare chi sarebbe stato soccombente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Invero, in tema di impugnazione, il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, è applicabile qualora il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma dell’efficacia della statuizione impugnata, cioè con il rigetto dell’impugnazione nel merito, ovvero con la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso, mentre, in questo caso, la declaratoria della cessazione della materia del contendere, pur determinando la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio, accerta, come si è detto, il venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata in forza di un intervenuto accordo negoziale fra le parti (Cass. Sez. U, 11/04/2018, n. 8980).
P. Q. M.
La Corte dichiara la cessazione della materia del contendere sul ricorso per intervenuto accordo negoziale fra le parti determinativo del venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata;
compensa le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2021.